Chi ama il grande cinema – quello per intenderci che colpisce dritto al cuore, quello che ti catapulta in un frullatore di emozioni, facendoti trascorrere un paio d’ore di puro piacere visivo e godimento dell’anima – corra subito a vedere due film in programmazione in questi giorni: La forma dell’acqua (The shape of water), diretto da Guillermo del Toro e premiato con il Leone d’oro al 74° Festival del Cinema di Venezia, e Il Filo nascosto (Phantom Thread) di Paul Thomas Anderson, con uno strepitoso Daniel Day Lewis (che, salvo smentite, ha dichiarato essere la sua ultima prova da attore). Due registi, colti e visionari, che raccontano due complicate vicende d’amore, sempre in bilico e aperte ad imprevedibili sviluppi. Vedendo questi due film, ciascuno potrà provare a riconoscersi percorrendo le traiettorie emotive che le storie suggeriscono.
Nell’opera di Anderson si gioca molto con le ambiguità e le sfumature nel rapporto di coppia. Chi domina e chi subisce, in una sfida amorosa nella quale spesso si scambiano i ruoli. Spingendo una relazione con sadismo e masochismo fino al punto da ottenere il controllo perverso sull’altro/a per non perdere il proprio. E così, in una vita fatta di abitudini maniacali e geometriche, possono crearsi tensioni generate dal nulla (resterà indimenticabile la scena della prima colazione) arrivando a mettere in discussione la relazione stessa. Assistiamo ad un rapporto folle ma tenuto indissolubilmente legato da un filo nascosto. Appunto. E qui si traduce la cifra geniale del film.
Con uno stile diverso, ma non meno intenso, Guillermo del Toro narra la storia d’amore tra una donna sola e una misteriosa creatura. Un taglio favolistico che utilizza l’acqua come metafora di forte impatto visivo. Un incontro improbabile che va oltre ogni previsione, spalancando le porte a quell’amore totale, senza limitazioni, che solo le persone fortunate hanno la possibilità di vivere nell’esistenza terrena. Una storia audace per innamorati, che contrappone purezza e gentilezza al cinismo di personaggi spietati e senza scrupoli.
“Incapace di percepire la tua forma, ti trovo ovunque intorno a me, la tua presenza mi riempe gli occhi con il tuo amore e commuove il mio piccolo cuore, perché tu sei ovunque”. Basta questa frase, pronunciata da uno dei protagonisti del film, a consegnare allo spettatore quella dimensione di sogno e palpitazione che avvolge il tutto, fino al finale inatteso e liberatorio.
Lo ripeto: è davvero grande cinema. Anche se è prematuro dirlo sarà la storia a consacrarli film di culto e ci sono tutti gli indizi perché questo avvenga. Due pellicole che sarebbe meglio godersi in versione originale per meglio cogliere ogni aspetto curato ed elaborato da questi due grandi maestri.
A dare più spessore alle due opere vanno inoltre segnalate le colonne sonore raffinate e magistrali (Alexandre Desplat per La forma dell’acqua e Jonny Greenwood per Il filo nascosto) che sottolineano con eleganza lo svolgersi delle scene.
Tuttavia devo ammettere che uno dei due film ha avuto su di me maggior impatto emotivo, riuscendo a coinvolgermi totalmente: si tratta di The shape of Water, semplice fiaba densa di immagini ipnotiche in una cornice vintage che esalta il cinema immaginifico capace di scuoterti e di svelarti quelle risposte sull’amore che meglio aiutano a comprendere se stessi.