In questi anni di crisi, i poveri sono triplicati: 8 milioni e mezzo in povertà relativa, 4,7 milioni in povertà assoluta. La ricchezza è andata però crescendo, nel mondo come in Italia. È finita tutta nelle tasche dei pochi ricchi, triplicati anche loro. L’82 per cento della ricchezza prodotta nell’ultimo anno grazie al lavoro dei lavoratori è finita nelle tasche dell’uno per cento più ricco della popolazione. Come è stato possibile? Attraverso le leggi che hanno legalizzato questa rapina: le rifome di Austerity che “ce le chiede le Europa” e che centrodestradestra e centrosinistra hanno votato in ossequio ai trattati europei e alle indicazioni del Fondo monetario internazionale, della Banca centrale europea, di Confindustria. Esternalizzazioni, privatizzazioni, tagli, aumento della flessibilità del lavoro e dell’età pensionabile.

L’accelerazione è arrivata nel 2011. Da autrice satirica, non potevo che appassionarmi alla paradossale vicenda di quei giorni. Caduto Berlusconi, eravamo tutti desiderosi di andare a votare ma Giorgio Napolitano decise che no: non si poteva andare a votare perché c’era lo spread a quota 500. Non si parlava di altro. Sui grandi giornali, eh! In autubus o in fabbrica, dove Napolitano non metteva piede, la discussiono tra Napolitano e il resto del mondo sarebbe stata:

“Il che?”
“Lo spread!”
“Sarebbe tipo la disoccupazione?”
“Peggio!”
“Il livelo di polveri sottili nell’aria?!”
“Peggio!”
“Il tasso di mortalità?”
“Peggio! Il differenziale tra il rendimento dei titoli italiani e quelli tedeschi!”
“Eh?”

C’era la crisi economica, eravamo sotto attacco degli speculatori internazionali, delle banche d’affari e della Goldaman Sachs e per difenderci da questo attacco conveniva rimandare le elezioni e affidarci a Mario Monti che era un uomo della Goldman Sachs. “Mi scusi signor Giorgio, è, forse non ci arrivo io: ma è sicuro così usciremo dalla crisi economica? Cioè, se come dice lei siamo sotto l’attacco degli speculatori internazionali, delle banche d’affari, della Goldman Sachs, perché per difenderci ci affidiamo a uno della Goldman Sachs?!”

Proviamo con l’omeopatia”.

Passano in poche settimane le leggi per aumentare l’età pensionabile, le leggi per legalizzare lo sfruttamento delle false partite iva e degli ordinisti – avvocati, giornalisti, architetti (…) professioni una volta considerate da ricchi e che oggi condannnano alla miseria e alla precarietà – le leggi per consentire alle aziende di licenziare senza giusta causa o giustificato motivo e poi, una volta che il lavoratore licenziato avesse pagato un avvocato e atteso per anni l’esito del processo, indennizzare con una piccola somma il lavoratore sbattuto fuori e ciao. Passa il pareggio di bilancio inserito in Costituzione.

Sono le leggi votate in gran fretta da tutti i partiti che sostenevano il governo del salvatore Monti, dal Pd a Forza Italia, da Bersani e Berlusconi, da D’Alema e Bonino, i quali infatti oggi insistono a difendere quei provvedimenti.

Piero Grasso, leader della formazione di Massimo D’Alema e Pierluigi Bersani Liberi e Uguali, ha detto all’Ansa: “Abolire la riforma Fornero sulle pensioni è sbagliato”. Berlusconi al suo alleato Salvini, parlando al convegno di Assolombarda: “Giusto aumentare l’età pensionabile: in pensione a 67 anni o saltano i conti”. Per non parlare di Emma Bonino: la lista +Europa ha un programma economico di pura macelleria sociale che propone le ricette ormai bocciate da decine di studiosi e premi nobel perché non hanno rilanciato l’economia ma hanno impoverito i poveri e arricchito i ricchi. Lo spiega bene l’economista Domenico Moro, che definisce Emma Bonino “L’ultima Fondamentalista dell’austerity”: “Bonino propone un inasprimento dell’austerity del Fiscal compact e una ulteriore riduzione fiscale per le imprese, compensata con l’aumento dell’Iva. Tali misure iperliberiste, però, sono state già sperimentate e hanno sortito esiti devastanti. Si tratta di misure che non solo spostano ricchezza dai poveri ai ricchi, ma hanno un effetto depressivo sulla produzione (e sull’occupazione), portando non alla diminuzione bensì all’aumento del debito pubblico”.

Dopo un anno di macelleria sociale imposta da Monti, lo spred è tornato esattamente ai livelli di prima, ma nessun giornale sembrava più preoccuparsene.

La storia di come ci siamo fatti rapinare è raccontata nel documentario Piigs – Ovvero come imparai a preoccuparmi e a combattere l’austerity, di Adriano Cutraro, Federico Greco e Mirko Melchiorre, che oggi esce in dvd. Attraverso le interviste a diversi economisti e intellettuali tra i quali Noam Chomsky, Yanis Varoufakis, Stephanie Kelton, Erri De Luca e il racconto di come una cooperativa sociale è costretta a chiudere per i tagli alla spesa sociale, gli autori ripercorrono quegli anni, svelando anche gli aspetti più surreali. Tipo il fatto che il vincolo del tre per cento, come ho raccontato sul Fatto Quotidiano, è una delle fake-news più diffuse del secolo e quella ha fatto più danni: “Per uscire dalla crisi bisogna rispettare i vincoli di bilancio imposti da Bruxelles: il rapporto deficit-pil deve essere inferiore al tre per cento”, ci spiegava Mario Monti e ci hanno ripetuto i governi Letta, Renzi, Gentiloni, che hanno tagliato i servizi e privatizzato risorse pubbliche per ridurre il deficit e hanno regalato sgravi fiscali alle imprese, eliminato l’art. 18 e le altre tutele dei lavoratori per rilanciare il Pil.

Risultato? disastroso: il deficit è aumentato e il Pil è cresciuto molto meno che nel resto d’Europa. In Piigs, l’inventore del parametro del tre per cento, Guy Abeille, intervistato da Lisa Iotti, ammette: “È una formula che non ha alcun valore scientifico. Ce la siamo inventata in mezz’ora, senza nessuna base teorica alle spalle, nel 1981. Mitterrand aveva bisogno di una regola facile da opporre ai ministri che battevano cassa e la formula è finita dritta nel trattato di Maastricht. Perché il tre per cento, e non il due o il cinque? Tre fa pensare alla Trinità”. Alla fine del documentario compare Giuliano Amato che candidamente confessa: “Abbiamo stabilito dei vincoli nei nostri trattati che impedissero di aiutare chi era in difficoltà. Trasferire a livello europeo quei poteri di sovranità economica che sono legati alla moneta era troppo più di quanto ciascuno degli stati membri fosse disposto a fare. Allora ci siamo convinti, e abbiamo cercato di convincere il mondo, che sarebbe bastato coordinare le nostre politiche nazionali. Era davvero difficile che funzionasse! E ne abbiamo visto tutti i problemi”. Complimentoni.

Le conseguenze di vincoli che impediscono di aiutare chi è in difficoltà le vediamo tutti i giorni. Luigi De Magistris, a Napoli, si è ribellato a quei vincoli. Con Stefano Rodatà, ha scritto e applicato alcune delibere rivoluzionarie: quella sui beni comuni e quella che gli ha consentito di assumere 300 maestre per garantire l’apertura delle scuole: “È quello che mi chiede di fare la costituzione, il diritto all’istruzione è un diritto fondamentale”. Ripercorre la vicenda Giacomo Russo Spena in Demacrazia (Fandango Libri). Racconta l’eccezione napoletana di un sindaco che vince per due volte senza l’appoggio dei partiti (la prima volta eletto con il solo sostegno di Rifondazione Comunista e dei Comunisti Italiani, oggi in Potere al popolo!) e che sfida l’austerità.

De Magistris era qualche giorno fa in piazza a Roma, davanti a Palazzo Chigi a protestare contro il governo: “Siamo arrivati in mille da Napoli per cominciare la madre di tutte le battaglie, quella contro il debito ingiusto, odioso ed illegittimo che blocca le casse della nostra città. Debiti del 1980 e degli anni 2000. Noi che abbiamo liberato Napoli dai rifiuti e dalla commistione tra affari, politica e camorra dobbiamo pagare per le scelleratezze del passato? Se abbiamo le casse bloccate come potremmo difendere per sempre l’acqua pubblica, garantire i servizi e i diritti di rilevanza costituzionale? Liberarci dalle politiche neoliberiste significa soddisfare i diritti e i bisogni della gente che non ha più diritti e non arriva alla fine del mese. Evviva il popolo!”.

La prossima tappa? “Contro le truffe dei derivati”. Perché l’Austerity crea altro debito e altri interessi su chi detiene quel debito. L’Austerity arriccisce le banche e impoverisce i cittadini. E la storia del debito che frena la crescita, come hanno dimostrato nel 2010 due economisti di Harvard? Una balla. Reinhart e Rogoff avevano calcolato che i paesi che oltrepassavano una soglia di debito superiore al 90 per cento del Pil avevano una crescita economica negativa. La fake-news è stata sbugiardata da uno studente di 28 anni, Thomas Herndon, che ha trovato diversi errori di calcolo nei file excell dei due economisti: “Hanno sbagliato le addizioni”.

Video tratto dal canale Youtube di Gabriele Vilardi
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