Esposti, diffide e indagini già avviate. Oltre alla richiesta di bloccare i lavori in attesa dei risultati del monitoraggio geologico dell’area. E’ in questo clima che sta procedendo la realizzazione di un nuovo acquedotto nel cuore della Valnerina, in Umbria, zona di pregio naturalistico e non immune da eventi sismici come ha ricordato il recente terremoto del centro Italia. Si tratta di un nuovo tassello della gestione idrica legata al gruppo romano Acea.

I lavori per realizzare l’opera sono infatti stati assegnati dal gestore idrico della provincia di Terni, la società S.I.I. s.c.p.a. (società consortile con capitale misto pubblico-privato), alla propria consorziata Umbriadue s.c.a.r.l., di cui Acea è proprietaria per oltre il 98%, con affidamento diretto e senza gara d’appalto. Una decisione contro la quale Movimento Cinque Stelle e comitato “No Acquedotto” hanno intrapreso diverse azioni legali, come esposti e atti di diffida, mentre sono in corso una indagine della Corte dei Conti e una della procura della Repubblica, di cui si attende ancora il responso.

“L’importo dell’appalto per la realizzazione dell’acquedotto è molto superiore alla soglia prevista dalla Ue per l’affidamento diretto delle opere pubbliche”, spiega Thomas De Luca, capogruppo del Movimento Cinque Stelle al Comune di Terni. “Il gestore del servizio idrico avrebbe dovuto procedere a una regolare procedura concorsuale. Non si capisce davvero perché ciò non sia avvenuto”.

La multiutility capitolina è presente nella gestione dell’acqua umbra da un decennio e in entrambe le province, detenendo circa il 40% di Umbra Acque (il 60% è in mano ai comuni), soggetto titolare della gestione idrica nella parte settentrionale della regione, e marcando una crescente presenza all’interno di S.I.I. (Servizio Idrico Integrato) s.c.p.a., gestore idrico a Terni e provincia. Società, quest’ultima, interessata dalla costruzione del nuovo acquedotto e al cui interno la presenza di Acea si è da qualche tempo rafforzata. Nel novembre 2016 la società romana ha infatti acquisito dalla multinazionale dell’acqua Severn Trent Plc il 100% di Severn Trent Italia, diventando così azionista per oltre il 98% di Umbriadue s.c.a.r.l., che ha il 25% di S.I.I..

Un fatto tutt’altro che irrilevante, soprattutto considerando che per la realizzazione dell’acquedotto in questione, dal costo di oltre 17 milioni di euro di cui circa 2 a carico dei cittadini, chiamati a rifondere parzialmente il capitale privato investito, S.I.I. ha appaltato i lavori con affidamento diretto e senza gara proprio a Umbriadue (98% Acea), che li esegue a mezzo di Severn Trent Italia (100% Acea). Il presidente del S.I.I., Stefano Puliti, a ilfattoquotidiano.it risponde che “l’affidamento diretto operato dalla S.I.I. a Umbriadue è stato effettuato ai sensi dello statuto e del regolamento del consorzio, elaborato quando il SII si è aggiudicato la gestione del servizio idrico ed è stato individuato il socio privato”.

Nell’esposto presentato dal Movimento Cinque Stelle si parla tuttavia di “assoluta mancanza di trasparenza sulla documentazione inerente l’appalto” e di “sistematica negazione del diritto di accesso agli atti”. “Nessuno dei documenti indicati con cui S.I.I. giustifica il proprio comportamento è risultato reperibile negli archivi comunali, né stato fornito dal gestore del servizio idrico nonostante numerose richieste – afferma ancora il pentastellato De Luca. “Al contrario – prosegue – nella delibera di costituzione di SII viene dichiarato che lo scopo della società è esclusivamente la gestione del servizio idrico, senza menzionare in alcun modo la realizzazione di opere pubbliche, tant’è che non vi è traccia né delle attestazioni SOA, obbligatorie in casi come questo, né delle Og6 relative alla costruzione di acquedotti”.

I problemi però non finiscono qui. Franco Coppoli, del comitato “No Acquedotto”, sottolinea: “L’attuale acquedotto di Terni ha perdite idriche per circa il 50%. Perché non le risanano invece di farne uno nuovo? Inoltre – prosegue – alcuni pozzi dell’opera in costruzione sono sul terreno dove dal 1981 al 1988 c’era una discarica, con rischi di contaminazione delle falde, mentre altri, già scavati, dai dati dello stesso SII garantiscono una portata idrica ridotta rispetto alle previsioni, al punto che è stata chiesta una nuova autorizzazione a perforare la zona per cercare altra acqua”.

Il tutto nonostante i pericoli denunciati da diversi geologi sull’attingimento profondo delle acque in questa zona. “Il campo pozzi del nuovo acquedotto – dichiara a ilfattoquotidiano.it il geologo Francesco Biondi, ex docente all’Università della Tuscia – si trova in un territorio con una possibilità sismica da media a elevata, ma il progetto sembrerebbe non tenerne conto. Manca inoltre un bilancio idrogeologico di tutto il bacino, a partire dalle rilevazioni termo-pluviometriche: monitoraggi che si sarebbero dovuti fare in loco per 5 – 10 anni. Nella relazione generale del progetto – continua il geologo – viene detto che tutto si basa su una simulazione numerica realizzata in base alle informazioni disponibili, ma quali sono queste informazioni non c’è scritto, tant’è che i risultati ottenuti vengono definiti medi, da verificare con un successivo piano monitoraggio. Quando si farà questo piano? Dopo aver perforato tutta la Valnerina?”.

Nel frattempo, il Movimento Cinque Stelle e il comitato “No Acquedotto” continuano a chiedere il blocco immediato dei lavori in attesa di nuovi studi e di conoscere l’esito delle azioni legali intraprese.

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