Gli attacchi del regime siriano continuano nella zona orientale di Ghouta, roccaforte dei ribelli, nonostante la tregua approvata dal Consiglio di sicurezza dell’Onu. La denuncia arriva dall’Osservatorio siriano per i diritti umani, secondo cui “i bombardamenti sono ripresi e Chifouniya, alla periferia di Douma, è stata bombardata due volte”. I raid governativi hanno causato 7 morti e una trentina di feriti. I bombardamenti, aerei e a colpi di artiglieria, sono però “meno intensi”. I ribelli, citati dagli attivisti locali, riferiscono di scontri isolati con le forze governative in diverse aree limitrofe. Sabato a New York si è negoziato per il voto di una risoluzione Onu su 30 giorni di cessate il fuoco nel Paese per consentire l’accesso di aiuti umanitari. Il lungo lavoro diplomatico per evitare un veto della Russia, alleata di Bashar Assad, ha avuto risultati: il Consiglio di sicurezza ha approvato all’unanimità una risoluzione che chiede una tregua “di almeno 30 giorni“, che sia “senza ritardi” per “permettere la consegna regolare di aiuti umanitari, di servizi, e l’evacuazione medica dei malati e dei feriti più gravi”.
Nonostante il via libera, il presidente francese Emmanuel Macron e la cancelliera tedesca Angela Merkel si incontreranno domenica con il presidente russo Vladimir Putin per discutere insieme i provvedimenti approvati. “Una prima tappa indispensabile” sulla cui applicazione i due leader saranno “estremamente vigilanti” ha fatto sapere in una nota l’Eliseo: l’obiettivo è ottenere l’appoggio della Russia per “l’attuazione della risoluzione” del Consiglio di sicurezza dell’Onu e “della road map indispensabile per stabilire una pace durevole” nel Paese. Putin aveva infatti già posto il veto a 11 risoluzioni sulla Siria per fermare azioni che prendevano di mira il suo alleato Assad. A novembre Mosca ha usato il potere di veto per porre fine all’indagine a guida Onu sugli attacchi con armi chimiche in Siria. Il controllo del Ghouta orientale è condiviso da due fazioni islamiste e dall’ex branca siriana di al-Qaeda: la Russia insiste sul fatto che non ci possa essere alcuna tregua con i jihadisti e i loro alleati. Mosca pressava da tempo per un accordo per il ritiro negoziato dei ribelli e delle loro famiglie come quello con cui il governo ha ripreso il totale controllo di Aleppo a dicembre del 2016; tutti e tre i gruppi ribelli, però, hanno rifiutato. Appelli a Mosca per appoggiare la risoluzione sono arrivati da più parti. “Oggi vedremo se i russi hanno una coscienza”, ha dichiarato Nikki Haley, ambasciatrice degli Stati Uniti presso le Nazioni Unite.
Il testo siglato chiede lo “stop immediato dell’assedio dalle zone abitate, fra cui la Ghouta orientale, Yarmouk, Foua e Kefraya”. Il voto del Consiglio Onu, che inizialmente doveva tenersi venerdì, era stato fissato per sabato alle 18, ma i membri del Consiglio si sono riuniti in aula solo poco prima delle 20. È allarmante l’ultimo bilancio fornito ad Afp dal direttore dell’Osservatorio siriano per i diritti umani, Rami Abdel Rahmane: sono 510, fra cui 127 bambini, i civili uccisi da domenica 18 febbraio nell’offensiva aerea portata avanti dal regime di Assad sulla Ghouta orientale. Questa enclave in mano ai ribelli alle porte di Damasco è sotto assedio da parte del governo dal 2013 e si stima che vi abitino circa 400mila persone. Secondo il quotidiano Al-Watan, vicino al governo siriano, l’offensiva aerea è “un preludio a un’operazione terrestre, che potrebbe cominciare in ogni momento”. All’Osservatorio risulta che solo nel settimo giorno di bombardamenti, sono almeno 32 i civili uccisi, fra cui otto bambini, e l’ong spiega che i raid notturni hanno anche provocato incendi nei quartieri residenziali.
La risoluzione approvata dal Consiglio Onu è l’ultima di una lunga serie di versioni. La bozza iniziale, promossa da Kuwait e Svezia, è stata infatti modificata su diversi punti per venire incontro a Mosca. In primo luogo sono stati eliminati i riferimenti temporali: nel testo finale si chiedono almeno 30 giorni di cessate il fuoco “senza ritardi”; una bozza precedente, invece, prevedeva che la tregua dovesse entrare in vigore 72 ore dopo l’adozione del testo da parte dell’Onu. In secondo luogo, poi, la nuova versione specifica che la tregua non si applicherà alle operazioni contro l’Isis o al-Qaeda, come pure contro “individui, gruppi ed entità associate ad al-Qaeda e all’Isis“, nonché ad “altri gruppi terroristici designati dal Consiglio di sicurezza”. Questo punto può dare adito a interpretazioni contraddittorie visto che Damasco definisce “terroristi” tutti i ribelli. Su richiesta di Mosca, che voleva garanzie, il Consiglio si dovrà riunire di nuovo su questo tema fra 15 giorni, per verificare la buona applicazione della tregua.