“Agli studenti dell’università Statale di Milano vengono richiesti oltre 34,1 milioni in più rispetto al tetto imposto dalla legge”. Questa l’accusa dell’Unione degli Universitari che ha appena depositato un ricorso al Tar contro le tasse definite “fuorilegge” dell’ateneo milanese. Così come aveva fatto a Pavia, dove due anni fa il Consiglio di Stato ha condannato l’Università a rimborsare agli studenti 1,7 milioni di euro di tasse universitarie più gli interessi. Secondo le cifre inserite nel bilancio di previsione del 2018, la Statale prevede di incassare dagli studenti 87,5 milioni di euro. Lo stesso bilancio riporta che, per il 2018, l’ateneo prevede di ricevere 267 milioni di euro dallo Stato come Fondo di finanziamento ordinario (Ffo). “La legge però – spiega Carlo Dovico, coordinatore dell’Udu Milano – stabilisce che il rapporto tra il gettito complessivo della contribuzione studentesca e il Ffo non possa superare il 20%, mentre nell’ateneo milanese la percentuale è addirittura del 32,8%”. Il limite è fissato nel decreto del Presidente della Repubblica 306/1997 ed è stato poi confermato proprio dal Consiglio di Stato. Il ricorso al Tar per la Statale è stato depositato con l’obiettivo di restituire questi soldi agli studenti. Ma non basta. “Crediamo sia fondamentale che la prossima legislatura – spiega Elisa Marchetti, coordinatrice nazionale dell’Udu – metta in atto una progressiva abolizione delle tasse universitarie, iniziando a toglierle a chi si trova in condizioni economiche più svantaggiate”.
GLI ATENEI FUORILEGGE – Quella delle tasse “fuorilegge” è una situazione che non riguarda solo la statale di Milano. I dati, però, sono fermi al 2011, quando 36 atenei pubblici su 61 totali, secondo i calcoli dei propri bilanci preventivi, sforavano quel limite con tasse medie di oltre i mille euro. Tanto che anche il Codacons ha lanciato un’azione risarcitoria sul proprio sito, pubblicando l’elenco degli atenei coinvolti, i cui studenti potrebbero avere diritto ad un rimborso. Nell’elenco, oltre all’Università di Pavia, l’Università degli Studi Insubria Varese-Como, quelle di Bologna, Bergamo, Statale, Bicocca e Politecnico di Milano, la Ca’ Foscari di Venezia, l’Università Iuav di Venezia, gli atenei di Padova, Modena, Reggio Emilia, Torino, Verona e Ferrara. Cosa accade ora? “Stiamo aggiornando i dati nazionali in merito, per capire quanti atenei ancora superano quel 20%”, dicono dall’Udu.
UN PO’ DI DATI SULLE TASSE – Come già evidenziato nel rapporto sulla tassazione universitaria ‘Dieci anni sulle nostre spalle’, però, i dati sulle tasse sono significativi. Nell’anno accademico 2015/2016, a fronte di una tassa media nazionale di 1.250 euro e di 1.500 euro al Nord, l’Università Statale di Milano ha richiesto una tassa media di 1.640 euro, risultando tra le dieci più costose in Italia. “La nostra inchiesta – sottolineano gli studenti – dimostrava come le tasse fossero costantemente cresciute negli ultimi 10 anni, con impennate molto brusche successivamente ai tagli della Legge 133/2008 e della Legge 240/2010, dell’accoppiata Tremonti-Gelmini”. Il sottofinanziamento universitario consolidato con quelle due leggi è stato fatto pesare in prevalenza direttamente sulle spalle degli studenti, che in tutta Italia si sono trovati a pagare tasse schizzate alle stelle in pochissimo tempo. “Il gettito complessivo della contribuzione studentesca in Italia delle sole università statali si aggira attorno a 1 miliardo e 600 milioni di euro. La sola Università Statale di Milano – ricorda l’Udu – dal 2011 in poi ha prelevato dagli studenti, ogni anno, non meno di 90 milioni di euro”.
I PARADOSSI – Secondo l’Unione degli Universitari la situazione allo Statale di Milano è ancora più paradossale se si considera che l’anno scorso è stato riformato il sistema di contribuzione studentesca: “È stata mantenuta la discriminazione della tassazione studentesca per tre macro aree a cui sono afferenti i corsi di laurea”. In particolare è stata introdotta una no tax area fino a 14mila euro di Isee che può arrivare fino a 23mila euro nel caso in cui si abbiano anche una serie di requisiti di merito. “Si mantiene inoltre – aggiunge l’Udu – una maggiorazione per gli studenti fuori corso e per gli studenti silenti”.
IL LIMITE AL GETTITO – Tornando al limite stabilito dalla legge per il gettito totale delle tasse recepito da ogni ateneo, il principio di non superare il 20% di quanto ricevuto dallo Stato come Fondo di finanziamento ordinario è stato confermato dalle tre sentenze del Tar della Lombardia sui ricorsi presentati dall’Udu ai bilanci dell’Università di Pavia per gli anni 2010, 2011 e 2012 e, successivamente confermato anche dal Consiglio di Stato per tutti e tre gli anni. “Quelle sentenze – sottolineano gli studenti – confermavano un altro punto sostanziale, ossia che gli atenei non possono escludere dal conteggio del 20% la contribuzione degli studenti fuori corso”. Il governo Monti aveva modificato la normativa dopo il ricorso proposto nel 2010. Con il decreto Legge 95/2012, convertito con la Legge 135 del 7 agosto 2012, era stata infatti modificata la normativa sul 20%, introducendo la possibilità di escludere dal conteggio le tasse degli studenti fuori corso, secondo criteri da definirsi con un successivo decreto ministeriale. “Questo decreto – spiega l’Udu – non è mai uscito. Con la Legge di bilancio 2018, inoltre, è stata inserita una ulteriore tipologia di studenti che potrebbero essere estrapolati dal conteggio, ossia gli studenti internazionali. Riteniamo entrambe queste distinzioni fortemente discriminatorie e sbagliate e pensiamo possano sussistere anche elementi tali da renderle illegittime perché in contrasto con la nostra Costituzione”. Secondo Marchetti è inaccettabile “che il sottofinanziamento dell’università pubblica sia scaricato sulle spalle degli studenti, e che gli atenei decidano persino di ignorare quei limitati ed irrisori argini posti dalla legge a tutela degli studenti. È offensivo – conclude – verso gli studenti dichiarare, attraverso il bilancio di previsione, che l’ateneo non ha intenzione di rispettare la legge”.