Decine di animali avvelenati a Sciacca. L'amministrazione comunale ipotizza di realizzare un ricovero in una struttura comunale. Proteste degli animalisti: "Se nelle prossime ore altri cani dovessero perdere la vita per i bocconi avvelenati riterremo il sindaco personalmente responsabile di queste morti"
Almeno 40 cani randagi avvelenati in contrada Muciare a Sciacca, in provincia di Agrigento negli ultimi giorni. Per gli animalisti, però, quelli uccisi sono il doppio. Una vicenda per la quale il sindaco del paese siciliano Francesca Valenti e i suoi figli sono stati minacciati di morte sui social. Il tema è stato oggetto di discussione nel pomeriggio di domenica 18 febbraio con la delegata per i rapporti istituzionali del ministero della Salute, Valeria Grasso, anche per affrontare il fenomeno del randagismo. Intanto l’Azienda sanitaria provinciale e la polizia municipale hanno inviato al sindaco una relazione sugli avvelenamenti. Grasso – spiega una nota del Comune – ha espresso solidarietà “a Sciacca e alla Sicilia per le offese, alcune dall’acre sapore razzista, che continuano a proliferare da ogni parte d’Italia”.
Il sindaco ha detto che sono circa 270mila euro i soldi annualmente impegnati dal Comune per la cattura e la custodia in strutture private di animali pericolosi. Grazie alla disponibilità di veterinari volontari, il Comune ipotizza di realizzare un ricovero in una struttura comunale. Il distretto sanitario (Asp) ha annunciato dalla prossima settimana l’impiego a Sciacca di quattro veterinari per tre giorni alla settimana.
La denuncia dell’Enpa: “Amministrazione assente” – In contrada Muciare sono intervenuti anche i volontari delle Sezioni Enpa di Catania e Adrano (Catania), in collaborazione con la Sezione di Agrigento, che hanno accusato l’amministrazione comunale. “È assente – ha spiegato Cataldo Paradiso, presidente dell’Enpa di Catania – e, a parte qualche frase di circostanza, continua a fare poco o nulla per tutelare l’incolumità dei suoi cittadini a quattro zampe, contravvenendo così agli obblighi imposti dalla legge”.
Secondo la normativa, infatti, il sindaco non solo è responsabile per i randagi e gli altri animali vaganti sul suo territorio – responsabilità che naturalmente comprende la tutela della loro incolumità – ma in caso di ritrovamento di esche avvelenate deve attivare la procedura prevista dalla normativa. Che prevede, appunto, la bonifica dell’area interessata. Quella a cui si fa riferimento in questo caso è “un’area di capannoni dismessi” dove i volontari hanno trovato rifiuti, materiale di risulta – tra cui il pericolosissimo Eternit – e, purtroppo, altre esche avvelenate”.
Ora l’area è stata posta sotto sequestro dai carabinieri, ma “poco o nulla è dato sapere sia sull’inizio delle operazioni di bonifica previste per legge sia sugli interventi di recupero dei randagi sopravvissuti”. Carla Rocchi, presidente nazionale di Enpa, chiede quindi alle autorità e alle istituzioni “di intervenire con la massima urgenza, ciascuna per le proprie competenze. Se a fronte di tali inadempienze, nelle prossime ore altri cani dovessero perdere la vita per i bocconi avvelenati riterremo il sindaco personalmente responsabile di queste morti. Alla magistratura il compito di individuare e punire sia gli autori materiali di questo gesto criminale, sia le istituzioni che lo hanno permesso grazie alla loro inerzia. Ai cittadini il diritto/dovere di pretendere che gli amministratori pubblici rispettino la legge e tengano fede ai propri impegni”.