Dal Cipe arrivano 4,3 miliardi, a una manciata di giorni dalle urne: 740 milioni di euro per i centri storici e il turismo, un miliardo per il contrasto alle delocalizzazioni e i contratti di sviluppo. Uno e passa per infrastrutture, grandi e piccole. Una pioggia di fondi sul “sistema Italia” deliberata oggi nella riunione Comitato interministeriale per la programmazione economica (Cipe) presieduto dal capo del governo Paolo Gentiloni che non si vedeva da tempo e che arriva nell’ultima riunione prima delle elezioni, a quattro giorni dal voto. Era programmata per il 22 febbraio ma è slittata al 28, con un tempismo che potrà ingenerare qualche sospetto e polemica cui lo stesso ministro Carlo Calenda ha rischiato di dare sostanza, rilasciando un’intervista da Avvenire nella quale parla del destino del governo e anticipa alcune misure.

Di sicuro l’entità delle risorse impiegate è “importante” e le finalità cui rispondono legittime e anzi necessarie. Si parte con la Cultura che ottiene il via libera allo stanziamento di 740 milioni per il piano nazionale da 59 nuovi interventi sul patrimonio di tutto il Paese e interventi specifici per 360 milioni in 4 centri storici di quattro città importanti del Sud (Taranto, Palermo, Napoli e Cosenza), 10 milioni per buffer zone di Pompei, 32 per Ostia antica, 20 milioni per il litorale domizio, 135 per audiovisivo e imprese creative, 55 mln per il turismo sostenibile. Saluta l’impegno come una vittoria il responsabile dei Beni Culturali e del Turismo, Dario Franceschini: “E’ un altro grande investimento – rimarca Franceschini – che porta, per dimensione, le risorse destinate ai beni culturali dai 37 milioni che ho trovato in un piccolo capitolo di bilancio quattro anni fa a oltre 4 miliardi e 200 milioni di interventi già finanziati”. Con 1.500 cantieri aperti.

Ci sono fondi anche per infrastrutture, come la statale 106 Ionica che riceve un miliardo. Ma soldi arrivano anche “per il porto di Ravenna e progetti di accessibilità stradale a Malpensa per 220 milioni. In più si affiancano altre risorse Fsc per quasi un miliardo, distribuite in tutte le regioni, per sistemi di trasporto sostenibili ed eliminare le strozzature nelle principali reti”. Ad affermarlo in una nota è il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Graziano Delrio, al termine della riunione.

Fondi anche per l’impresa. Il ministro del Mise Calenda all’uscita annuncia: “Oggi il Cipe ha deliberato 200 milioni per il fondo per il contrasto alle delocalizzazioni e 850 milioni per i contratti di sviluppo: 1 miliardo e 50 milioni per gestire i processi di reindustrializzazione, transizioni e crisi industriali. La politica industriale di sviluppo rappresentata da Impresa 4.0, dal piano straordinario Made in Italy e dalla Sen, viene ora affiancata da una politica industriale di protezione per i lavoratori e le aziende spiazzate da innovazione tecnologica e globalizzazione”. Perché proprio oggi, a quattro giorni dal voto, è una domanda forse strumentale ma non proprio campata in aria, visto che lo stesso Calenda –  in un’intervista all’Avvenire oggi in edicola – anticipava parte dei provvedimenti parlando proprio di elezioni e destino dell’attuale esecutivo.

Il concetto è che senza un governo “effettivo” interventi come questi non saranno possibili. L’intervista tocca il tema del post-voto, con Calenda (non candidato ma impegnato a sostenere il Pd e Bonino) che spiega così cosa serve all’Italia: “Dobbiamo continuare in un’azione, seria per una crescita basata su ‘più investimenti, più lavoro, più reddito’. Non si fa crescita in altri modi non ci sono scorciatoie”, a tale proposito – si legge – il Cipe dovrebbe deliberare oggi, “con congrui finanziamenti”, “un fondo anti-delocalizzazioni, che sarà gestito da Invitalia per consentire di prendere un’azienda in crisi, ristrutturarla e rivenderla sul mercato. È un’azione a cui dobbiamo dare priorità, perché globalizzazione e innovazione divideranno sempre più aziende e lavoratori fra vincenti e perdenti”. Priorità, dirà qualcuno, a quattro giorni dal voto.

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