Società

‘Game over, ora mi serve il vostro tifo’. Lettera da un amico malato di cancro

F. è un mio carissimo amico e quello che segue è uno dei suoi lunghi messaggi ricevuti via Whatsapp. Ho deciso di condividerlo attraverso questo post per dare spazio ai suoi pensieri – naturalmente solo dopo avergli chiesto l’autorizzazione – perché per me il suo messaggio è stato un grande dono, nonostante mi abbia causato immenso dolore, e perché credo che le sue parole abbiano qualcosa da dire a tutti, anche se f. le ha pensate per una stretta e intima cerchia di persone.  

Ditemi voi se la vulnerabilità di f. non è anche un atto di sensibilità, altruismo, empatia e coraggio. E soprattutto se non ha tanto da dirci.

Ditemi voi se quello di f. non è un invito a tutti a vivere pienamente

P.S. Ometto il nome per esteso perché f. preferisce così. Mi ha chiesto di usare solo l’iniziale e preferibilmente minuscola. 

 

Carissimissimi,

Vi devo un onco-aggiornamento. Arrivo un po’ tardi, ma è stata una giornatina intensa.

Le notizie non sono buone, ahimè. Faccio una premessa, sapendo di chiedere uno sforzo a qualcuno, che magari fa un po’ di fatica con ‘ste robe; si tratta di uno scritto di David Maria Turoldo che, come forse non tutti sanno, è morto di tumore. A me aiuta molto ogni volta che lo rileggo. Come oggi. Anche se in certi momenti lo sento “forte”. Come oggi. Mi dà forza l’idea di condividerlo con voi: descrive bene, come non riuscirei a fare con parole mie, buona parte del mio stato d’animo.

“Io non prego perché Dio intervenga. Chiedo la forza di capire, di accettare, di sperare. Io prego perché Dio mi dia la forza di sopportare il dolore e di far fronte anche alla morte con la stessa forza di Cristo. Io non prego perché cambi Dio, io prego per caricarmi di Dio e possibilmente cambiare io stesso, cioè noi, tutti insieme, le cose. Egli non può e non deve intervenire. Diversamente, se potendo non intervenisse, sarebbe un Dio che si diverte davanti a troppe sofferenze incredibili e inammissibili. Ecco perché, come dicevo prima, il dramma della malattia, della sofferenza e della morte è anche il dramma di Dio”. 

Oggi, come forse qualcuno non sa o non ricorda – ci mancherebbe! – abbiamo visto con la mia oncologa preferita la nuova Tac e fatto il punto della situazione. Facendola brevissima, e quindi parlando duro, le parole sono due: game over!

Si volta pagina, passando dalle cure per guarire, che abbiamo esaurito, alle cure palliative, che ho iniziato questa sera.

Fondamentalmente, si tratta di attaccarsi con le unghie e con i denti (che mi si disfano… porca troia!) alla vita, cercando di guadagnare più tempo possibile, per godersi il bello e andar “nei boschi perché volevo vivere con saggezza e in profondità e succhiare tutto il midollo della vita, sbaragliare tutto ciò che non era vita e non scoprire in punto di morte che non ero vissuto”. Tanto per citare il professor Keating o meglio ancora H.D. Thoreau.

La situazione specifica è questa: il fegato è quasi completamente metastatizzato e i gonfiori ai piedi, che mi perseguitano da un paio di mesi, ormai han preso le cosce e quel che è peggio anche il peritoneo nell’addome; verosimilmente andando a veicolare altre cellule tumorali.

NON sono possibili radioterapie o simili sul fegato.
NON sono in grado di sopportare interventi, o peggio ancora trapianti.
NON è quantificabile quanto tempo mi rimane: più rinforzo complessivamente il corpo, è questa una funzione delle cure palliative, più mi aiuto a resistere, e forse addirittura a riprendere una blanda cura oncologica che potrebbe ‘tener a bada’ il ballrogg senza stroncare me. Il ballrogg è il tumore, per chi non ha familiarità col Signore degli Anelli, ovvero il mio gentil ospite.

Da oggi in poi, avrò bisogno più che mai del vostro tifo, della vostra presenza, energia, vicinanza, “ostianza”, “brindisanza”, o quant’altro desideriate. Così come ciascuno di voi ha fatto a suo modo – e che per me è stato comunque prezioso – in questi anni.

Grazie, grazie, grazie. Davvero. E già ci siamo: Grazia, Graziella e Grazie al cazzo. Che sono anni che mi accompagnano e mi fanno sempre sorridere, anche ora.

Vorrei chiedervi ancora una cosa: nessuno si senta impedito, ma neanche obbligato, dal passare a trovarmi, chiamarmi, scrivermi, o dal dimostrarmi un’altra forma di vicinanza o anche di chiarimento che più gli aggrada. Ma, al contempo, vi chiederei di accogliere anche i miei momenti di non risposta o di temporanea indisponibilità.

Ciao a tutti e grazie ancora.

f.