L’’ex presidente del Senato, Nicola Mancino “non dorme la notte per le sofferenze che questo processo gli provoca e gli ha provocato”. Si apre con una confidenza alla corte d’assise l’arriga dei difensori dell’ex ministro dell’Interno, imputato nel processo sulla Trattativa tra pezzi dello Stato e Cosa nostra. L’ex politico democristiano, imputato di falsa testimonianza, è difeso dagli avvocati Massimo Krogh e Nicoletta Piergentili Piromallo. Per Mancino la procura ha chiesto la condanna a sei anni di reclusione.
Per difenderlo i legali hanno citato la sentenza che ha assolto definitivamente l’ex generale del Ros, Mario Mori, dall’accusa di favoreggiamento del boss Bernardo Provenzano. Anche l’alto ufficiale dell’Arma è tra gli imputati del processo Trattativa, accusato di violenza o minaccia a un corpo politico dello Stato. Fu nel corso del dibattimento sul mancato arresto di Provenzano che, secondo i pm, si sarebbe realizzata la falsa testimonianza. Mancino, infatti, venne citato a deporre e fu messo a confronto con l’ex ministro della Giustizia, Claudio Martelli. Per l’accusa mentì quando disse che l’ex guardasigilli non gli aveva mai parlato di incontri tra lo stesso Mori e l’ex sindaco mafioso, Vito Ciancimino: per l’accusa è quello il primo atto formale dell’interlocuzione delle Istittuzioni con Cosa nostra. Mancino, davanti ai giudici smentì Martelli, commettendo per la procura il reato di falsa testimonianza. Diversa l’opinione del tribunale, che assolse Mori e non trasmise mai gli atti della deposizione dell’ex ministro democristiano.
Proprio sulle valutazioni di quei giudici si basa parte dell’arringa del legale. L’avvocato riporta stralci delle motivazioni della sentenza di assoluzione che parla di “ricordi non sempre limpidi di un Martelli largamente influenzato da quanto appreso a posteriori e tutto preso probabilmente a rappresentarsi come paladino dell’antimafia” e ancora di “comprensibile mancanza di memoria e confusione”. “D’altronde – spiega il difensore – per anni Martelli non seppe dire se aveva manifestato le sue lagnanze sull’operato del Ros a Vincenzo Scotti (ministro dell’Interno prima di Mancino ndr) o a Mancino. Solo successivamente disse di ricordare che il suo interlocutore era Mancino”. Piromallo cita poi tutti i testi che, su altri punti hanno smentito Martelli: dai generali Taormina e Delfino, a Giuliano Amato e all’ex capo del Dap, Nicolò Amato. “Eppure – si chiede – perché per nessuno di loro c’è stata una imputazione di falsa testimonianza?” . Sempre citando la sentenza assolutoria l’avvocato ricorda il passaggio in cui i giudici dicono: “men che meno il tribunale potrebbe su incerte dichiara disporre traduzione degli atti per procedere per falsa testimonianza il quale non ha ricordato di aver ricevuto segnalazione della iniziativa improvvida del Ros”.