L'azienda ha incassato cinque milioni a fondo perduto dall’allora ministero delle Attività produttive e quasi otto milioni di euro dalla Regione Piemonte. Nel 2005 è partita la cassa integrazione straordinaria a patto che nessun dipendente fosse cacciato fino al 2011. Nel 2014 chiesti altri fondi per la reindustrializzazione. E la giunta Cota si era impegnata a trovare 2 milioni
Una iniezione di denaro pubblico aveva salvato Embraco dalla chiusura tra il 2004 e il 2005. Cinque milioni a fondo perduto dall’allora ministero delle Attività produttive e quasi otto milioni di euro dalla Regione Piemonte per l’acquisto dello stabilimento di Riva di Chieri avevano dato ossigeno all’azienda del gruppo Whirlpool, nata da una società – la Aspera – fondata dalla famiglia Agnelli nel 1967, passata poi alla Zanussi e infine alla Whirlpool. In questi giorni di lotte dei lavoratori contro la delocalizzazione nell’Est Europa, molti chiedono che l’azienda restituisca quel denaro.
La vicenda comincia nel 2004. Il 15 novembre la società aveva comunicato all’Unione industriale di Torino e ai sindacati una situazione difficoltà provocata anche dalla “concorrenza sempre più agguerrita dei competitor europei che, nella loro politica di globalizzazione, hanno aperto nuovi insediamenti produttivi in paesi a basso costo di manodopera e dei concorrenti extraeuropei che stanno attuando politiche commerciali sempre più aggressive”, si legge in una relazione della Regione Piemonte. Si producevano insomma più elettrodomestici di quanti ne fossero richiesti e i prezzi erano calati, mentre il costo delle materie prime aumentava. Embraco voleva cessare l’attività e mettere in mobilità tutto il personale, 812 addetti alla produzione, all’amministrazione e alla segreteria.
Pochi mesi dopo, nel 2005, al ministero delle Attività produttive si trova una soluzione: viene firmata un’intesa per “l’attivazione degli strumenti finanziari idonei alla realizzazione di nuove soluzioni produttive e occupazionali”. Partirà la cassa integrazione straordinaria a patto che nessun dipendente venga cacciato fino al 2011. Il 28 luglio, poi, la Regione Piemonte annuncia di aver firmato un accordo per la salvaguardia dell’insediamento produttivo Embraco di Riva di Chieri. L’amministrazione guidata da Mercedes Bresso si impegna a stanziare, tramite la sua finanziaria Finpiemonte o delle controllate, 12,7 milioni di euro.
Cinque milioni sono l’anticipazione dell’importo stanziato a fondo perduto dal ministero delle Attività Produttive. La parte rimanente, circa 7,7 milioni di euro, serve a rilevare e ristrutturare lo stabilimento di Riva di Chieri, ma anche a “favorire l’insediamento di nuove attività industriali ed economiche”, si legge nei documenti della Regione Piemonte. In sostanza la Regione, tramite la sua società finanziaria, diventa proprietaria dello stabilimento (25.600 metri quadri di superficie coperta e 30mila di aree esterne) in cambio di quasi otto milioni di euro che permettono all’azienda di respirare un po’. L’azienda, intanto, mantiene gli impegni presi con le istituzioni italiane.
Passano dieci anni, siamo nel 2014 e al governo regionale c’è il leghista Roberto Cota. Finpiemonte ha già ceduto circa il 70 per cento delle superfici a due imprese industriali. In quel periodo Embraco sembra essersi risollevata: occupa 593 addetti (di cui circa 110 in cassa integrazione), è in concorrenza con altri stabilimenti del gruppo Whirlpool, sta per attirare 15 milioni di euro dalla casa madre ma chiede altri fondi per la reindustrializzazione. Cota si impegna a reperire 2 milioni di euro a sostegno degli investimenti e per ammodernare lo stabilimento. Quella pratica, però, va avanti con molta lentezza: “Per ragioni di natura burocratica si è chiusa quando ormai era scoppiata la vertenza – spiega l’assessore alle attività produttive Giuseppina De Santis -. A quel punto non avevamo più il motivo di erogare quei fondi che la società aveva già rendicontato”. E forse non verranno mai stanziati.