“Spera ancora nella Corte di Strasburgo per poter tornare candidabile? “Me ne frego“. È la risposta fornita da Silvio Berlusconi alle domande dei giornalisti mentre stava lasciando la sede all’Ance a Roma. Un’esclamazione che rievoca il “me ne frego” di mussoliniana memoria, accompagnata dal tipico gesto della mano che passa sotto il mento con il dorso verso l’interlocutore. D’altra parte che l’ex premier non avesse un buon rapporto con le sentenze della magistratura è cosa nota da almeno un ventennio. Il particolare inedito, però, è che il pregiudicato e incandidabile ha deciso per la prima volta di liquidare in questo modo il suo ricorso pendente davanti alla Corte europea dei diritti umani. Uno snodo fondamentale per la sua situazione giuridica quello di Strasburgo: una sentenza favorevole della Cedu, infatti, è l’unica opzione che potrebbe permettere a Berlusconi di tornare a guidare un governo.
“Se arrivasse da Strasburgo una sentenza che cassi la decisione del Senato non potrei tirarmi indietro e andrei a Palazzo Chigi“, ha detto più volte nelle ultime settimane l’ex cavaliere, incandidabile fino al 2019 per effetto della legge Severino dopo la condanna per frode fiscale e l’espulsione da Palazzo Madama nel 2013. Per cercare di tornare in campo, l’ex premier aveva tentato la carta europea. Era il 22 novembre scorso quando a Strasburgo, davanti alla Cedu è stato discusso il ricorso del leader di Forza Italia. I giudici della Grande Camera – la corte chiamata ad esprimersi per i casi più rilevanti in cui si potrebbero prendere decisioni in contrasto con sentenze passate – chiesero conto ai rappresentanti del governo italiano sulle “discrepanze” tra il caso di Berlusconi e quello di Augusto Minzolini, salvato dalla decandenza dal voto di Palazzo Madama nonostante fosse condannato per peculato. È proprio il caso del direttore del Tg1 il grimaldello che per i legali del leader di Forza Italia potrebbe convincere i giudici della Cedu ad emettere una sentenza favorevole nei confronti dell’ex premier. In verità a favore di Berlusconi potrebbe giocare anche una precedente sentenza della Corte europea dei diritti umani sul caso Grande Stevens, che aveva esteso il principio giuridico del “ne bis in idem” (che prevede che non si possa essere condannati due volte per lo stesso fatto), sinora limitato alle sanzioni penali, anche alle pene amministrative.
La corte di Strasburgo aveva stabilito che, istruendo un processo penale contro Franzo Grande Stevens e Gianluigi Gabetti per Ifil-Exor (poi conclusosi con l’assoluzione), l’Italia aveva commesso un abuso, perché i due erano già stati condannati in via amministrativa dopo una procedura promossa dalla Consob, l’organo di vigilanza della Borsa. Di qui, per Strasburgo, la violazione dell’articolo 4 del protocollo 7 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che stabilisce che non si può essere giudicati e puniti due volte per lo stesso reato. “Il governo italiano ha rispettato la Convenzione dei diritti dell’uomo, nessuna violazione può essergli attribuita. Il diritto è stato scrupolosamente rispettato”, era stata però la difesa Maria Giuliana Civinini, rappresentante del governo italiano.
Sulla base di queste posizioni, dunque, Strasburgo dovrà valutare se annullare o meno l’incandidabilità di Berlusconi. La sentenza della Cedu, però, arriverà con molta probabilità solo dopo il voto del 4 marzo. Solitamente, infatti, i giudici europei impiegano tra i 6 e i 9 mesi per pubblicare la loro sentenza. Berlusconi, in ogni caso, non sembra avere ansie. D’altra parte guida nei fatti il centrodestra. Anche se è incandidabile e pregiudicato.