Politica

Palermo, qual è la cosa più inquietante del pestaggio del dirigente di Forza Nuova

Fino a ieri sera le uniche tangibili notizie su tale Massimo Ursino si potevano reperire solo sulle pagine della cronaca giudiziaria. L’Ansa lo ricorda, infatti, per il suo arresto nel 2006 per aver pestato e rapinato due cittadini originari del Bangladesh, come incriminato per un’altra aggressione a sfondo razziale nel 2005 e protagonista di numerosi atti di violenza verbale e non. Insomma il titolo, che oggi scopro, di coordinatore palermitano di Forza nuova acquisito sul campo.

Sempre relegato alla cronaca giudiziaria, quindi, e mai approdato sulle pagine della politica. Questo almeno fino alla serata di martedì 20 febbraio, quando un gruppetto di 6 o 5 persone decide in pieno centro di legarlo, buttarlo a terra e, con volto rigorosamente coperto, dare sfoggio della propria forza muscolare a suon di calci e pugni. Riuscendo a far diventare, quasi, vittima tale Ursino e costruendo la migliore propaganda per il tour elettorale di Roberto Fiore, leader di Forza Nuova, in Sicilia e a Palermo. Operazione talmente geniale da sembrare partorita dalla mente di un Fantozzi in preda al tafazzismo più spinto.

Ma non è solo questo aspetto a meritare una riflessione. Il cretinismo di alcuni è, dopo tutto, abbastanza noto. La cosa più inquietante è l’epos che si vuole dare, sempre che le “rivendicazioni” giunte alle redazioni dei giornali locali siano vere, alla spedizione punitiva. L’idea, cioè, che alla violenza fascista e ai rigurgiti, oramai direi qualcosa di più che semplici escrezioni visto il continuo apparire di fascisti conclamati o più o meno camuffati su tutti i mezzi di informazione, l’unica risposta sia una violenza uguale e contraria. Il terreno, per altro, più facile per forzanovisti e simili.

Parliamoci chiaro, la mia riflessione non è la solita manfrina mainstream su estremismi opposti  o fenomeni sottovalutati. Non penso che Forza Nuova e le altre organizzazioni neofasciste debbano avere spazio nel dibattito politico e democratico, penso che siano nemiche di chiunque ami la libertà e la democrazia a prescindere dallo schieramento politico. Penso che, per essere chiari, bene abbiano fatto organizzazioni e partiti a manifestare a Bologna, Napoli e ovunque contro le piazze concesse a questi odiatori di professione. Vale anche per Palermo, dove un ampio cartello di associazioni – Arci, Centro S. Chiara, Cobas, Anpi insieme a tantissimi singoli e singole – hanno scritto al Prefetto e al Questore per chiedere l’annullamento dei permessi per il comizio di Fiore nei prossimi giorni in città. Una richiesta che è un vero e proprio atto d’accusa nei confronti dell’organizzazione che, ricordiamo, può annoverare come ultime grandi imprese quella dello sparatore di Macerata e le simpatiche ronde anti migranti su alcuni autobus nel capoluogo siciliano.

Ed è quella la pratica politica che spaventa questi nostalgici di manganello e olio di ricino, quella che puntualmente prova a ricordare tutti i crimini, attuali e passati, di quell’ideologia criminale chiamata fascismo e che sul piano culturale prova a costruire spazi di resistenza. Anche occupando le piazze troppo facilmente concesse.

I pestaggi, invece, sono un balsamo. Soprattutto quando sono contornati, ed è un ulteriore tassello di questa storia triste, da riprese video per costruire un senso di eroismo dell’impresa. Che suona come una rappresaglia, un termine che si adatta bene ai nostalgici delle fucilazioni e impiccagioni di massa non certo a chi vuole ricordare cosa è stato il fascismo e quale pericolo corra un paese quando smarrisce la memoria di ciò che è stato. E a proposito di memoria, mentre scrivo queste due righe, mi torna vivido il ricordo di alcune chiacchierate con chi i fascisti li ha scacciati da questo paese e dalla storia. Chi aveva rischiato la pelle per impedire l’arrivo di un convoglio di repubblichini e aveva dovuto farlo sparando. E che parlando a noi, che avevamo meno di 20 anni, ricordava sempre come non c’era eroismo nell’imbracciare un fucile e non c’era gioia e risata quando si combatteva, perché la gioia della violenza – come la rappresaglia – sono cose da fascisti. Appunto.