Sette anni e due mesi di carcere per rapina e lesioni: è di ieri la notizia della condanna in primo grado del ginecologo Severino Antinori, colpevole, secondo la ricostruzione dei giudici, di avere prelevato forzosamente non meno di sei ovociti ad una giovane infermiera spagnola con lo scopo di reimpiantarli, fecondati, in alcune pazienti in lista d’attesa.
Insieme alla notizia della condanna, ne vengono pubblicate altre in questi giorni che promettono una soluzione almeno per alcune delle situazioni in cui, per una coppia, era necessario fare ricorso alla ‘donazione’ degli ovuli, con relativi inconvenienti. Pare infatti che sia ormai possibile alle donne che, anche dopo i 40 anni, desiderino mettere al mondo il primo figlio, non preoccuparsi di reperire donatrici e intermediari: si tratta di donne previdenti che hanno provveduto per tempo al congelamento dei propri ovociti, da effettuarsi entro i 35 anni di età, quando una donna sana non ha di solito problemi di infertilità, ma ne ha altri, legati non tanto alla sua natura quanto all’evoluzione del costume e della società in cui deve vivere.
E’ nato infatti un nuovo business che ha per oggetto il numero sempre crescente di donne che lavorano con successo, non hanno ancora trovato il partner ideale e preferirebbero non rinunciare, ma solo posporre il momento della maternità, aumentando la possibilità di una gravidanza in un’età in cui il numero e la qualità degli ovociti normalmente si riducono.
La crioconservazione dei propri ovuli, da utilizzare 5 o 10 anni dopo, costituisce per molte donne una specie di polizza assicurativa, nonostante il congelamento non offra nessuna garanzia certa di successo, ma solo una speranza di futura gravidanza. Fino a non molto tempo fa, negli Stati Uniti, visti i costi delle cliniche per la fertilità, l’intervento era stato preso in considerazione più che altro da donne già avanti negli anni e nella carriera, provviste di discrete disponibilità economiche, mentre invece i medici consigliano di prelevare gli ovuli in un’età che va dai 20 ai 30 anni e non oltre i 35.
Per superare questa difficoltà si sono attivate le società che concedono mutui ad hoc e anche molte grosse aziende, come Facebook e Apple, hanno inserito tra i benefit per le dipendenti un sostanzioso contributo economico per l’egg-freezing, per assicurarsi la collaborazione di tante giovani donne nel momento in cui stanno offrendo il meglio di sé e si trovano di fronte ad un bivio della loro vita che potrebbe indurle a lasciare o a ridurre l’impegno nel lavoro.
Non è difficile dunque immaginare il boom di queste cliniche per la fertilità che offrono l’opportunità di poter ‘comprare il tempo’ che fugge. Se n’è accorta Wall Street e se ne sono accorti gli investitori che, invece di ‘comprare il tempo’, comprano a man bassa le azioni delle catene di fertility clinics, tanto che gli analisti finanziari di Capstone Partners hanno dedicato un rapporto al fenomeno.