La maggioranza di centrodestra della Regione Veneto (Lega Nord, Forza Italia e Fratelli d’Italia) sconfessa la potentissima e inossidabile giunta di Luca Zaia, votando contro un finanziamento che avrebbe dovuto lanciare il Centro veneto per il cambio di sesso ad Abano Terme. Una struttura che era stata annunciata pomposamente come un’eccellenza sanitaria dagli stessi assessori i quali, di fronte all’aperta rivolta della propria base in consiglio regionale, hanno preferito non votare o uscire dall’aula. Seduta surreale a Palazzo Ferro Fini, in riva al Canal Grande. Perché è la prima volta che il governatore Zaia, ormai di lungo corso, viene messo sotto dai suoi. E ciò è accaduto su un tema sensibile rispetto al quale il governatore si è spesso distinto per accelerazioni improvvise. Sul tappeto un finanziamento di 200mila euro all’anno, per tre anni. Ma tre mozioni hanno proposto strade alternative. La prima, del capogruppo leghista Nicola Finco, puntava a modificare la delibera di giunta. Dichiarazioni tranciati: “Di fronte alla crisi demografica la priorità è aiutare le politiche per la natalità, e non queste che ritengo perversioni”. La seconda, della tosiana Giovanna Negro, chiedeva di stanziare i 200mila euro alla procreazione assistita. Ultima mozione (Stefano Casali) la cura come servizio pubblico solo dei casi di ermafroditismo.
A favore delle mozioni-contro si sono espresse la Lega Nord, Forza Italia, Fratelli d’Italia, Centro destra Veneto e Veneto per l’Autonomia, per un totale di 24 voti. I voti negativi sono stati invece 9, tutti del centrosinistra: Partito Democratico, Liberi e uguali, un consigliere della Lista Moretti. Si sono astenuti un rappresentante di Lista Moretti e Marino Zorzato, ex Forza Italia, eletto con Area Popolare Veneto. Gli assessori? Erano in evidente difficoltà perché avrebbero dovuto sconfessare il proprio operato. E così hanno preferito non partecipare al voto o uscire dall’aula. E pensare che Luca Coletto, responsabile della sanità in Veneto, poco più di due mesi fa aveva elogiato il provvedimento: “È una scelta di qualità e modernità che mette un servizio di alta specializzazione a disposizione di persone che si trovano in una condizione del tutto particolare, che può comportare sofferenza psicologica e fisica”. Con una convinta dichiarazione di principio. “Alla sofferenza, di ogni tipo, una sanità che si rispetti ha l’obbligo morale e scientifico di dare risposte”. Ma nel giorno topico l’assessore era assente.
La delibera prevedeva uno stanziamento a favore del Policlinico privato-convenzionato di Abano Terme di 600mila euro per il triennio 2018-2020, riferito all’attività del Centro di Riferimento Regionale per i disturbi dell’identità di genere. Il comunicato stampa che accompagnava l’annuncio della delibera sottolineava come in questo modo la sanità veneta entrasse “nel ristretto gotha internazionale dei centri per queste patologie”, dopo aver avviato un rapporto di collaborazione con le analoghe strutture di Belgrado e Londra. Un attacco alla giunta? No, secondo il leghista Finco: “Non vogliamo andare contro la giunta, ma questo tema va discusso. Se ci sono persone che vogliono cambiare sesso, lo facciano, ma non a spese del pubblico altrimenti rendiamo gratuita anche la chirurgia plastica. Un Centro del genere non rappresenta la priorità della Regione”. Alla fine anche la capogruppo della Lista Zaia, Silvia Rizzotto, ha annunciato il proprio favore alle tre mozioni, lasciando però che i consiglieri votassero secondo coscienza. Il tutto è avvenuto nel silenzio assoluta della giunta, che non ha neppure tentato di difendere quello che aveva approvato il 9 dicembre.