L’Agcom, ovvero l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, ha sanzionato il Comune di Roma per presunte scorrettezze nella comunicazione sul sito istituzionale da parte della sindaca Virginia Raggi, La sindaca informa. Chi ha ragione, dal punto di vista normativo, il Comune di Roma o l’Agcom?
A prima vista sembrerebbe che l’Agcom non possa agire in casi come questi.
Come più volte rilevato da pressoché tutti i commentatori, l’Agcom non ha poteri diretti di intervento sulla comunicazione che avviene via web, questo perché la legge sulla par condicio, la 28 del 2000, si applica pacificamente al mezzo radiotelevisivo, ai quotidiani ed ai periodici ma non alla rete internet (così, ad esempio Gianluca Gardini, libertà vs eguaglianza: la difficile regolamentazione della campagna elettorale, nella rivista Astrid).
Il fatto è del tutto noto anche alla stessa Agcom, al punto che uno dei due commissari che si occupa in pratica della par condicio, ovvero Antonio Martuscello ha richiamato di recente le linee guida sulla par condicio emanate in queste elezioni dall’Autorità, ove si legge espressamente, “La legge n. 28/2000 detta disposizioni specifiche per l’accesso al mezzo radiotelevisivo al fine di garantire la parità di accesso a tutti i soggetti politici. Tale sistema di disposizioni non può essere mutuato per le piattaforme, le quali dovrebbero ove possibile uniformarsi ai principi che animano il dettato normativo”.
Si sta parlando in questo caso di Facebook e altri social network. Quindi la legge, e di conseguenza il potere sanzionatorio dell’Agcom, non possono riferirsi alla comunicazione che avviene in quelle piattaforme. Tant’è che la trasmissione delle iene che ha fatto emergere alcune incongruenze nelle donazioni al microcredito da parte di alcuni esponenti del Movimento 5 stelle e che sarebbe pienamente ricaduta nella par condicio, è stata “prudentemente” inserita sui profili social dalla stessa emittente, prima di qualsiasi passaggio televisivo.
Senza che nessuno, in primis l’Agcom, obiettasse nulla, pur essendo accaduto il fatto in pieno periodo elettorale. E allora perché interviene l’Agcom nella vicenda Raggi, sito del comune di Roma?
Perché l’Agcom in questi anni, senza che in realtà esista una norma ad hoc che le conferisca esplicitamente il potere (su internet, ovviamente), elemento fondamentale nel diritto pubblico per esplicare una potestà sanzionatoria, ha deciso che l’art 9 della legge 28 del 2000, si dovesse applicare comunque anche al web, quando ad agire sia un organo istituzionale. In tutti gli altri casi no, come abbiamo visto dalle dichiarazione della stessa Agcom (pur essendo la legge uguale per tutti), mentre per gli organi pubblici sì.
In pratica è accaduto che, in assenza di una norma precisa l’Agcom interpretando in modalità 2.0 una norma che non lo prevede e che si applica solo al mondo radiotelevisivo e alla stampa, ha deciso di assumersi i relativi poteri sanzionatori.
Non a caso, la vicenda appare simile a quello che è accaduto in materia di diritto d’autore sul web, ove l’Autorità è intervenuta quattro anni fa per giustificare poteri non previsti espressamente dalla legge, salvo il “richiamino successivo” operato poi dal Governo, dalla legge europea del 2017 . E, nel caso del diritto d’autore, come in quello del provvedimento contro Virginia Raggi, il relatore è lo stesso: Francesco Posteraro, commissario Agcom.
Nel caso del diritto d’autore si è andati avanti dal 2013 (ma la norma è ancora all’esame del Tar), fino a che un’anima misericordiosa ha inserito nella legge europea del 2017 un emendamento last minute che provasse a sanare questa assenza di potere (che verrà a sua volta impugnata al Tar), e chissà che l’obiettivo di chi parla oggi di par condicio sul web non sia proprio quello di una “bella” norma last minute, da inserire in uno dei prossimi atti in scadenza.
Eppure anche il Corecom, ovvero l’organo nominato dalla Regione Lazio, che ha istruito la pratica contro la Raggi, ha scritto in un documento presente all’interno del proprio sito “La legge 22 febbraio 2000, n. 28, si rivolge principalmente al mezzo radiotelevisivo, in ragione della riconosciuta “pervasità” di tale mezzo di comunicazione riconducibile alla sua idoneità a influire sulla formazione del consenso e della opinione degli utenti/telespettatori. Solo due disposizioni della predetta legge sono dedicate alla stampa quotidiana e periodica (artt. 7 e 8). E’ assente ogni esplicito riferimento al mondo di Internet“.
Se lo sa anche il Corecom perché è stata proposta una sanzione per le attività internet del Comune di Roma?
Sembra proprio a questo punto che abbia ragione la Raggi che, che quanto a “tigna” e a stakanovismo non è seconda a nessuno, e che ha deciso di impugnare al Tar del Lazio la delibera dell’Agcom, precisando, da buon avvocato, che il notiziario La Sindaca informa non sarebbe uscito per i successivi 15 giorni sul sito del Comune, senza però nominare “le piattaforme”, come le chiama l’Agcom, ovvero i social network come Facebook e Twitter, che non necessitano certo del sito del Comune di Roma per raggiungere migliaia di persone.