Vale la pena iniziare l’anno con una storia a mio modo di vedere esemplare di quello che è il nostro Paese, ricordando, doverosamente anche se incidentalmente, che il governo del triste Gentiloni (quello che dice che l’unico partito affidabile è il suo) non ha approvato la legge sul consumo di suolo, la cui prima proposta (on. Catania) data al 15 maggio 2013.

Ospedaletti, ameno centro della Liguria di Ponente. Anni Ottanta. La Cogefar sta realizzando lo spostamento a monte della ferrovia (dove correvano i treni oggi corrono le biciclette) e pensa bene di depositare gli inerti di risulta a Ospedaletti, di fronte ad una bella spiaggia che chiude il golfo, lato Bordighera, spiaggia davanti alla quale, sul fondale, vi è una prateria di posidonia. Il rilevato, però, viene quanto meno piantumato con essenze soprattutto locali, e negli anni si viene a formare una bella area verde di pubblica fruizione.

Ma il comune di Ospedaletti (in questo non differenziandosi dagli altri della Liguria) evidentemente non gradisce questo spazio pubblico a verde e l’antistante spiaggia (il tutto denominato Baia Verde) e, con la scusa di bonificare (!), nel 1996 vara una modifica al proprio piano regolatore approvata dalla Regione, e nel 2003 delibera la realizzazione di ben due porti turistici: la Marina di Baia Verde e la Base Nautica delle Porrine. Al di là della privatizzazione del mare, al di là dell’eliminazione della spiaggia, si sente davvero il bisogno di realizzare un altro porto turistico in Liguria, e in particolare a Ospedaletti, dove, a est, a Sanremo, c’è già Portosole, uno dei più grossi approdi per la nautica nel mar Mediterraneo, e, a ovest il porto di Sant’Ampelio, a Bordighera?

Certo che no, ma consideriamo che i porticcioli sono come i campi da golf, spesso li si realizza per giustificare complessi residenziali con vista sul porto, ovvero sul green. Anche perché il D.P.R. 59/1997 voluto da Burlando, ministro diessino ai Trasporti del primo governo Prodi, ammette che vi possano essere opere connesse con i porti. E infatti il progetto Baia Verde prevede la costruzione di ben tre complessi di tre piani e mezzo fuori terra per una volumetria di 102mila metri cubi, più due alberghi di quattro piani fuori terra. Risultato in previsione: la spiaggia scompare, la prateria di posidonia scompare anch’essa e il verde pubblico si riduce da 130mila mq a meno di 20mila. L’intera operazione speculativa viene affidata a tal impresa Fin.Imm. s.r.l., con affidamento diretto da parte dell’allora sindaco Parrini. Il sindaco verrà poi arrestato per tangenti a fine anno.

Contro il progetto si costituisce un comitato civico guidato da una agguerrita signora, la dr.ssa Elga Bianchi Cova, che come primo atto invia il 7 ottobre 2003 le proprie osservazioni alla Soprintendenza beni ambientali. Nel testo si evidenzia come la stessa nel 2000 avesse manifestato il proprio parere negativo: “Sussistono dubbi sulla tutela dei fondali, sussistono dubbi sulla effettiva necessità di una struttura portale a Ospedaletti essendo il tratto di mare corrispondente compreso tra il porto di Bordighera di cui si prevede un ampliamento ed i due porti di Sanremo”. Il comitato inoltre raccoglie circa mille firme di cittadini contrari al progetto.

La pretestuosità delle motivazioni a sostegno dell’opera, l’inutilità della stessa, il danno all’ambiente e quindi alla collettività sono a mio parere evidenti anche agli occhi di un bimbo, ma tant’è, pervicacemente il comune va avanti e nel 2006 si tengono le Conferenze di Servizi che approvano l’opera. Guarda caso, solo dopo, a un mese dall’approvazione, la Commissione Europea dichiara la zona dai porti Sito Di Interesse Comunitario (S.I.C.) per la massiccia presenza di prateria di posidonia, protetta dalla legge comunitaria: il progetto del porto non avrebbe più potuto esser approvato dopo la dichiarazione della zona a S.I.C. Sempre nel 2006 Legambiente assegna la bandiera nera al progetto. Nel 2007 iniziano i lavori di massacro ambientale e di privatizzazione del mare alla presenza dell’allora ministro comunista ai Trasporti del secondo governo Prodi, Alessandro Bianchi. I lavori vengono sospesi nel 2009 ma solo per un contenzioso interno alla stazione appaltatrice.

La collettività non rimane alla finestra e, come quasi sempre in questi casi, la parola passa alla giustizia, che si concretizza soprattutto nella sentenza del Consiglio di Stato del 23 ottobre 2012. È a questa che mi rifaccio per riassumere questa paradossale vicenda.

La lunghissima sentenza accerta e afferma, tra l’altro: 1) l’illegittimità del provvedimento regionale di approvazione della variante al Piano regolatore del Comune per violazione della disciplina paesistica, per la mancanza degli studi e delle cartografie geologiche necessarie per l’accertamento della compatibilità delle opere, per la mancata specificazione delle reali esigenze di natura turistico-ricettive, per la indebita classificazione del sito come degradato al solo fine sviatorio; 2) l’illegittimità del progetto definitivo dell’intervento in quanto non conforme al Piano territoriale della Costa; 3) che “l’assoluta mancanza di motivazioni sostanziali e l’irragionevolezza e la sproporzione delle volumetrie turistico-ricettive programmate danno la netta sensazione che la ragione di tali scelte sia dipesa dall’intento di natura immobiliare dell’intera operazione”; 4) “nel luogo non vi erano né degrado, né edifici abbandonati e nemmeno vi era alcuna evidente urgenza di interventi riqualificativi”; 5) l’illegittimità dei provvedimenti di VIA regionale (tanti provvedimenti, anziché uno complessivo, come avrebbe dovuto essere); 6) che l’affidamento dei lavori di realizzazione dell’opera doveva avvenire tramite gara a evidenza pubblica e non già con affidamento diretto.

In buona sostanza: il porto non aveva alcuna necessità di essere realizzato; la procedura che lo avviò era illegittima; una VIA corretta avrebbe comunque dato parere negativo; non avrebbe dovuto essere dato un incarico diretto ad una impresa “prescritta”. In conclusione, il giudice rileva che “l’indubbia forte volontà politica di tutte delle amministrazioni interessate di dare un seguito concreto ai piani della Fin.im appare la causa diretta delle notevoli e manifeste illegittimità procedimentali”.

Non credo in vita mia di aver letto una pronuncia tanto chiara circa gli intrecci affaristici fra pubblico e privato a tutto discapito della comunità e dell’ambiente. Una amministrazione come si deve, dopo una tale pronuncia avrebbe sentito il dovere di fare mea culpa, avrebbe abbandonato il progetto e ripristinato lo status quo. Avrebbe dovuto, ma siamo in Italia. Ed ecco che proprio a gennaio il comune ha illustrato una variante al Piano regolatore con cui si conferma la volontà precedente, salvo diminuire le cubature a 30.000 metri cubi non destinati a residenze, ma solo a “turistico ricettivo” (quasi che a Ospedaletti mancassero le strutture di accoglienza dei turisti…).

Ah, dimenticavo, la signora Bianchi Cova ha ricevuto negli anni diverse minacce (pallottole recapitate comprese) e al Comune di Ospedaletti nel frattempo si sono alternate giunte di ogni colore, ma questo lo avrete già capito.

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