Noemi Durini era ancora viva quando è stata seppellita sotto un cumulo di pietre dal fidanzato. Lo ha stabilito la perizia voluta dalla procura per i Minorenni di Lecce per accertare la causa del decesso della 16enne di Specchia, in provincia di Lecce, il cui cadavere venne ritrovato nelle campagne salentine di Castrignano de’ Greci lo scorso 13 settembre. La giovane, scrive il medico legale Roberto Vaglio, è morta “per insufficienza respiratoria acuta conseguente ad asfissia da seppellimento mediante compressione del torace e dell’addome”.
Noemi era quindi in vita quando il suo assassino l’ha ricoperta con delle pietre di un muretto a secco ed è morta dopo una lenta agonia. L’esame ha infatti evidenziato che il fendente inferto con un coltello da cucina, la cui punta è stata rinvenuta conficcata nella nuca della vittima, non è stato letale, poiché la lama non è entrata nella scatola cranica. Vaglio ha rilevato inoltre un “trauma cranico commotivo cagionato dall’azione multipla di corpi contundenti inferti a mani nude e/o pietre ed arma da punta e taglio”.
Secondo il medico legale, inoltre, la presenza di tagli sull’avambraccio sinistro della ragazza dimostrerebbero il tentativo di Noemi di difendersi mentre le percosse al capo potrebbero aver prodotto “una commozione cerebrale” che l’aveva resa incosciente anche a causa di “una lesione laringea”.
Il suo fidanzato, quindi, stando al perito, l’ha picchiata, poi ferita e ne avrebbe quindi trascinato il corpo privo di coscienza nell’uliveto per circa 5 metri per poi seppellirlo. Il peso delle pietre avrebbe provocato quindi l’asfissia e l’insufficienza respiratoria.
Il ragazzo, 17 anni, aveva confessato poche ore dopo essere stato iscritto nel registro degli indagati per omicidio volontario. Noemi era scomparsa da Specchia il 3 settembre e gli inquirenti dopo dieci giorni di massimo riserbo sul destino della giovane, avevano messo alle strette il suo fidanzato, attualmente detenuto nel carcere minorile di Quartucciu, in provincia di Cagliari.