Il Vaticano fa l’occhiolino alla grande coalizione. In vista delle elezioni politiche italiane del 4 marzo, dalla Santa Sede si analizzano con molta attenzione tutti gli scenari possibili del dopo voto con un gradimento particolare per un governo moderato formato da centrosinistra e centrodestra. Qualcosa di simile all’esperimento, poi andato in fumo, messo in atto da Enrico Letta. Due i possibili premier favoriti Oltretevere: da un lato Paolo Gentiloni che è riuscito a ottenere la fiducia della Santa Sede soprattutto sul tema dei migranti tanto caro a Papa Francesco; e dall’altro Antonio Tajani che negli ultimi mesi ha incontrato più volte Bergoglio consolidando un rapporto di stima anche nella condivisione dei richiami del Pontefice a “nonna Europa”.
“È indubbio – sottolineano nel Palazzo Apostolico – che la legislatura che si è appena conclusa è stata la più anti cattolica di sempre con le leggi sulle unioni civili e il biotestamento”. Eppure in Vaticano ciò non ha minimamente scalfito il giudizio positivo unito alla stima e alla fiducia nei confronti di Gentiloni. “Se il Pd avesse candidato lui al posto di Renzi molto probabilmente avrebbe preso più voti, sicuramente da parte nostra”, si lascia sfuggire un altissimo prelato che aggiunge: “Alla fine Renzi passerà alla storia per non essere mai riuscito a farsi eleggere dagli italiani”.
Non è un caso, inoltre, se la Conferenza Episcopale Italiana, molto impegnata sul tema dei corridoi umanitari, ha scelto di assumere una linea attendista in merito all’esito delle elezioni, archiviando così definitivamente la stagione ventennale caratterizzata dall’ingerenza nella vita politica del Paese. Una fase che ha avuto come registi prima Camillo Ruini e poi Angelo Bagnasco. Ingerenze vere e proprie con esplicite indicazioni di voto come quando il cardinale Ruini fece fallire i referendum abrogativi della legge 40 sulla fecondazione medicalmente assistita e la ricerca scientifica sulle cellule staminali invitando i cattolici a disertare le urne per non far raggiungere il quorum. “Se ci fosse stato ancora Ruini alla Cei unioni civili e biotestamento non sarebbero mai diventate leggi in Italia”, è il commento di un confratello del porporato emiliano che aggiunge: “Bisogna pur dire che Ruini aveva la piena fiducia di Giovanni Paolo II. Oggi Papa Francesco ha archiviato per sempre il ‘ruinismo’”.
La svolta di una Cei finalmente neutrale nella politica è stata, infatti, incarnata dal cardinale Gualtiero Bassetti che ha sottolineato che “la Chiesa italiana dialogherà con qualsiasi partito o schieramento vinca le prossime elezioni perché compito dei cattolici è parlare con tutti per il bene del Paese”. In questo dialogo, però, il presidente della Cei ha individuato i punti fondamentali che “restano la difesa delle fasce più deboli della popolazione e l’obiezione di coscienza per i medici che non ritengono etica la legge delle disposizioni anticipate di trattamento”.
Bassetti non ha mancato nemmeno di denunciare che “la campagna elettorale sta rendendo serrato il dibattito, ma non si può comunque scordare quanto rimanga immorale lanciare promesse che già si sa di non riuscire a mantenere. Altrettanto immorale è speculare sulle paure della gente: al riguardo, bisogna essere coscienti che quando si soffia sul fuoco le scintille possono volare lontano e infiammare la casa comune, la casa di tutti”. Il presidente della Cei ha aggiunto, inoltre, che “come vescovi ci uniamo innanzitutto all’appello del capo dello Stato a superare ogni motivo di sfiducia e di disaffezione per partecipare alle urne con senso di responsabilità nei confronti della comunità nazionale. Richiamato il valore morale e democratico del voto, voglio essere altrettanto chiaro sul fatto che la Chiesa non è un partito e non stringe accordi con alcun soggetto politico”.
Un appello al voto largamente condiviso nell’episcopato italiano. “L’astensionismo è insostenibile – ha tuonato il presidente nazionale di Pax Christi, l’arcivescovo Giovanni Ricchiuti – perché le assenze sono sempre riempite da chi le assenze le confeziona e le costruisce ad arte, e si pagano care (vedi le seduzioni del leader forte o della delega in bianco)”. Per il presule “alla domanda di concretezza e urgenza si risponde solo con la partecipazione responsabile, ora nel voto e dopo nell’accompagnamento, controllo, e verifica di chi sarà eletto”.
Insolitamente molto soft, in queste settimane di campagna elettorale, sono stati gli interventi del segretario generale della Cei, monsignor Nunzio Galantino, noto alle cronache per i suoi forti richiami alla classe politica da lui definita “un piccolo harem di cooptati e di furbi”. Il numero due della Cei, che i beninformati raccontato essere in freddo con Bassetti, si è, infatti, limitato ad affermare che “occorre un sussulto di onestà, di realismo e di umiltà da parte di coloro che chiedono il nostro voto. Il popolo italiano ha le capacità per distinguere chi vende fumo da chi vuole mettere in cammino il Paese”.
Twitter: @FrancescoGrana