Cinema

Festival di Berlino 2018, follia che passione. C’è anche Unsane il thriller di Steven Soderbergh girato con l’iPhone

Oltre all'opera del regista di Traffiic in concorso ci sono la commedia nera iraniana Khook (“Maiale”) di Mani Haghighi e il lunghissimo Mein Bruder heiBt Robert und ist ein Idiot (“Mio fratello si chiama Robert ed è un idiota”) firmato da Philip Groening

di Anna Maria Pasetti

Follia che passione. Il Festival di Berlino sembra celebrarla a giudicare dai film “tematicamente” appaiati seppur su generi e stili assai diversi. Ma il sovrano dei folli cantori odierni è indiscutibilmente lui, Steven Soderbergh, giunto alla kermesse con uno dei suoi lavori più “curiosi” giacché girato con l’iPhone. Unsane, forte di premesse, ha mantenuto le promesse essendo un thriller teso dall’inizio alla fine come la corda di uno Stradivari. In premiere mondiale fuori concorso, il film vede protagonista l’attrice inglese Claire Foy (la regina Elisabetta II di Crown) nei panni di una giovane alle prese con un nuovo lavoro avendo lasciato il precedente nonché la città natale per fuggire a uno stalker.

Sopraffatta dallo stress, Sawyer si rivolge a una clinica specializzata per iniziare una terapia di sostegno: peccato i membri dello staff la trattengano contro la sua volontà, internandola senza possibilità di replica. È questo l’inizio di un incubo che seguirà le trame di uno psico-thriller ad altissima tensione emotiva ma anche sociale e politica. Unsane pone al centro la problematica dell’ambiguità tra forme di psicosi e semplice nevrosi fin dal suo titolo ma soprattutto indaga con lucidità la pratica delle frodi ad opera di parecchie compagnie di assicurazione sanitaria americane: quanto più dura il ricovero tanto più l’assicurazione sborsa.

Una spirale di malvagità che rasenta la criminalità e che tuttavia non bastava al genio di Soderbergh per impreziosire questo ennesimo bellissimo film: ad aggiungersi infatti c’è la questione dello stalking, di quel filo sottile su cui funambolicamente si muove la fiducia in chi si dichiara vittima di questo reato. Peggio ancora se a denunciarsi “stalkerata” è una persona ricoverata in una clinica psichiatrica! Scacco matto e vittoria in tasca per il mitico filmmaker di Atlanta già da tempo idolo indefesso della cinefilia spinta che, navigando ancora fra gli orrori sanitari-ospedalieri (The Knick, Contagion), gli effetti psicotici (Effetti collaterali) e i reati e la corruzione del sistema (Erin Brocovich, Traffic) gode a mettere lo spettatore in un labirinto di inquietudini, fra un bosco e una stanza di colore blu per smarrire la propria anima. Unsane, girato con maestria “nonostante” la semplicità tecnologica, è un’opera splendidamente inquietante, di quelle che si vorrebbe tenere in tensione senza soluzione di continuità per quello squisito “piacere colpevole” di cui tutti siamo portatori. Uscirà anche in Italia, ed è giustamente vietato farne spoiler: pena il mancato godimento dei tanti colpi di scena.

Oltre ad Unsane la follia berlinale odierna si è caratterizzata per altri due film, entrambi concorrenti: la grottesca commedia nera iraniana Khook (“Maiale”) di Mani Haghighi alla sua seconda volta in concorso dove la censura di regime è “metaforizzata” dal taglio delle teste dei principali registi persiani, e il lunghissimo Mein Bruder heiBt Robert und ist ein Idiot (“Mio fratello si chiama Robert ed è un idiota”) firmato da Philip Groening. Quest’ultimo, con non poca presunzione, riassume tematiche e poetiche fra Nouvelle Vague (Jules et Jim in particolare) e il sadismo di Haneke di Funny Games mettendo al centro due gemelli di circa 20anni che maturano in alcuni giorni estivi un pericoloso “seme della follia”.

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