Oltre 100 morti. Sono i civili che secondo il partito turco filo-curdo Hdp sono morti dall’inizio dell’operazione “Ramoscello d’ulivo” lanciata dalle Forze Armate turche il 20 gennaio ad Afrin. Dall’inizio dell’offensiva turca contro l’enclave curdo-siriana al confine tra Turchia e Siria “sono stati uccisi più di cento civili”, ha detto la nuova co-leader dell’Hdp in Turchia, Pervin Buldan. “Abbiamo molte foto che documentano le vittime civili. Non è facile fornire cifre esatte, ma dalle nostre fonti sappiamo che ci sono più di 100 civili uccisi”, ha spiegato Buldan.
Le affermazioni della Buldan contrastano con quanto sostenuto dal vice primo ministro turco Bekir Bozdag, che in un’intervista all’agenzia Anadolu ha dichiarato che se il regime di Bashar Al Assad entrasse ad Afrin diventerebbe un obiettivo dell’esercito turco. Il vice premier turco ha quindi avvertito che chiunque sostenga le Unità di protezione del popolo curdo (Ypg), compresi gli Stati Uniti, dovranno fare i conti con la Turchia.
Secondo lo Stato maggiore di Ankara, sono 1.829 i militanti ”neutralizzati” nella regione di Afrin dall’inizio delle operazioni, il cui obiettivo è quello di eliminare la minaccia posta dallo Stato Islamico e dai militanti delle Unità di protezione del popolo curdo (Ypg) che Ankara ritiene un’organizzazione terroristica alla stregua del Pkk.
Intanto secondo il giornale siriano al-Watan, vicino al regime di Damasco, un nuovo gruppo di combattenti fedeli ad Assad è arrivato nelle ultime ore nella regione. Secondo al-Watan, “in totale sono più di 500” i miliziani delle cosiddette “forze popolari” dispiegati nell’area, “combattenti ben addestrati, che hanno già combattuto varie battaglie” e che sono dotati di “armi leggere e medie”. Al-Watan precisa che sono in tutto tre i gruppi di miliziani filo-Assad che hanno raggiunto la regione, da quando martedì sono stati dispiegati i primi due ‘battaglionì. L’obiettivo è “far fronte all’aggressione del regime turco nella regione”.