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Usa, transgender riesce ad allattare al seno il figlio grazie a terapia ormonale. È il primo caso nella letteratura scientifica

Il regime ormonale, insieme alla stimolazione con un tiralatte, ha fatto sì che dopo tre mesi la paziente producesse un quantitativo di latte sufficiente a nutrire il bambino per i primi sei mesi. "Durante questo periodo - precisa lo studio pubblicato sulla rivista Transgender Healt - la crescita del bambino è stata regolare"
Usa, transgender riesce ad allattare al seno il figlio grazie a terapia ormonale. È il primo caso nella letteratura scientifica
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Una transgender, in terapia femminilizzante da diversi anni, è riuscita ad allattare il figlio avuto dalla compagna grazie ad una specifica cura ormonale: si tratta del primo caso di questo tipo registrato nella letteratura scientifica. La paziente, di 30 anni, si è presentata al Center for Transgender Medicine and Surgery del Mount Sinai Hospital di New York affermando che la compagna, all’epoca incinta, non aveva intenzione di allattare il figlio che aspettava e che, per questo, voleva farlo lei: così ha iniziato a sottoporsi alla terapia ormonale.

“La storia medica mostrava una significativa incongruenza di genere, per la quale la paziente ha iniziato nel 2011 una terapia con ormoni femminilizzanti – spiegano i medici – che stava seguendo anche al momento della prima visita”. I dottori hanno applicato alla trans il protocollo ormonale per la “lattazione indotta non puerperale”, che si usa anche per le donne per stimolare la produzione di latte. Il regime ormonale, insieme alla stimolazione con un tiralatte, ha fatto sì che dopo tre mesi la paziente producesse un quantitativo di latte sufficiente a nutrire il bambino per i primi sei mesi.

“Durante questo periodo – precisa lo studio pubblicato sulla rivista Transgender Healt – la crescita del bambino è stata regolare“.  Una vicenda opposta a quella di Trevor McDonald, un trans che si stava sottoponendo a terapia mascolinizzante, salito alla ribalta delle cronache nel 2016 quando ebbe due figli regolarmente allattati. “Noi vogliamo offrire ai nostri pazienti tutte le opzioni possibili – spiegano gli autori dello studio in un’intervista al Washington Post – e questo caso è un passo in avanti“.

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