Furono massacrati con un’ascia e poi la loro testa fu infilata in un sacchetto di plastica. Così morirono nella notte tra il 9 e il 10 gennaio 2017 i coniugi Salvatore Vincelli, 59 anni, e Nunzia Di Gianni, 45, assassinati in camera da letto a Pontelangorino, in provincia di Ferrara. Oggi il figlio, all’epoca 16enne considerato il mandante, e l’amico di un anno più grande, l’esecutore materiale, sono stati condannati con rito abbreviato a 18 anni di carcere dal gup del tribunale per i minorenni di Bologna. La procura aveva chiesto 20 anni. Il figlio della coppia agli inquirenti aveva raccontato che i genitori, e in particolare la madre, lo sgridavano sempre: “Non passava giorno senza che mi dicessero che non valevo niente, che ero un buono a nulla, un fallito“. Il ragazzino, che aveva sentito urlare il suo nome dalla stanza in cui l’amico colpiva per tre volte il padre e sei volte la madre, aveva atteso impassibile: “Io ti aspetto qui. Tu li uccidi e quando hai fatto mi chiami”. L’altro aveva poi dichiarato di averlo fatto solo per amicizia, e non per soldi. I due, hanno raccontato i coetanei, erano spesso insieme, legati da un’amicizia profonda. Una settimana fa, la perizia psichiatrica disposta dal tribunale dei minorenni di Bologna aveva stabilito che i due i ragazzi, al momento del duplice omicidio, fossero in grado di intendere e di volere.

“La condanna ci sembra abbastanza severa, aspettiamo le motivazioni e poi faremo appello – commenta dopo la sentenza l’avvocato Lorenzo Alberti, legale dell’amico del figlio delle vittime, all’epoca dei fatti 17enne -. Ci è stata respinta la richiesta di messa alla prova, anche se per quello che è stato il vissuto del mio assistito sembrava la soluzione più adatta”. Alberti sperava che il Tribunale differenziasse le posizioni dei due adolescenti, riconoscendo al suo assistito di essere stato in qualche modo soggiogato dall’amico più giovane di un anno, figlio della coppia uccisa. “Ci pensavamo – ha aggiunto Alberti – anche perché non siamo noi a dirlo, gli atti depongono in questo senso, a nostro modo di vedere”.

Amareggiato anche l’avvocato Sandro De Marco, che insieme alla collega Gloria Bacca difende il figlio della coppia uccisa. “Siamo rimasti parzialmente insoddisfatti, il nostro ragionamento era un altro, ma credo che ci possa essere qualche margine lavorando sull’appello. Certo il fatto è quello che è. Paradossalmente – ha concluso – il mio assistito ha accolto la sentenza con una liberazione e poi il fatto che sia stata data una pena inferiore (il pm aveva chiesto 20 anni) quasi con felicità, questo per dirvi lo stato d’animo del ragazzo”.

L’anno in carcere dei due condannati – Dall’assassinio ad oggi sono rimasti in cella, lontani l’uno dall’altro. E dal giorno del delitto si sono incontrati solo una volta durante un’udienza del processo. Il figlio della coppia, riferiva a gennaio il suo difensore Gloria Bacca, “è stato abbandonato dal resto della famiglia, solo una zia gli è rimasta vicino e continua ad andarlo a trovare”. Il ragazzo in questi mesi è rimasto nei carceri minorili di Torino e, successivamente, Treviso. L’amico 17enne invece ha ripreso a studiare per diplomarsi alla scuola alberghiera e ogni settimana incontra i genitori: anche i nonni vanno a trovarlo spesso nel carcere bolognese del Pratello. È considerato un detenuto modello.

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