Chi tutti i giorni indaga sui crimini ambientali, l’ha soprannominata una “nuova Terra dei fuochi”. Al capo opposto dell’Italia rispetto a quella più nota della Campania, Brescia è altrettanto martoriata: nella provincia ci sono quasi mille impianti di trattamento e smaltimento rifiuti, molte discariche anche abusive e centinaia di aree da bonificare che richiedono un presidio costante da parte delle istituzioni. Presidio però che adesso, a ridosso delle elezioni, si è in pochi mesi molto indebolito. Da una parte, infatti, il pm della Dda bresciana Sandro Raimondi è pronto a lasciare a seguito della promozione a procuratore capo di Trento, e la sua squadra specializzata in rifiuti risulta già smantellata. Dall’altra, la direttrice dell’Arpa di Brescia e Mantova Maria Luisa Pastore a un mese dal voto è stata spostata, con dieci mesi di anticipo rispetto alla fine del contratto.
Una nuova “Terra dei fuochi”
Nel Bresciano ci sono 880 impianti che trattano e smaltiscono rifiuti, le discariche comprese quelle chiuse sono 120. I siti interessati da un processo di bonifica, incluse anche aree piccole e a minore contaminazione, sono in tutto circa 500. Il più noto è quello contaminato da Pcb dell’azienda chimica Caffaro. Lo stato di salute della popolazione non è buono: secondo l’ultimo rapporto Sentieri, a Brescia “in entrambi i generi si osservano eccessi (uomini più 10 per cento, donne più 14 per cento) in tutti i tumori e dei tumori epatici, laringei, renali e tiroidei”. Per tre tipi di cancro direttamente riconducibili a Pcb e diossine, si osserva addirittura una diffusione sopra la media: i melanomi cutanei (uomini più 27 per cento, donne più 19 per cento), i linfomi non-Hodgkin (uomini più 14 per cento, donne più 25 per cento) e i tumori della mammella (donne più 25 per cento).
E l’area appare come una bomba ecologica pronta a esplodere anche se la si guarda dalle aule giudiziarie: una delle inchieste più importanti dell’anno scorso, condotta dai Noe di Milano con il procuratore aggiunto Raimondi, ha rivelato un’inversione di rotta del traffico di rifiuti. Dal Sud, la terra dei fuochi per eccellenza, alla nuova terra dei fuochi nel Nord Italia, Brescia compresa. Tra i 26 indagati (ancora si attende il rinvio a giudizio) figurano anche alcuni dipendenti di grosse multiutility, come Hera Ambiente e A2A Ambiente. Sarà la principale inchiesta sui rifiuti che rimarrà aperta a Brescia dopo l’addio di Raimondi: già passata una volta di mano dai procuratori Silvia Bonardi e Francesco Piantoni, continuerà il suo percorso un po’ accidentato con il prossimo pm.
Dai rifiuti di nuovo ai furti di rame
L’annuncio della promozione a procuratore capo di Trento è arrivata a inizio anno. Considerato da molti vicino al centrodestra, Raimondi era arrivato a Brescia nel 2010 e ha seguito molte inchieste sulla gestione e il traffico illecito di rifiuti. Aveva dato vita a una squadra di sua collaborazione diretta: due ufficiali di polizia giudiziaria che rimarranno in procura occupandosi di altro e due uomini della Polizia ferroviaria con esperienza nei rifiuti. “Nonostante il trasferimento del procuratore Raimondi sia ufficiale da oltre un mese, ancora non si conoscono le sorti della sua squadra di funzionari esperti in tematiche e reati ambientali. Ci auguriamo che queste competenze non vadano disperse”, dice a ilfatto.it Imma Lascialfari, presidente del Coordinamento comitati ambientalisti della Lombardia. Ma i due uomini della Polfer sono già stati richiamati sui binari: nonostante l’esperienza accumulata in una delle aree più critiche d’Italia per la gestione dei rifiuti, torneranno probabilmente a occuparsi di furti di rame sulle linee ferroviarie.
Il trasferimento a un mese dal voto
Al vuoto che si è venuto a creare in Procura corrisponde, in maniera speculare, la poltrona già mezza vuota della direttrice di Arpa Brescia e Mantova Maria Luisa Pastore. Spostata dal 5 febbraio, a quattro settimane esatte dalle elezioni e dieci mesi prima della fine del suo incarico, a capo del settore Tutela dai rischi naturali, la Pastore è adesso costretta a dividersi tra i due incarichi. Il trasferimento, fatto “in base al principio di rotazione” come chiarisce il comunicato ufficiale, è scattato mentre la procedura per nominare il suo successore era ancora aperta, e dovrebbe concludersi “entro fine mese”. Una serie di circostanze che il Coordinamento ambientalista considera “anomale”. “Una mossa fatta in fretta e furia nell’ultimo mese di legislatura necessita secondo noi di doverose spiegazioni. Vorremmo capire se si tratta davvero di una promozione e se è previsto ufficialmente un periodo di affiancamento tra Maria Luisa Pastore e il suo successore, vista la complessità della situazione bresciana”, prosegue la presidente del coordinamento Imma Lascialfari.
Contattata da ilfatto.it, Maria Luisa Pastore ammette di lasciare Brescia “con un po’ di amarezza per l’affezione alle persone e agli argomenti trattati”, ma cerca di minimizzare: “La rotazione è una regola prevista anche dalle nostre regole anticorruzione e il mio incarico sarebbe comunque terminato a fine anno. Da parte mia, sono assolutamente disponibile per un passaggio di consegne”. In attesa del nome, si può provare a stilare una lista delle questioni di cui dovrà occuparsi il nuovo direttore, molte e molto spinose. “Ci sono i controlli da eseguire con continuità sugli stabilimenti industriali, e rimangono aperti numerosi procedimenti di bonifica. Quello che desta maggiori preoccupazioni riguarda l’area Caffaro”, dice a ilfatto.it la Pastore. Non è l’unico progetto critico: “Sono poi in corso attività di caratterizzazione per la bonifica della discarica di Passirano, delle acque della falda Baratti-Inselvini contaminate da cromo e della ex Stefana di Ospitaletto. Presto poi partiranno i lavori per l’alta velocità Brescia-Verona: anche in quell’area sono state individuate aree potenzialmente inquinate che necessitano di bonifica e ci sarà il problema di valutare la gestione delle terre e rocce da scavo”.