A pochi giorni dal voto, tra programmi elettorali tanto strabilianti quanto inverosimili, gli italiani – che si apprestano a votare in un Paese in cui la povertà e l’ineguaglianza delineano sotto molti aspetti un rapporto fra Stato e cittadino come tra un sovrano e i suoi sudditi – dovrebbero leggere (o rileggere) Istruzioni alla servitù dello scrittore irlandese Jonathan Swift. Uno spietato e beffardo manualetto del sabotaggio e della rappresaglia pubblicato nel 1745: “Come e qualmente i Servitori possano e debbano disubbidire, confondere, ingannare, ridicolizzare, truffare, svergognare, umiliare i loro Padroni”.
Le istruzioni (o meglio, istruzioni a mal fare) riguardano tutti i servi in generale: al maggiordomo, alla cuoca, al valletto, allo stalliere, alla cameriera, alla balia, alla governate e all’istitutrice ecc. e forniscono precise indicazioni su come sabotare, ridicolizzare, smascherare, sbugiardare il proprio Padrone. Nelle istruzioni alla Fantesca si raccomanda che “se il padrone e la padrona vanno in campagna per una settimana o più, di non lavar mai la camera da letto o la sala da pranzo” se non “giusto un’ora prima di quando tu prevedi che tornino”. E alla cuoca “se hai l’incarico di far la spesa, compra la carne al più al più basso prezzo possibile: ma quando rendi i conti, sii gelosa dell’onore del tuo padrone; e segna il prezzo più altro” e ancora alla cuoca “se la padrona ti ordina di metter su pezzo di carne per cena, non interpretarlo nel senso che devi metterla tutta; perciò puoi offrirne metà a te stessa e al maggiordomo”. E alla cameriera “indossa la camicetta della tua padrona… ti darà prestigio, risparmierà la tua biancheria, e non ne soffrirà affatto”.
Questo necessario esercizio di sabotaggio – avverte Lodovico Terzi nella sua bellissima introduzione – che ogni lettore attento potrà facilmente trasporre dalla cucina a tutti gli altri possibili luoghi, ci mostra il Servitore che vessa il Padrone e lo sfrutta, ledendo in questo modo, l’aureola della Sovranità ben più gravemente che con un pamphlet di immediato tema politico. Una piccola antropologia del Risentimento – continua Terzi – in cui il disprezzo per le conclusioni rassicuranti, la conoscenza arcigna della realtà, l’uso del paradosso e dell’ironia, sono considerati di pubblica utilità.