Tanti soldi quelli che la multinazionale svizzera sta stanziando per formare gli studenti salentini e per finanziare le associazioni. Un’operazione “vergognosa” secondo il governatore pugliese. Ma nessuno frena più l’azienda. Si prepara il ricorso contro la Banca Europea degli Investimenti
In principio furono gli sponsor per le feste patronali, poi i gratta e vinci per gadget da spiaggia, ora i master gratuiti all’estero per formare i giovani “a promuovere il territorio”. Ed è polemica, un’altra volta. Tap, la multinazionale svizzera che in provincia di Lecce sta costruendo il gasdotto della discordia, le aveva presentate a Roma, a novembre, le “proposte di investimento per il Salento e la Puglia”. Il suo programma va avanti, dentro e fuori il cantiere blindato di Melendugno, noncurante della variegata e ferrea contestazione locale e di quella politica che, ora, da Silvio Berlusconi a Massimo D’Alema, in piena campagna elettorale, si dichiara unanimemente contraria al metanodotto sulla spiaggia di San Foca.
Tap fa tutto quello che ha in mente di fare. Compreso il finanziamento alla formazione dei giovani. È un tentativo per carpire il consenso, rimarca una volta di più il governatore pugliese Michele Emiliano. Il master sul turismo è solo l’ultimo capitolo dello scontro. Stando all’annuncio, “Tap mette a disposizione 35 borse di studio, a totale copertura del master. Coprono anche le spese di vitto, alloggio e trasferimenti. Sarà inoltre riconosciuto un rimborso spese per tutta la durata dello stage. Mille le ore di formazione, distribuite nell’arco di sette mesi. Nello specifico, una parte dell’attività didattica si svolgerà a Londra, dove gli studenti seguiranno, tra l’altro, un corso di inglese turistico”. Una mossa “vergognosa”, l’ha bollata Emiliano, per “comprare il consenso dei pugliesi, pensando in tal modo che dimenticheremo i danni che faranno al nostro turismo facendo passare un gasdotto sotto i bagnanti di una delle più belle e affollate spiagge della provincia di Lecce, incuranti dei pericoli derivanti alle persone anche a causa della mancata applicazione della direttiva Seveso che è stata ritenuta superflua”. E ha rincarato la dose: “Mi auguro che nessun giovane salentino aderisca a questa offerta tradendo la sua terra e soprattutto che nessun operatore turistico intenda assumere coloro che parteciperanno a queste iniziative di formazione. Per un pugliese parteciparvi sarebbe un disonore ed un tradimento inaccettabile”. Toni che non sono piaciuti ai suoi stessi alleati del centrosinistra, come quelli di +Europa.
Quisquilie per la multinazionale, che tira dritto. Il 15 febbraio scorso, a Baku, in Azerbaijan, il managing director Luca Schieppati ha rimarcato che i due terzi dell’opera sono completati e l’entrata in funzione è fissata per gli inizi del 2020. Il gasdotto “è strategico e ormai non si può bloccare. L’Europa non intende rinunciarvi”, ha detto qualche giorno fa anche Maros Sefcovic, vicepresidente e commissario europeo per l’Unione energetica. Poco prima, il 6 febbraio, la Bei ha approvato il maxiprestito da 1,5 miliardi di euro a Tap. L’opposizione del territorio c’è persino su questo fronte: Michele Carducci, docente di Diritto Costituzionale nell’ateneo leccese, sta preparando gli atti di impugnazione conseguenti alla decisione della Banca Europea degli Investimenti, dopo un primo atto depositato da uno studio legale di Strasburgo. Da un mese e mezzo, poi, si attende lo sblocco dell’inchiesta della Procura di Lecce, riaperta dopo l’archiviazione di un anno fa: il gip Cinzia Vergine non si è ancora espressa sulla richiesta di incidente probatorio per eseguire una perizia tecnica che accerti, senza equivoci, se il metanodotto debba essere o meno sottoposto a nuova valutazione di impatto ambientale e alle direttive Seveso per la presunta pericolosità. I sit in di sollecito davanti al Tribunale, per ora, sono messaggi lanciati nel vuoto.
I lavori vanno avanti a ritmo battente, con un cantiere militarizzato giorno e notte. I parapiglia con gli attivisti non mancano, con denunce incrociate tra manifestanti e polizia su violenze da entrambe le parti. A Melendugno, questo rischia di diventare la normalità. Tap si sfila da questo terreno per cercare sponda altrove, drenando centinaia di migliaia di euro verso iniziative di vario tipo. Se sia un modo per addolcire la contestazione, per “risarcire” il territorio, per investire nella terra su cui dovrà restare per cinquant’anni o se è tutto questo insieme lo si saprà con certezza, probabilmente, soltanto a cantiere chiuso. Le operazioni finanziate ad oggi sono diverse: oltre al master, Tap Academy ha già curato due edizioni di corsi di formazione in inglese, informatica e social media marketing e ha rilanciato con i corsi gratuiti di preparazione per l’esame di guida turistica, di specializzazione per receptionist d’albergo e per web developer.
A dicembre, la società ha scucito 400mila euro di contributi, elargiti a nove associazioni (trenta quelle che si sono proposte) per progetti di protezione civile, beni culturali, teatro, rugby, mobilità dolce, sanità. 200mila euro il budget della prima tornata del bando, nel 2017. Poi c’è “Mena”, il corso dedicato ai ristoratori locali; è stato finanziato lo studio sui rifiuti marini spiaggiati redatto dal Consorzio Nazionale Interuniversitario per le Scienze del mare. In calendario, ancora, il “Management Acceleration Program”, per un tirocinio per 50 laureati nelle aziende azioniste di Tap; la “Formazione ad alta energia” per 15 neolaureati da preparare nel settore oil&gas; l’alternanza scuola/lavoro con quattro istituti. Sul piatto, stando alle proposte sviscerate a Palazzo Chigi, ci sono tra le 500 e 650 persone da assumere a livello locale nella fase di cantiere, 40 in fase operativa; c’è il “centro di eccellenza mondiale per la decarbonizzazione” proposto da Snam; anche “almeno 20 nuovi distributori di gas naturale compresso”. Tanti soldi. I sindaci leccesi si sono già spaccati. Una fetta della popolazione resiste.