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Arpab e sanità, così la Basilicata precarizza i presidi più delicati per la salute dei cittadini. “E non risparmia”

Tra le varie contestazioni, quella del sindacato Usb secondo il quale sarebbe stato utilizzato un vero e proprio algoritmo per sottrarre più fondi all’Europa, che pagherebbe come personale altamente professionale figure che vengono poi contrattualizzate come dipendenti privati che ricevono stipendi inferiori di oltre il 500% di ciò che paga la stessa Unione europea e che verrebbero utilizzati come segretari tuttofare dei vari dirigenti della pubblica amministrazione

Un tempo si diceva che Milano anticipa quello che poi si afferma in Italia. Ma in questi anni difficili, che hanno visto ampliarsi a dismisura la forbice economico-sociale e le differenze tra le diverse aree del Paese, il barometro – ammesso che esista ancora – sembra essersi spostato altrove. Crescono i luoghi dove si stanno sperimentando e consolidando modelli di gestione del potere e del consenso che affondano le loro radici nel vecchio clientelismo e traggono ulteriore forza dalla sempre più spregiudicata precarizzazione del lavoro nel settore pubblico. Sotto questo profilo, Potenza e la Basilicata rappresentano un modello emergente, pronto per essere esportato altrove. La Regione, guidata dal 2013 dall’ex socialista ed esponente del Pd Marcello Pittella e, ancora prima, dall’attuale sottosegretario all’Istruzione Vito De Filippo, sta introducendo su larga scala l’impiego di lavoratori interinali in ogni ambito di sua competenza: si è iniziato con l’Arpab, l’Agenzia regionale per la protezione dell’Ambiente, per arrivare ora alla Sanità.

COSÌ MERITO E TRASPARENZA ESCONO DAI CONCORSI – Si tratta di ambiti delicatissimi, che toccano direttamente la salute e il benessere dei cittadini, e di contratti milionari (7,5 milioni per l’Arpab, 45,5 milioni per la sanità regionale) che – con il pretesto dell’urgenza o con quello del blocco delle assunzioni – consentono di eludere il merito e la trasparenza garantiti dai concorsi pubblici, mettendo integralmente nelle mani dei privati la selezione del personale. Nonostante reiterate denunce e inchieste degli organi di informazione locali quali Basilicata24, le voci di dissenso restano poche e isolate e le principali organizzazioni sindacali si limitano a stigmatizzare quanto sta accadendo senza ancora mobilitarsi. Eppure, proprio a proposito dell’Arpab, “stiamo assistendo a selezioni con metodi discutibili – dichiara Roberta Laurino, segretaria regionale della FP Cgil – di un esercito di nuovi schiavi che devono restare zitti e buoni senza poter sapere in quale posizione della graduatoria sono stati collocati, né tantomeno quando saranno chiamati per la formazione e per la prestazione lavorativa vera e propria”.

Laurino parla di un metodo tutto lucano in cui la graduatoria, “pur essendo stata definita, così dicono, non è stata resa conoscibile neanche ai diretti interessati”. E lo confermano i diretti interessati, che sono stati auditi in Commissione regionale a inizio febbraio e che denunciano anche come un’ampia platea di candidati sia stata esclusa dalla selezione in modo discriminatorio, senza tenere in alcuna considerazione le esperienze professionali maturate nell’ambito dell’esercizio della libera professione o con contratti di co.co.co. presso enti pubblici di controllo ambientale sovraordinati rispetto alle Arpa, come per esempio gli uffici dei Dipartimenti Ambientali delle amministrazioni regionali, oltre che l’esperienza lavorativa con contratti di co.co.co. presso ministeri con competenze strettamente assimilabili o addirittura coincidenti con quelle richieste dall’Arpab.

E I REQUISITI MINIMI SI ABBASSANO IN CORSO D’OPERA – Non solo: documenti alla mano, risulta che l’Arpab stessa abbia modificato i requisiti minimi previsti per le varie figure professionali, abbassandoli rispetto a quanto stabilito inizialmente. “L’accordo quadro definito dalla stazione appaltante e fatto proprio dall’Arpab prevedeva per le varie posizioni la laurea magistrale o specialistica e l’iscrizione all’albo – racconta Simone Piedilato, rappresentante dei tecnici esclusi – e poi, in sede di accordo attuativo, si è previsto come requisito solo il titolo per accedere alla categoria D, per la quale basta la laurea triennale”. Si tratta di un punto molto importante perché l’Arpab, finita nell’occhio del ciclone più e più volte per non aver fatto il suo dovere e addirittura per aver cercato di coprire veri e propri disastri ambientali, intende ora avvalersi di decine e decine di lavoratori interinali per svolgere le attività e i controlli obbligatori che negli anni passati non è stata in grado di effettuare e per i quali è necessaria una grande professionalità ed esperienza.

È già di per sé discutibile il fatto che venga utilizzato personale precario (e dunque più ricattabile) per svolgere queste attività in una Regione ad alto tasso di rischio ambientale per via dell’estrazione di idrocarburi da parte di multinazionali del calibro di Total ed Eni, per i problemi relativi al bacino del Pertusillo e per l’impianto di ritrattamento del combustibile nucleare di Rotondella, oltre che di svariate aree da bonificare. Se poi però i requisiti di professionalità ed esperienza vengono addirittura abbassati e la selezione non avviene in modo trasparente si può a giusto titolo gridare allo scandalo. Vale la pena anche notare che i costi del lavoro interinale sono superiori a quelli del personale in pianta organica e quindi Arpab e Regione non ottengono alcun risparmio, anzi.

AGENZIE INTERINALI BATTONO UNIVERSITÀ E ISTITUTI DI RICERCA – Risulta così difficile comprendere il perché si sia preferito fare ricorso al lavoro interinale anziché attivare convenzioni con università e istituti di ricerca che avrebbero senz’altro potuto assolvere al compito, garantendo peraltro un’autorevolezza e una terzietà che la stessa Arpab non è in grado di garantire. A questo proposito Albina Colella, professore ordinario di geologia presso l’Università della Basilicata, personaggio noto per le sue denunce sull’inquinamento ambientale e balzata anche recentemente agli onori delle cronache per aver vinto una causa contro l’Eni, dice che in tutti questi anni “si è fatto in modo che l’Arpab non funzionasse mai bene e che non fosse indipendente dalla politica” e ricorda di aver proposto assieme a dei colleghi fin dal 2013 la creazione di un Ente di ricerca indipendente cui affidare campionature e controlli, ma di aver ricevuto solo dei no dalla Regione.

L’attuale direttore generale dell’Arpab, Edmondo Iannicelli, è un politico molto vicino al presidente della Regione Pittella: abbiamo provato a contattarlo per un confronto su questi temi e per avere dei chiarimenti sulle ragioni che hanno portato Arpab ad adottare queste scelte radicali in tema di occupazione, ma purtroppo ha scelto di non rispondere. Resta così il dubbio che la segretaria della FP Cgil abbia ragione quando denuncia che il contratto triennale di somministrazione di lavoro temporaneo che si è aggiudicato Manpower serva a effettuare in Arpab “assunzioni a chiamata diretta, assolutamente prive di trasparenza e senza nessuna reale selezione fondata sul merito”. In altre parole, c’è il sospetto di assunzioni clientelari.

UN MODELLO CHE RISCHIA DI VARCARE I CONFINI REGIONALI – Intanto, lo scorso novembre il Consiglio del Sistema Nazionale della Protezione Ambientale ha deciso all’unanimità di affidare a Iannicelli la responsabilità dei Livelli essenziali di prestazioni tecnico ambientali (Lepta) e all’Arpab il coordinamento delle altre Arpa regionali, nonché delle Appa delle province di Trento e Bolzano: chissà che il “modello Arpab” non riesca così a fare breccia anche altrove. La regione Basilicata ha intanto deciso di replicarlo nel settore sanitario con una gara per “la somministrazione di lavoro temporaneo per le aziende del servizio sanitario regionale e per i dipartimenti della regione Basilicata” del valore di 45,5 milioni di euro. Come nel caso dell’Arpab, non si tratta di personale a bassa qualifica, bensì si ricercano figure specializzate come infermieri, ostetriche, tecnici radiologi, tecnici di laboratorio, operatori socio-sanitari e anche ingegneri, architetti, chimici, informatici, statistici, farmacisti, esperti di servizi amministrativi da utilizzare presso l’ospedale San Carlo di Potenza, l’Asl di Matera e quella di Potenza, il Crob di Rionero e presso la stessa regione Basilicata. Tutti interinali.

Una scelta che lascia basiti perché precarizza l’intero sistema sanitario regionale e alimenta i sospetti sulla gestione della cosa pubblica in Basilicata: all’inizio di gennaio l’Unione sindacale di base (Usb), che già si era rivolta all’Anac e alla Corte dei Conti, ha presentato un esposto all’Autorità antifrode europea (Olaf) e alla Commissione Ue in merito a presunte irregolarità nell’utilizzo dei fondi europei. La questione è quella dell’esternalizzazione di molti lavoratori retribuiti dall’Unione europea e utilizzati per svolgere mansioni spettanti ai dipendenti pubblici. Secondo il sindacato Usb sarebbe stato utilizzato un vero e proprio algoritmo per sottrarre più fondi all’Europa, che pagherebbe come personale altamente professionale figure che vengono poi contrattualizzate come dipendenti privati che ricevono stipendi inferiori di oltre il 500% di ciò che paga la stessa Unione europea e che verrebbero utilizzati come segretari tuttofare dei vari dirigenti della pubblica amministrazione.

L’USB: “NESSUN RISPARMIO, ANZI DANNO ERARIALE MILIONARIO” – “Mentre un precario con contratto diretto con la Regione Basilicata costa circa euro 2.000,00/mese lordi, per l’Unione Europea lo stesso soggetto come dipendente dell’impresa privata diventa una spesa di euro 500,00/giorno più Iva”, denuncia l’Unione sindacale di base, aggiungendo anche che questo sistema è “concertato con le organizzazioni sindacali adducendo la scusante del mantenimento di occupazione senza perseguire la stabilizzazione dei precari”. Un’accusa gravissima cui se ne aggiunge subito un’altra: quella secondo cui “l’algoritmo appena descritto non è il solo usato da una macchina perfetta come ‘Il Sistema Basilicata’ per aggirare l’Unione Europea, ma vi è anche l’utilizzo di imprese/società/Enti (in house e non) di sponda come per esempio il Formez per trasferirsi tra di loro consulenze anche tra dipendenti in essere e in pensione o tipo la Datacontact che tiene altri 136 dipendenti presso la Regione Basilicata da oltre 10 anni alla quale da marzo 2015 viene prorogato il vecchio appalto sino ad aggiudicazione del nuovo con delibere non pubblicate nonostante la piena condanna della Corte dei Conti in Cassazione”. Secondo il sindacato, che chiede alla Commissione Ue di avviare una procedura d’infrazione, se si internalizzassero tutte queste attività stabilizzando i precari e si evitasse il ricorso al lavoro interinale nella sanità, si eviterebbero oltre 100 milioni di danni erariali. Una ragione in più per tenere un faro ben acceso su quanto sta accadendo in questa Regione.