La promozione della lista di Emma Bonino campeggia nei maggiori scali ferroviari. Secondo il segretario di Rifondazione comunista viola la legge che vieta, dal trentesimo giorno prima del voto, "ogni propaganda elettorale luminosa". La leader radicale: "Una circolare del Viminale esclude gli audiovisivi". E i costi? "Coperti con il nostro fund raising". In base alle norme sulla parità di accesso, il prezzo del "pacchetto" scende a meno di 150mila euro
Un esposto per “propaganda elettorale luminosa illegale“. E, sui social, un florilegio di domande retoriche e attacchi: “Chi finanzia la campagna di +Europa che non è stata neanche in grado di trovare le firme per presentare la sua lista?”. Seguono le supposizioni più dietrologiche. Va per la maggiore “George Soros“, il magnate di origini ungheresi fondatore della Open society foundation, accusata più volte di “favorire l’afflusso di migranti in Europa”. Tutto nasce da una realtà di fatto: in una campagna elettorale giocata quasi in toto sui social e in tv, salta all’occhio come nelle maggiori stazioni italiane campeggiano con grandissima evidenza solo i messaggi della lista di Emma Bonino. Grandi schermi a led su cui scorrono – intervallati da altre pubblicità – brevi video con l’immagine della leader radicale seguita dal simbolo della lista alleata del Pd.
Il costo di questo tipo di comunicazione, però, è calmierato grazie alle norme sulla parità di accesso che valgono prima delle elezioni: Grandi stazioni retail, la società che “valorizza” dal punto di vista commerciale e pubblicitario gli scali ferroviari, concede uno sconto del 65% sugli impianti pubblicitari digitali, cosa che riduce l’esborso previsto dal listino a meno di 150mila euro. E nello scorso esercizio i Radicali hanno ricevuto contributi per oltre 300mila euro mentre il Centro democratico di Bruno Tabacci, tra i promotori della lista, ha raccolto più di 180mila euro grazie al meccanismo del 2 per mille.
Restano le contestazioni rispetto alla presunta illegittimità di quei messaggi. Nei giorni scorsi Maurizio Acerbo, segretario di Rifondazione comunista-Sinistra europea e candidato per Potere al Popolo, ha presentato un esposto al sindaco Virginia Raggi e alla Polizia municipale e per conoscenza alla procura della Repubblica, alla questura e alla prefettura della Capitale “per segnalare la pubblicità elettorale illegale in almeno due punti della città di Roma”. Infatti, scrive Acerbo, “all’interno della stazione Termini campeggia e sovrasta decine di migliaia di viaggiatori nello spazio antistante l’ingresso ai binari una gigantesca propaganda elettorale luminosa della lista +Europa che si alterna ad altri messaggi pubblicitari” e “all’esterno della Stazione Tiburtina campeggia un tabellone di pubblicità luminosa di grandezza almeno 6×3 con propaganda elettorale” della stessa lista.
Propaganda, secondo Acerbo, in contrasto con l’articolo 6 della legge 212/1956 (Norme per la disciplina della propaganda elettorale), che vieta “dal trentesimo giorno precedente la data fissata per le elezioni”, in questo caso quindi dal 2 febbraio, “ogni forma di propaganda elettorale luminosa o figurativa, a carattere fisso – ivi compresi tabelloni, striscioni o drappi – in luogo pubblico, con esclusione delle insegne indicanti le sedi dei partiti”. Divieto ribadito dal Protocollo di intesa per la disciplina della propaganda elettorale firmato l’1 febbraio in Prefettura a Roma. “C’è da domandarsi anche da dove vengano tutti i soldi che Bonino spende in questa campagna”, aggiunge Acerbo.
La lista +Europa risponde che la polemica è “strumentale“. La legittimità, spiegano gli addetti stampa della lista, “si evince anche dall’interpretazione che della legge sulla propaganda dà il Ministero dell’Interno nella circolare emanata in materia. Al titolo II, paragrafo 2 si legge testualmente: “… Si ritiene, invece, che le proiezioni cinematografiche ed i mezzi di comunicazione audiovisivi, anche a circuito chiuso, abbiano una caratterizzazione tale da non poter essere compresi nella generica accezione di mezzi di propaganda figurativa o luminosa dei quali l’articolo in esame fa divieto. Pertanto, il loro uso, sia in luogo aperto al pubblico che in luogo pubblico, in mancanza di un’esplicita proibizione normativa, deve considerarsi ammissibile”. Secondo la lista dell’ex ministro degli esteri e commissaria europea, dunque, i tabelloni luminosi ricadono nella categoria dei mezzi audiovisivi perché sugli schermi scorrono dei video.
I costi, infine. La formazione promossa da Radicali italiani, Centro Democratico e Forza Europa di Benedetto Della Vedova fa sapere che sono stati coperti esclusivamente grazie all’attività di fund raising presso i sostenitori e non c’è stato alcun supporto da parte del Pd. E aggiunge che “la rendicontazione avverrà nei termini e nei modi previsti dalla normativa”, che prevede la presentazione dei rendiconti ai Collegi regionali di garanzia elettorale entro tre mesi dalla proclamazione. Rispetto ai dubbi su come la lista abbia finanziato la campagna, Ilfattoquotidiano.it ha verificato innanzitutto quanto costa la propaganda sugli impianti negli scali del gruppo Grandi stazioni. L’importo è relativamente basso, perché la normativa sulla parità di accesso fa sì che le forze politiche abbiano diritto a sconti del 55% sugli impianti tradizionali e del 65% su quelli digitali rispetto al prezzo di listino. Il pacchetto maxi led/video wall, che prevede passaggi su 12 schermi Led formato 8×4 metri, 6×3,5 metri e 4×2,5 metri e su 3 videowall Lcd formato 4×2,8 metri nelle stazioni di Milano, Torino, Roma Termini e Tiburtina, Napoli, Firenze, Venezia e Bologna, costa da listino 420mila euro per 14 giorni con 855 passaggi al giorno. Con lo sconto elezioni, la cifra scende a 147mila euro. Per 427 passaggi al giorno bastano, con le condizioni agevolate disposte per garantire la par condicio, 88mila euro.