Intellettuali, scrittori, rabbini, sopravvissuti della Shoah e medici hanno firmato petizioni contro una legge che, dicono, tradisce l’anima d’Israele dimenticando il dramma degli ebrei che furono profughi perseguitati. Alcuni israeliani si sono impegnati a nascondere in casa loro i migranti, nel nome di Anna Frank. Entro domenica, infatti, un primo gruppo di 200 eritrei immigrati illegalmente in Israele sarà costretto a decidere fra la deportazione e l’arresto. Chi non vuole tornare al paese d’origine potrebbe essere portato in Ruanda o Uganda. Diventa così operativo un controverso emendamento alla “legge degli infiltrati“, approvato in dicembre, che ha sollevato numerose proteste nella società civile.

In Israele vi sono circa 38mila migranti africani, arrivati fra il 2006 e il 2012 prima che venisse costruito un muro al confine con l’Egitto. Il 72% sono eritrei e il 20% sudanesi. Il primo ministro israeliano Benyamin Netanyahu – sotto inchiesta per corruzione –  intende deportare 600 migranti al mese, ricorda Times of Israel, cominciando con gli uomini single. Una volta ricevuta la notifica del governo, i migranti devono scegliere entro due mesi se partire con un aiuto di 3500 dollari o venire arrestati. Ma per molti il ritorno in patria significa il rischio di essere arrestati o uccisi, mentre la deportazione in un altro paese africano è un pericoloso salto verso l’ignoto. E l’amministrazione carceraria ha segnalato che non potrebbe esserci posto per tutti i migranti che rifiutano la deportazione. Un aiuto ai migranti potrebbe intanto venire da una sentenza della Corte d’appello che riconosciuto ieri come gli eritrei fuggiti dal loro paese per evitare il servizio militare abbiano titolo per ottenere l’asilo politico. La maggior parte degli eritrei sono in questa situazione.

Nei giorni scorsi migliaia di loro hanno partecipato ad una manifestazione davanti all’ambasciata del Ruanda a Herzlya, a nord di Tel Aviv. In parallelo picchetti di solidarietà sono stati organizzati di fronte alle ambasciate del Ruanda in diversi Paesi, fra cui Germania, Svizzera e Gran Bretagna. “La nostra espulsione in Ruanda equivale ad una condanna a morte” era scritto su alcuni cartelli. Alcuni dimostranti si erano dipinti il volto di bianco: “Adesso che siamo bianchi anche noi – hanno scritto su cartelli – ci espellerete ancora nel Ruanda ?”. Fra gli oratori dell’evento spiccava Reuven Abergil, un leader del movimento israeliano delle Pantere Nere attivo negli anni Settanta. All’inizio del mese Israele ha iniziato a consegnare i primi fogli di via a migranti eritrei scapoli. Ora rischiano l’espulsione la metà dei 40mila migranti che vivono in Israele. Secondo un sondaggio il 66 per cento degli israeliani sono favorevoli alle espulsioni ordinate dal governo.

 

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