Cibo e aiuti umanitari in cambio di prestazioni sessuali. Una pratica così diffusa che molte donne ormai si rifiutano di andare nei centri di distribuzione nel timore di essere ricattate. Le ultime accuse che minacciano di far esplodere l’ennesimo scandalo nel mondo della cooperazione sono rivolte a diverse ong e l’Onu. La denuncia parte da alcuni operatori umanitari come Danielle Spencer, consulente umanitaria che lavora per un ente di beneficenza, che ha raccontato alla Bbc come alcune agenzie umanitarie stiano chiudendo un occhio sugli abusi in quanto si stanno servendo di organizzazioni terze e funzionari locali per distribuire aiuti in zone pericolose della Siria dove lo staff internazionale non può avere accesso.
“Non consegnavano gli aiuti fino a che le donne non si concedevano“, ha raccontato la cooperante all’emittente britannica descrivendo il terribile ‘modus operandì di alcuni suoi colleghi. “Mi ricordo di una donna che piangeva in una stanza, stava molto male – ha proseguito – una donna che si trova in un centro e aspetta di ricevere cose essenziali per poter vivere come cibo o sapone deve essere protetta. L’ultima cosa di cui ha bisogno è un uomo che la ricatti chiedendole di fare sesso con lei in cambio di quegli aiuti”, ha detto ancora.
Il fenomeno dello sfruttamento sessuale in cambio di aiuti era stato denunciato la prima volta tre anni fa. La Spencer ha ascoltato le accuse di donne siriane in un campo profughi in Giordania nel marzo del 2015. “Erano sconvolte. Gli aiuti venivano distribuiti in cambio di sesso”, aveva denunciato Spencer. Qualche mese dopo, a giugno, l’International Rescue Committee aveva denunciato che su 190 donne e ragazze a Daràa e Quneitra circa il 40% aveva subito violenza sessuale mentre cercavano di avere assistenza, tra cui aiuti umanitari. “La violenza sessuale aveva una diffusione preoccupante, anche nella distribuzione di aiuti umanitari”, aveva denunciato l’organizzazione. Le denunce furono presentate alle Agenzie Onu e alle organizzazioni caritatevoli internazionali in una riunione organizzata dall’Unfpa, lo United Nations Population Fund ad Amman il 15 luglio del 2015.
L’anno scorso l’Unfpa ha condotto una valutazione sulle violenze di genere nella regione e concluso che l’assistenza umanitaria è stata offerta in cambio di prestazioni sessuali in varie province della Siria. Il rapporto, intitolato Voci dalla Siria 2018, parla di “esempi di donne e ragazze sposate a funzionari per un breve periodo per sesso per poter ricevere dei pasti; gli addetti alla distribuzione di aiuti chiedono i numeri di telefono di donne e ragazze; danno loro aiuti ‘con qualcosa in cambio’ o distribuiscono aiuti “in cambio di una visita a casa loro” o “in cambio di una notte con loro”. Inoltre il rapporto spiega che “le donne e le ragazze ‘senza un protettore uomo’, come le vedove e le divorziate o le sfollate, sono particolarmente vulnerabili allo sfruttamento sessuale”.
Un portavoce dell’Unhcr, l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, ha parlato di informazioni insufficienti per adottare provvedimenti contro persone o organizzazioni accusate di sfruttamento sessuale delle donne in Siria. Tuttavia l’Unhcr ha commissionato una nuova inchiesta per avere maggiori informazioni e adottare misure di prevenzione e di segnalazione.
Una portavoce di Oxfam ha raccontato che l’organizzazione non sta lavorando con i consigli locali per la distribuzione di aiuti nel sud della Siria. “Il nostro lavoro in Siria è stato in gran parte focalizzato sulla fornitura di hardware su larga scala per la distribuzione di acqua alle comunità siriane, piuttosto che indirizzare gli aiuti a individui o famiglie specifiche – ha detto – non abbiamo ricevuto denunce sullo sfruttamento sessuale intorno alla consegna degli aiuti nel 2015, ma abbiamo una politica di tolleranza zero in merito”.