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Roberto Zanda, il runner 60enne che rischia l’amputazione di mani e piedi dopo 18 ore a -50°: “Signore, lasciami vivere”

Giunto al sesto giorno sui nove previsti di gara con oltre 480 chilometri da fare a piedi, con gli sci o con la mountain bike, come previsto dal regolamento, Zanda è stato recuperato in stato di ipotermia da un elicottero del soccorso canadese il 7 febbraio scorso. Per cercare aiuto l’uomo si era allontanato dalla sua slitta, lasciando lì i suoi attrezzi e un dispositivo di localizzazione GPS

Signore, facciamo un accordo: toglimi pure mani e piedi, ma fammi vivere, fammi tornare a casa”. La preghiera estrema prima dell’ultimo anelito di vita. Roberto Zanda, runner sardo di 60 anni, rischia l’amputazione di mani e piedi dopo aver vagato per 18 ore, con la neve fino al petto, a cinquanta gradi sottozero, durante la maratona canadese Yukon Artic Ultra.

Giunto al sesto giorno sui nove previsti di gara con oltre 480 chilometri da fare a piedi, con gli sci o con la mountain bike, come previsto dal regolamento, Zanda è stato recuperato in stato di ipotermia da un elicottero del soccorso canadese il 7 febbraio scorso. Per cercare aiuto l’uomo si era allontanato dalla sua slitta, lasciando lì i suoi attrezzi e un dispositivo di localizzazione GPS. Secondo i media canadesi Zanda aveva superato l’ultimo check point da circa 20 miglia. Lì era stato fatto riscaldare e ripartire senza approfondire un quadro clinico che secondo diversi testimoni era già critico. Ma dopo 10 miglia l’ultimo tragico stop. La scelta improvvisa di allontanarsi dalla sottile striscia di neve meno battuta e l’improvvisa scomparsa.

Non vedevo indicazioni e sono andato avanti e indietro per un chilometro almeno tre volte. L’ultima sono finito dentro una foresta con la neve fino all’ombelico”, ha raccontato il runner sardo con un filo di voce. Ora il destino di mani e piedi del maturo atleta è appeso ad un filo. Zanda è stato trasferito all’ospedale Umberto Parini di Aosta, dove alcuni giorni fa è stato curato l’alpinista francese Elisabeth Revol dopo la tragedia del Nanga Parabat. Bisognerà attendere almeno quindici giorni per vedere se le estremità dei suoi arti risponderanno alle cure mediche.

“Mi sono attaccato agli affetti e alla fede. Ho fatto un patto con Dio”, ha raccontato Zanda. Amputatemi pure mani e piedi ma lasciami la vita, è stata la richiesta al divino creatore. Tanto, ha spiegato l’atleta con le ultime energie rimaste, “non saranno quattro protesi il problema. Chi se ne frega. Ci sono atleti che continuano con quelle”. Secondo QN Zanda è già scampato ad una peritonite fulminante mentre era solo nel deserto egiziano e anche una recente traversata di 900 chilometri sui Pirenei ha avuto diversi inconvenienti tecnici. Intanto Massiccione, così è soprannominato il runner cagliaritano, continua ad aggiornare i suoi fan su Facebook, ricordando anche gli sponsor: “Grazie alla Montane che mi ha equipaggiato con abbigliamento tecnico di altissimo livello che mi ha sicuramente salvato la vita mentre sono stato 14 ore nella foresta”.