Nel 2017 pil a +2,2%, il risultato migliore dal 2011, e i posti di lavoro salgono a 44,6 milioni. La stampa tedesca insiste sulla necessità di una nuova Grosse Koalition per evitare di tornare al voto: un fallimento rinforzerebbe i populisti di estrema destra dell’Afd. Che potrebbero sostenere come l’efficienza del Paese non sia merito di chi ha governato finora
Senza governo, senza nuovi regolamenti e leggi, la Germania continua a funzionare allo stesso modo. Anzi, anche meglio. Con mercoledì 21 febbraio sono passati 150 giorni dalle elezioni del 24 settembre scorso, mentre continuano le negoziazioni per la formazione della Grosse Koalition e di un nuovo esecutivo. Nel frattempo l’Ufficio statistico federale ha fatto sapere che il Paese nel 2017 ha registrato una crescita del 2,2%. E nell’ultimo trimestre, in piena crisi delle trattative e con il rischio di un ritorno alle urne, il pil è salito dello 0,6% in più rispetto al periodo luglio-settembre. Inoltre, la Bundesbank (la banca centrale) ha appena comunicato che, nonostante ormai cinque mesi senza governo, “l’economia tedesca è in una fase di boom”.
La Germania non cresceva così tanto dal 2011. Merito di congiunture storiche favorevoli e, per quanto riguarda l’ultimo trimestre, di un’ulteriore spinta delle esportazioni. Le previsioni per il 2018 sono altrettanto rosee. Secondo Commissione europea, Ocse e Fmi il Paese segnerà ancora un +2,3 per cento. Stime in linea con quelle della Bundesbank, secondo cui lo stato dell’industria tedesca e il clima di fiducia portano a concludere che l’alto tasso di espansione dello scorso anno continuerà anche nel 2018, con o senza governo. Anzi, la banca centrale avvisa l’Unione cristiano-democratica di Angela Merkel e il Partito socialdemocratico, impegnati nella formazione del nuovo governo, che l’obiettivo del pareggio di bilancio inserito nell’accordo di coalizione è sì lodevole ma “può portare a problemi nel lungo periodo e a una politica fiscale prociclica e irregolare”. Come a dire: non fate danni continuando a tirare la cinghia, qui va già tutto bene.
La mancanza di un governo non ha creato problemi neanche sul fronte occupazionale. Il tasso di disoccupazione destagionalizzato ha toccato proprio a gennaio un nuovo livello minimo: solo il 5,4% dei tedeschi è senza lavoro. Il tasso grezzo è risultato più alto, al 5,8%, perché in inverno a causa del freddo molte aziende tedesche in settori come edilizia, giardinaggio e agricoltura interrompono le loro attività. Il dato è comunque il migliore per il mese di gennaio da 25 anni. Secondo l’Agenzia federale del lavoro, i disoccupati sono diminuiti di 25mila unità, 17mila in più rispetto a quanto previsto dagli analisti. Mentre, secondo le proiezioni dell’Ufficio di statistica, aumentano gli occupati: a dicembre 2017 erano 44,62 milioni, 67mila in più rispetto al mese precedente. E dopo un decennio in cui a fronte della crescita economica le retribuzioni sono aumentate in media solo dello 0,81 per cento, il 6 febbraio scorso a Stoccarda è stato raggiunto un accordo tra imprenditori e sindacato dei metalmeccanici che prevede aumenti del 4,3% in busta paga fino al 2020. Riguarda 900mila lavoratori del Baden-Württemberg, ma che verrà poi estesa a quasi 4 milioni di metalmeccanici tedeschi. E l’intesa è stata raggiunta – dopo tredici ore di trattative e diversi giorni di sciopero – senza la presenza e l’intermediazione di un governo.
Di fronte a questi dati, a più di sette mesi da quando il Parlamento tedesco a inizio luglio scorso sospendeva la sua attività in attesa delle elezioni, la stampa tedesca insiste sulla necessità di una nuova Grosse Koalition per evitare di tornare al voto. Un eventuale fallimento – l’accordo per la coalizione deve ancora ottenere il sì della base della Spd, in un referendum interno il cui esito è atteso per il 4 marzo – porterebbe nuova linfa ai populisti di estrema destra dell’Afd. Che già, stando agli ultimi sondaggi, hanno superato l’Spd salendo al 16% contro il 15,5% del partito di Olaf Scholz. L’Afd, è il timore, avrebbe un motivo in più per sostenere come l’efficienza della Germania non sia merito di chi l’ha governata fino a ieri. Oltre ai populisti, festeggiano anche gli ultra-liberisti, convinti che le misure proposte dai socialdemocratici – l’Spd ha ottenuto i ministeri delle Finanze e del Lavoro – per la redistribuzione della ricchezza “potrebbero anche avere effetti negativi”, come ha sostenuto Alexander Fink, economista dell’Istituto di politica economica dell’università di Lipsia, in un’intervista al Badische Zeitung. “Se guardiamo ai progetti dei socialdemocratici, come l’affitto solidale o l’assicurazione sanitaria per tutti i cittadini – spiega Fink – queste non sono misure che rendono più facile l’interazione economica tra le persone. Piuttosto, si crea una situazione in cui singoli cittadini possono stare meglio, mentre altri ne hanno uno svantaggio. Questo può essere considerato giusto, ma non aiuta a migliorare la vita di tutti e stimolare la crescita”, sostiene Fink.
La crescita senza governo non è comunque un’eccezione: negli ultimi anni in Europa i casi sono stati diversi. La Spagna dopo le elezioni del 2015 è andata avanti per quasi un anno senza governo e nel frattempo è cresciuta quasi il doppio della media dell’area euro. A partire da marzo 2017, anche l’Olanda è rimasta per più di sei mesi senza un esecutivo nel pieno delle sue funzioni, ma nel trimestre immediatamente successivo alle elezioni ha comunque avuto una crescita congiunturale dell’1,5%. L’esempio più clamoroso rimane però quello del Belgio che, nonostante un debito superiore al 100% del Pil e la crisi europea in corso, riuscì ad avere una crescita positiva pur rimanendo per 589 giorni senza governo tra il 2010 e il 2011.