La legge approvata a giugno scorso dalla giunta campana, che salverebbe 70mila abitazioni abusive, è stata impugnata: deve esprimersi la Consulta. Ma il governatore va avanti con una delibera che fissa i criteri per stabilire quando sia "più opportuno" acquisire il fabbricato invece che far intervenire le ruspe. Il segretario della commissione Ambiente: "Specchietto per le allodole in campagna elettorale"
Non si arrende la Regione Campania e sfida il governo Gentiloni varando le linee guida affinché i Comuni possano scegliere misure alternative alle demolizioni di immobili abusivi. Nonostante la legge che le blocca, approvata a giugno scorso dalla giunta De Luca, sia stata impugnata dall’esecutivo perché “contiene norme in contrasto con i principi fondamentali in materia di governo del territorio e con norme statali a tutela dell’ambiente”, si dà il potere ai Comuni di fermare gli abbattimenti ignorando l’ordine di demolizione del giudice. Come se nulla fosse, infatti, il 6 febbraio scorso è stata varata la delibera di giunta 57 che attua la legge 19 approvata dal consiglio regionale il 29 giugno 2017. Una sanatoria targata De Luca (impugnata davanti alla Corte Costituzionale) che sancirebbe la salvezza di 70mila abitazioni abusive in Campania. Sbarrata la strada maestra, dunque, si cerca di entrare dalla finestra. Questo dopo la bocciatura, solo a ottobre scorso, del Ddl Falanga che avrebbe introdotto ‘l’abusivismo di necessità’.
QUESTIONE DI CAMPAGNA ELETTORALE – Il tutto accade negli stessi giorni di una campagna elettorale che ha visto il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi ipotizzare una sanatoria edilizia per i casi di abusivismo di necessità “solo se si restringe con il massimo rigore il concetto di necessità”. Dalla sua stessa coalizione, Matteo Salvini ha subito messo i paletti contro l’ipotesi di condono, tanto che dall’ufficio stampa di Berlusconi si sono immediatamente affrettati a precisare che il leader di Forza Italia non aveva mai pronunciato la parola ‘condono’. E ora ci pensa De Luca. Che di condono neppure parla mai. “Di fatto questa delibera è una forzatura e, se la Consulta darà ragione al Governo Gentiloni, le linee guida diventeranno cartastraccia” ha detto a ilfattoquotidiano.it il consigliere regionale del Movimento 5 Stelle Vincenzo Viglione, segretario della Commissione Ambiente, secondo cui si tratta “di uno specchietto per le allodole lanciato in campagna elettorale, che però rappresenta un non senso”. Questo perché i Comuni hanno già la possibilità garantita dal Testo unico per l’edilizia “di poter acquisire in casi particolari un immobile abusivo. Questo è un tentativo di allargare le maglie della legge – aggiunge – e salvare degli immobili che non avrebbero titolo. Ha ragione l’Avvocatura dello Stato a parlare di condono mascherato”.
I TENTATIVI FALLITI – La nuova delibera dovrebbe attuare la legge regionale 19: “Misure di semplificazione e linee guida di supporto ai Comuni in materia di governo del territorio” che però è stata impugnata davanti alla Corte costituzionale la scorsa estate. E non è la prima volta che la Consulta blocca la Regione. Con la sentenza 107/2017, ad esempio, era stata già bocciata la legge regionale 6 del 2016 (anche quella impugnata dal’Esecutivo) che prorogava per l’ennesima volta il Piano Casa e, in contrasto con il Testo unico dell’edilizia, ampliava le possibilità di sanatoria anche per gli interventi realizzati senza permesso, ma che per le loro caratteristiche sarebbero successivamente risultati conformi al Piano Casa. Un condono ad hoc, secondo i giudici, che hanno dichiarato l’illegittimità costituzionale della norma. E poi c’era stata la legge regionale 16/2014, che riapriva i condoni del 1985 e del 1994 cercando di sbloccare le pratiche giacenti presso i Comuni.
LE LINEE GUIDA – La legge regionale 19 prevede, invece, che i Comuni della Campania, in alternativa alla demolizione, possano acquisire gli immobili abusivi che non siano in contrasto con gli interessi urbanistici, ambientali o di rispetto dell’assetto idrogeologico, per poi locarli o venderli, dando priorità agli occupanti per necessità”. Cioè agli occupanti abusivi. Tutto questo “nel rispetto della disciplina statale e regionale vigente”. Le linee guida, con valore di indirizzo, “ispirate ai principi di semplificazione ed efficienza amministrativa” stabiliscono i criteri attraverso i quali i Comuni possono stabilire i casi in cui sia più opportuno acquisire piuttosto che demolire gli immobili. E si forniscono agli enti le istruzioni per adottare misure alternative agli abbattimenti.
Si indica come valutare i casi in cui l’interesse pubblico prevalga rispetto alla demolizione e i criteri per capire se l’opera contrasti o meno con rilevanti interessi urbanistici, ambientali o di rispetto dell’assetto idrogeologico. Il consiglio comunale potrà decidere di non procedere alla demolizione nel caso in cui “ravvisi la sussistenza di un interesse pubblico che giustifichi la permanenza dell’opera abusiva e il carattere prevalente dello stesso”. Nell’allegato tecnico che accompagna la delibera si elencano diversi esempi di ‘interesse pubblico’, come l’utilizzo dell’edificio abusivo per uffici pubblici o servizi sociali o per incrementare il patrimonio comunale e far aumentare le entrate del comune attraverso locazioni o alienazioni, ma anche il soddisfacimento di esigenze abitative e contrastare l’“aggravarsi delle condizioni di disagio abitativo e precarietà sociale” nelle zone dove “il fenomeno della realizzazione di edifici ad uso residenziale privi di titolo abilitante riveste proporzioni di particolare rilevanza e nelle quali l’adozione di misure alternative all’abbattimento è compatibile con il perseguimento delle finalità di riqualificazione”.
Le linee guida regolano poi la locazione e vendita degli immobili acquisiti al patrimonio comunale per inottemperanza all’ordine di demolizione e spiegano a chi può essere attribuito il requisito di occupante per necessità. Più nel dettaglio si illustra ai Comuni come si determinano il limite di adeguatezza dell’alloggio alla composizione del nucleo familiare, il canone di locazione e il prezzo di vendita. Per quanto riguarda gli occupanti per necessità, la Regione esclude dalla possibilità di affittare o vendere l’immobile a delinquenti abituali, professionali o per tendenza, salvo riabilitazione, pregiudicati per delitti non colposi con pena detentiva non inferiore nel minimo a tre anni, oppure per ricettazione, riciclaggio, insolvenza fraudolenta, bancarotta fraudolenta, usura, rapina, delitti contro la persona commessi con violenza, estorsione. O ancora per reati contro l’igiene e la sanità pubblica, frode nella preparazione e nel commercio degli alimenti previsti da leggi speciali. Esclusi anche i sottoposti a misure di prevenzione e misure di sicurezza. “A parte il fatto che molti criminali risultano nullatenenti e disoccupati – spiega Viglione – e che ad oggi è impossibile avere certezza che non si stia affidando un immobile, per esempio, a un affiliato, ma resta il problema di base, ossia che si tratta comunque di un immobile abusivo. Che resta in piedi”.
LA SITUAZIONE IN CAMPANIA – E attualmente in Campania ce ne sono circa 70mila. Secondo Legambiente sono 27mila solo nei comuni della zona rossa del Vesuvio. Oltre 60mila le ordinanze di demolizione. E dato che nel 2003 la Regione governata da Bassolino non aderì al condono previsto dal governo, si sono accumulate diverse sentenze che aprono la strada alle demolizioni. Stando ai dati raccolti in Ecomafia 2017 nel 2016, nel ciclo del cemento, in Italia sono state accertate 4.426 infrazioni. La Campania si conferma la regione leader per quanto riguarda il cemento illegale, con il 17,3% dei reati.