BLACK PANTHER di Ryan Coogler. Con Chadwick Boseman, Michael B. Jordan, Lupita Nyong’o. Usa 2018. Durata: 135’. Voto 2,5/5 (DT)
Dopo la morte del padre, T’Challa eredita il trono della nazione africana di Wakanda, più maschera, tuta nera e superpoteri da Black Panther, ma la successione tra tribù amiche e traditrici, violenti pretendenti al trono, spie della Cia, e crudeli villain, sarà politicamente e fisicamente turbolenta. Anche perché il Wakanda non è il classico stato africano da terzo mondo ma uno dei paesi più avanzati sulla terra grazie alla tecnologia sviluppata dall’estrazione del vibranio. Cinecomic totalmente black targato Marvel-Disney (il fumetto uscì nel 1966) che sprigiona scintillante esotismo glamour più afroamericano che africano. Suddiviso grosso modo in due blocchi (quello dell’incoronazione di T’Challa dove si viaggia nel tempo e nello spazio Stati Uniti/Corea del Sud/Wakanda; il secondo concentrato nel regno Wakanda tra differenti scorci scenografici e preposto alle battaglie campali per la successione al trono) il film diretto da Coogler (Creed) ha dalla sua un cocktail anticonformista di genere tra donne potenti guerriere e maschi davvero tosto e riuscito, un impianto figurativo animal-naturale in terra d’Africa estremamente suggestivo, ma pecca di déjà vu action e fantasy del recente passato cinefilo (l’inseguimento in auto alla James Bond, la fuga delle navicelle alla Star Wars). Sottotesto politico marcato anche se nebuloso. Si critica sì la colonizzazione bianca ma da un regno comunque fortemente gerarchizzato dove convivono palazzi e grattacieli hi-tech con slum da miserabili. Oltre alla vexata quaestio dell’uso della violenza o meno (Martin Luther King vs Malcolm X) per ribellarsi al diktat razzista coloniale orientato verso la soluzione più politicamente blanda. Punto debolissimo: l’attore protagonista (Boseman) che in mezzo a tante amazzoni armate e un “cattivo” tutto d’un pezzo risulta parecchio moscio.