Il ministro dello Sviluppo economico a Bruxelles dopo che la società brasiliana ha confermato i licenziamenti nello stabilimento di Riva di Chieri (Torino), dove i lavoratori sono in presidio: "La commissaria Vestager mi ha assicurato che sarà intransigente nel verificare se ci sono stati incentivi per attrarre da Paesi che sono parte dell’Ue". Ma intanto chiede di poter creare un "fondo per evitare le fughe all’estero"
“Non molliamo, stiamo lavorando a tutti i livelli, qua in Europa, con Invitalia che è partita con la mappatura di altri progetti alternativi. Siamo trattando la vicenda con la stessa attenzione data ad altri tavoli. La differenza tra altre e questa multinazionale è che Embraco si è rifiutata di gestire questa fase minimizzando impatto su lavoratori”. Dopo lo sfogo contro l’azienda che ha deciso di confermare i licenziamenti dello stabilimento di Riva di Chieri (Torino), il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda vola a Bruxelles. L’obiettivo dichiarato è chiedere alla Ue verifiche su presunti aiuti di Stato concessi al gruppo dalla Slovacchia, dove verrà spostata la produzione di compressori per frigoriferi. Ma, come rivelato in un’intervista al Corriere della Sera, Calenda nei fatti punta ad ottenere per l’Italia la possibilità di derogare proprio alla normativa sugli aiuti di Stato istituendo un “fondo per evitare le fughe all’estero“.
“Il tema non è obbligare un’azienda a rimanere, come lo fai, con i carabinieri?”, ha detto Calenda ai giornalisti, mentre all’esterno dello stabilimento Embraco un operaio si incatenava per protesta. “Ma qualsiasi cosa succeda bisogna gestire la vicenda in maniera utile per noi e comportarsi in modo decoroso come deve fare una grande azienda”. L’incontro con la Vestager “è andato bene”, domani “la commissaria farà una conferenza stampa”, ha “molto ben chiaro il problema” e “mi ha assicurato che la Commissione è molto intransigente nel verificare i casi segnalati in cui c’è un problema o di uso sbagliato o non consentito degli aiuti o, peggio, di aiuto di Stato per attrarre da Paesi che sono parte dell’Ue”.
Nel frattempo spunta, in extremis visto che mancano due settimane al voto, l’idea di creare “un globalization adjustment fund, un fondo di reindustrializzazione che prevenga le delocalizzazioni e metta pacchetti che vadano oltre la normativa sugli aiuti di stato per chi vuole andare a produrre altrove in Europa in condizioni di vantaggio legate al diverso grado di sviluppo dei Paesi. Siamo economie in continua transizione, gestirle sarà sempre più fondamentale, quindi abbiamo bisogno di strumenti più forti”, dice Calenda, che sul caso Embraco fa sapere: “Embraco ha la nostra proposta, se tornano indietro siamo disponibili a prenderli in considerazione, ma io altre riunioni che si chiudono con ‘forse..’, ‘ma..’, non ne faccio più. Preferisco partire in quarta con Invitalia per capire se ci sono proposte e supportarle”. “Noi – spiega Calenda – abbiamo l’obiettivo di tenere le multinazionali in Italia, tutt’altra cosa di quello che propugna chi vuole mettere in atto politiche che le farebbero scappare. La situazione sleale dell’Est – sottolinea – però è intollerabile. Se un lavoratore è pagato la metà di quello italiano, noi non possiamo competere ad armi pari visto che questi Stati hanno pari accesso al mercato europeo. Questo – aggiunge – è il nodo su cui si deve intervenire. E lo dirò alla commissaria Vestager”. Ai lavoratori di Embraco, il ministro assicura: “Continuiamo a combattere. Il mio impegno è in prima persona, tutto quello che potrà essere fatto lo faremo”.
Intanto davanti ai cancelli dello stabilimento circa cento lavoratori si sono ritrovati alle 8 davanti alla fabbrica dove ci sono fotografi e televisioni. C’è delusione, rabbia e sconforto. I lavoratori sono disgustati dall’atteggiamento dell’azienda e sfiduciati perché non vedono alcun tipo di prospettiva positiva. Daniele Simoni, da 25 anni operaio, si è incatenato per proesta: “Non voglio mollare, è la mia fabbrica che mi ha dato da mangiare per 25 anni, finché c’è uno spiraglio non mollerò“. “Bisogna vedere il ministro Calenda se riesce a far tornare indietro le ragioni della multinazionale – spiega ai microfoni ci Rainews24 – Noi chiediamo di non mollare e combattere con noi. L’esasperazione di sente a fior di pell”. Il delegato Fiom Daniele Barbuto, presente fuori dalla fabbrica ribadisce: “Noi abbiamo bisogno della cassa integrazione”. I lavoratori proseguiranno le 4 ore di sciopero per ogni turno. “Lavoreremo fino al 25 marzo per far cambiare idea all’azienda afferma Dario Basso, segretario generale della Uilm torinese. “A questo punto il governo deve agire, i tempi sono strettissimi. Se un’azienda vuole insediarsi bisogna fare in fretta” osserva Ugo Bolognesi della Fiom.
Questa mattina Calenda, in una intervista Radio Anch’io su Radio1 Rai, aveva spiegato gli obiettivi della missione a Bruxelles: “Chiederò a commissaria Vestager di verificare se norme per attrarre investimenti in Slovacchia sono rispettose norme su aiuti di Stato. Ci sono condizioni che sono strutturali”, per cui alcuni paesi in una diversa fase di sviluppo come la Polonia hanno un costo del lavoro più basso: “Io non potrei – ha detto – fare una norma che dice che per Embraco il costo del lavoro è un x più basso, perché sarebbe un aiuto di Stato. Ma penso si possano interpretare i trattati nel senso di dire che in questo specifico caso, cioè di un’azienda che si muove verso la Slovacchia, verso la Polonia, questa normativa può essere derogata. Vedremo quale sarà la risposta della Vestager”.