In Campania la segretaria dei giovani si dimette in polemica con lo scandalo che ha coinvolto De Luca. In Sicilia nasce addirittura una corrente anti Nazareno. In Puglia occupano le sezioni. Comunque vadano le elezioni il prossimo 4 marzo, tra i dem la protesta contro il segretario è già cominciata. Una rivolta in piena regola pronta a deflagrare anche nel resto d'Italia nel day after delle politiche
A Napoli la segretaria dei giovani si è dimessa dopo l’esplosione del caso rifiuti che ha coinvolto direttamente il secondogenito di Vincenzo De Luca. “Non posso più avallare logiche che definirei ai limiti del banditismo“, si è sfogata. A Caltanissetta, invece, alcune sezioni hanno abbassato le saracinesche, in polemica con la ricandidatura – la terza – di Daniela Cardinale, figlia dell’ex ministro Totò. “Chiuso per dignità, senza padroni”, hanno scritto all’ingresso. A Taranto il circolo l’hanno occupato direttamente, per protestare contro le liste compilate a Roma e imposte alla base territoriale: “Federazione occupata. Non vogliamo i baresi candidati a Taranto”. Più o meno la stessa polemica sollevata a Bari, ma nei confronti di un’aspirante parlamentare che ha il difetto di essere nata a Foggia. Più netta la reazione provocata a Palermo dal triplice paracadute assicurato dal Nazareno a Maria Elena Boschi, imposta come capolista in ben tre collegi siciliani. Sull’isola hanno deciso che era il momento di reagire: e hanno creato una corrente che critica aspramente la linea di partito. Comunque vadano le elezioni il prossimo 4 marzo, nel Pd la protesta contro Matteo Renzi è già cominciata. Anzi, visti i toni, più che di protesta si può parlare di una rivolta in piena regola pronta a deflagrare anche nel resto d’Italia nel day after delle politiche. Soprattuto se i risultati confermeranno le previsioni dei sondaggi. Anche perché, spesso, a contestare il segretario non sono esponenti delle correnti estreme del partito: tutt’altro.
In Sicilia nascono i partigiani del Pd – Un esempio? Le parole di Antonio Rubino, storico responsabile dell’organizzazione del Pd in Sicilia. “Hanno trattato il Mezzogiorno come faceva la vecchia politica. Una sorte di palude nella quale nascondere operazioni nepotistiche e trasformistiche. Ma il Meridione, ancora una volta, si conferma anche luogo di passione e ribellione contro le prepotenze e questi movimenti lo stanno dimostrando”, dice al fattoquotidiano.it il dirigente dem, che con una carriera da funzionario d’ordine alle spalle non può certo essere considerato un barricadero massimalista. Le liste compilate al Nazareno per i collegi siciliani, però, avrebbero fatto venire i cinque minuti anche al più fedele dei militanti. Oltre alla triplice blindatura assicurata a Boschi, infatti, le liste dei dem sull’isola sono stati riempite da una serie di candidati con trascorsi politici nel centrodestra.
I renziani presentati in gelateria – C’è Nicola D’Agostino, ex capogruppo del Movimento per l’Autonomia di Raffaele Lombardo. E poi Valeria Sudano, che Totò Cuffaro definisce una “sua amica“. E gli immancabili “figli di“: l’erede dell’ex ministro Cardinale, che ormai da dieci anni ha ricevuto in dote dal padre il seggio al Parlamento. E Calogero Sodano, rampollo dell’ex sindaco di Agrigento, già senatore del centrodestra con un nutrito curriculum giudiziario. Insomma, davvero troppo. Rubino ed altri dirigenti, quindi, hanno deciso di varare una sorta di sciopero della militanza: hanno lasciato gli incarichi all’interno del partito, smettendo di fare campagna elettorale. Quindi hanno fondato un loro movimento: si chiamano Partigiani del Pd e da settimane non mancano di criticare la “gestione padronale” del partito condotta dal sottosegretario Davide Faraone sull’isola. Il risultato è che gli uomini di Renzi sono costretti a organizzare gli eventi elettorali in bar e gelaterie per evitare di presentarsi nei circoli dove le scelte romane hanno suscitato più di qualche maldipancia.
La guerra intestina pugliese – I nomi inseriti in lista, però, hanno sollevato proteste anche in Puglia, terra di Michele Emiliano. L’esclusione del deputato tarantino Ludovico Vico, per esempio, ha scatenato le proteste nel capoluogo jonico, dove invece è stato imposto come capolista Ubaldo Pagano, segretario provinciale di Bari, vicino al governatore. I tarantini non ci hanno visto più e hanno occupato la sede del partito. Si sono fermati a una lettera di protesta, invece i militanti di Bari nord, che dovranno votare la foggiana Colomba Mongiello, anche lei esponente dell’area Emiliano e per questo preferita a Liliana Ventricelli, che invece è considerata espressione del territorio. Insomma in Puglia è il campanilismo la benzina della feroce guerra intestina tutta interna ai dem.
“Clientele e familismo”. E a Napoli la segretaria dei giovani lascia –Diversi i motivi che hanno portato Francesca Scarpato a dimettersi da segretario dei giovani democratici in Campania. Scarpato ha detto addio nei giorni successivi all’esplosione della doppia inchiesta sui rifiuti: quella giornalistica di Fanpage e quella giudiziaria della procura di Napoli. In entrambe è coinvolto Roberto De Luca, indagato per corruzione e ormai ex assessore al Bilancio del comune di Salerno dopo le dimissioni formalizzate nelle ultime ore. È il secondogenito del potentissimo governatore della Campania, che ha ottenuto da Renzi la candidatura blindata alla Camera per l’altro figlio, il maggiore Piero. “Ci siamo stancati di prendere schiaffi per strada appena spunta fuori che siamo del Pd. Abbiamo creduto nella rottamazione di un modo di pensare e di intendere il partito. E invece ci ritroviamo a parlare di clientele, di micronotabilato, di capibastone“, si lamenta Scarpato motivando le sue dimissioni con Repubblica. Perché ha lasciato solo ora? “Era inevitabile, alla luce delle scelte compiute sulla composizione delle liste, sulla scelta della classe dirigente. Sul familismo. Intendiamoci: io credo che il figlio di un politico possa fare politica, purché abbia fatto la gavetta. E l’ ultima vicenda di cronaca induce una domanda: a che titolo Roberto De Luca parla delle ecoballe?”, si chiede l’ex segretaria dei giovani dem, riferendosi al video in cui il figlio del governatore discute di rifiuti con l’ex boss di camorra, Nunzio Perrella.
C’è l’uomo delle fritture. E Renzi invita a turarsi il naso – Senza considerare che sempre in Campania, il Pd ha candidato Franco Alfieri, l’uomo delle fritture di pesce passato alla storia perché venne definitivo dallo stesso governatore come “notoriamente clientelare” ai tempi della campagna elettorale per il referendum costituzionale. Una candidatura che non è piaciuta ad Antonio Vassallo: il figlio di Angelo, l’ex sindaco di Pollica ucciso dalla camorra, aveva addirittura chiesto al partito di non usare più il nome di suo padre. Ed è forse pensando ad Alfieri che Renzi in persona era arrivato a citare Indro Montanelli: “Turatevi il naso e votate Pd. Ma in molti casi non c’è neanche bisogno di turarsi il naso, perché i candidati sono ottimi”, ha detto il segretario dei dem in un’intervista al Mattino. Ammettendo in questo modo che il suo partito qualche cattivo odore deve pur emanarlo se per sbarrarne il simbolo sulla scheda occorre chiudersi le narici con pollice e indice.
La linea del dissenso – L’impressione, però, è che proprio nel Sud Italia, gli storici elettori del Pd di turarsi il naso si siano stufati. E l’idea di votare chiudendo un occhio – o in certi casi pure due – cominci a non piacere neanche nelle regioni più a Nord. In Emilia Romagna, per esempio, dove gli storici elettori del Pds e del Pci segnando il simbolo dei dem eleggeranno Pierferdinando Casini al Senato. In pratica la quintessenza della Dc con un robusto passato al fianco di Silvio Berlusconi: quasi un’offesa per chi è cresciuto a colpi di feste dell’Unità aperte da Togliatti e Berlinguer. “Nel Centro Nord sono più composti. A differenza del Sud sono meno rumorosi e rissosi. Soprattutto nelle Regioni rosse sono più affezionati al concetto di partiton per questo al momento i maldipancia sono solo sotterranei”, spiega un dirigente dei dem. “In Emilia e Toscana, ma pure in Lombardia – continua la stessa fonte – parleranno ufficialmente solo dopo le elezioni. Ma è probabile che si facciano sentire pure il giorno del voto con la scheda che depositeranno nell’urna”. Insomma, nel Pd la ribellione anti Renzi rischia di essere come la Linea della Palma di Leonardo Sciascia: “Sale come l’ago di mercurio di un termometro, questa linea della palma, del caffè forte, degli scandali: su su per l’Italia, ed è già, oltre Roma“. Di sicuro è appena passata da Napoli.