OMICIDIO AL CAIRO di Tarik Saleh. Con Fares Fares, Mari Malek, Yasser Ali Maher. Francia/Danimarca/Svezia/Germania 2017. Durata: 106’ Voto: 4/5 (DT)
Il Cairo, Egitto, 2011. Nei giorni immediatamente precedenti le rivolte della primavera araba in Piazza Tahrir. Nouredin, un corrotto maggiore della polizia protetto dall’altrettanto corrotto zio suo comandante, indaga sull’omicidio di una affascinante cantante avvenuto nel prestigioso hotel Hilton. Le indagini portano ad un ricco industriale che gode dell’immunità in quanto membro del Parlamento e amico dell’allora presidente Mubarak. Ma l’intreccio marcito tra potere politico in dissoluzione, sanguinari servizi segreti e poliziotti che si comprano con valigette di quattrini, porta verso un omertoso insabbiamento. Intanto la protesta popolare monta tra le vie della città e una cameriera dell’Hilton immigrata sudanese sembra aver visto l’assassino. Fulminante e tesissimo polar in terra egiziana con al centro un monumentale duro come Fares Fares tutto bustarelle, brillantina, sigaretta in bocca, giubbotto in pelle, ma che possiede un cuore tenero ed è capace di uno slancio morale. Fine scrittura ad incastro per la trama gialla, regia abilissima nel modulare momenti di transizione in esterni e implosioni tragiche e violente in interni, in Omicidio al Cairo conta comunque molto il palpabile disfacimento del contesto sociale e urbano che crolla attorno alle oramai risicate certezze del classico noir fatto di corruzione, sesso e sangue. Quattro, cinque, sei almeno, le sequenze da ricordare. Su tutte l’abbordaggio di Nouredin da parte dell’amica della vittima in un night, quattro minuti che sembrano precipitati per consistenza e fascino direttamente da un polar francese anni sessanta. Tratto da una storia vera: l’omicidio della popstar Suzanne Tamim.