L’Italia è ventesima su 24 Paesi dell’Occidente per il rispetto dello stato di diritto. Solo Bulgaria, Ungheria, Grecia e Croazia sono meno in grado dell’Italia di rispettare le proprie leggi. È il risultato del Rule of Law Index 2017-2018, indice elaborato dalla fondazione non profit americana World Justice Project, elaborato per la prima volta nel 2008. Per la fondazione, lo stato di diritto è definito dalla responsabilità di governo di fronte alla legge, dalla chiarezza e alla correttezza delle norme, dal modo in cui vengono messe in atto e sanzionate dal sistema giudiziario. Fondatore e direttore esecutivo del World Justice Project è Bill Neukom, per 25 anni capo dell’ufficio legale di Microsoft.

La porzione di mondo in cui è inclusa l’Italia comprende Europa e Nord America, le aree geografiche in cui ovviamente l’indice raggiunge i punteggi migliori. I macrotemi elaborati nel Rule of Law Index sono “vincoli imposti ai governi”, “assenza di corruzione”, “trasparenza del governo”, “diritti fondamentali”, “ordine e sicurezza”, “applicazione delle leggi”, “giustizia civile” e “giustizia penale”.

L’indice va dallo 0 a 1 e calcola oltre una cinquantina di sotto-voci attraverso cui stabilisce quanto le classi dirigenti di 113 Paesi del mondo sono responsabili, trasparenti e corrette di fronte ai propri cittadini. Il totale complessivo dell’Italia è 0,65, lo stesso raggiunto dalla Romania e o,05 punti sotto la Polonia. Un risultato di poco sopra la sufficienza: chi occupa le prime posizioni – Danimarca e Norvegia – raggiunge 0,89. Nel mondo il punteggio italiano vale il trentunesimo posto, come l’arcipelago dell’America centrale di Saint Kitts.

Scopo dell’indice è mettere a confronto con un dato numerico l’efficienza dei Paesi dei mondo, in particolare rispetto alla garanzia dei diritti dei cittadini e alla sanzione dei reati. Rispetto alla media della propria regione – Europa e Nord America – l’Italia registra il punteggio peggiore alla sotto-voce “assenza di corruzione nella legislatura”, intendendo con questa parola la schiera degli eletti a livello nazionale. In questa voce il punteggio italiano è 0,28, circa la metà del punteggio europeo (ancora peggio nell’edizione del 2015: il punteggio era 0,24). Eppure rispetto all’indice del 2016, il punteggio nella macro voce corruzione è migliorato di 0,04 punti, grazie alla riduzione dei casi tra potere giudiziario e polizia.

In peggioramento anche lo stato di salute dei diritti dei lavoratori, che perdono 0,02 punti tra il 2016 e il 2017 passando da 0,57 a 0,55, quando la media europea e nordamericana si avvicina a 0,70. Nei diritti fondamentali comunque l’Italia si piazza al 19esimo posto su 24 nella regione. Secondo l’indice, tra le libertà fondamentali peggiora anche la libertà di espressione, a 0,69 contro gli 0,73 dell’edizione precedente.

Ampiamente sotto la media europea anche le voci che riguardano le macro voci “giustizia civile” (dove è penultima nella regione) e “garanzia del rispetto delle leggi”. Nella giustizia civile, la voce peggiore riguarda i ritardi nei processi: l’indice è 0,31, peggio dell’indice precedente di 0,04 punti. Il tempo medio è infatti di circa 1600 giorni per una sentenza definitiva. Anche l’esecuzione non è sempre garantita: il punteggio italiano è 0,37 sull’applicazione delle sentenze, circa la metà della media europea. In materia di leggi, il problema principale secondo l’indice è il ritardo nella loro applicazione: all’Italia viene assegnato un punteggio di 0,43 (+0.03 sull’anno precedente).

Sotto la sufficienza anche il rispetto del giusto processo per gli imputati: il dato è 0,56 (nell’edizione prima era 0,62). L’altro segnale negativo è “assenza del ricorso alla violenza”: 0,44, anche questo sotto la media europea e nordamericana. Un punteggio talmente basso che fa scivolare l’Italia penultima nel settore “ordine e sicurezza” nella regione Europa-Nord America. Unica nota positiva, la giustizia penale, dove nel complesso è al quindicesimo posto sui 24 della regione Europa-Nord America. L’indice è elaborato sulla base di due database: il primo è un questionario più generico a cui rispondono oltre 1100 persone in tre città significative per il Paese. Nel caso dell’Italia si tratta di Roma, Milano e Napoli e il dato statistico è raccolto dall’agenzia YouGov online. Il dato viene poi combinato con interviste più approfondite fatte a ricercatori universitari, professori e avvocati.

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