Via libera alla tregua umanitaria in Siria: il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha adottato all’unanimità una risoluzione che per “almeno 30 giorni” dovrebbe far cessare i bombardamenti in tutto il paese, incluso il distretto ribelle di Ghuta. La tregua dovrebbe partire “senza indugi“.
Il voto unanime giunge dopo una serie di rinvii a partire da giovedì, causati dalla resistenze della Russia, paese alleato del regime di Damasco e uno dei membri del Consiglio Onu con diritto di veto. Il testo approvato “invita tutte le parti a sospendere le ostilità senza dilazioni per un periodo di tempo di almeno 30 giorni consecutivi” per permettere la distribuzione di aiuti umanitari e il soccorso alle vittime civili, ma non contiene mezzi di pressione per imporre la tregua.
Esenti dal cessate il fuoco saranno gli attacchi contro Isis, al Qaida, al Nusra e altri “gruppi, individui e entità” affiliati con terroristi. Una richiesta di Mosca che dal 2011, da quando cioè è cominciata la guerra civile, aveva posto undici volte il veto su risoluzioni riguardanti la Siria, ma oggi ha votato a favore. “Non è un accordo di pace complessivo per la Siria, ma un passo che può portare a una de-escalation della violenza”, ha detto l’ambasciatore svedese Olof Skoog, che con il collega del Kuwait, che è anche il presidente di turno, aveva condotto il negoziato.
La risoluzione è stata approvata mentre le forze del governo siriano di Bashar al Assad sono impegnate in un violento attacco contro il sobborgo orientale di Damasco della Ghouta orientale, in mano ai ribelli. Secondo l’osservatorio siriano per i diritti umani, almeno 500 persone, fra cui 120 bambini, hanno perso la vita dalla scorsa domenica. “Siamo in ritardo nella risposta a questa crisi, molto in ritardo”, ha detto Nikki Haley, ambasciatrice degli Stati Uniti presso le Nazioni unite. “Non c’è solo Ghuta“, è stata la replica del rappresentante permanente russo all’Onu, Vassili Nebenzia, prima di attaccare gli Stati Uniti. “Siamo profondamente preoccupati per gli attacchi arrivati da esponenti dell’amministrazione di Washington alla Repubblica Siriana“.