Società

Milano, luci di periferia: dal Giambellino fino a San Siro, i residenti fanno rinascere i quartieri dimenticati dalla politica

L'amministrazione comunale aveva promesso progetti di rilancio e milioni di euro di investimenti, che però tardano ad arrivare. Risultato: gli abitanti si rimboccano le maniche e si mettono in rete per rilanciare le zone della città più trascurate. Come al mercato del Lorenteggio, che pochi anni fa rischiava di chiudere e che ora è una realtà virtuosa. O a Calvairate, che da vent’anni organizza il pranzo di Natale per chi è solo

Giuseppe Sala l’aveva dichiarato nel suo primo discorso da sindaco di Milano: “Le periferie saranno la nostra ossessione”. Pochi mesi dopo ha annunciato il “più grande intervento di riqualificazione urbana dal dopoguerra” nei quartieri maggiormente trascurati: 365 milioni di euro tra opere infrastrutturali e “cantieri sociali”. Ma, ad oggi, i fondi non sono ancora stati reperiti tutti e gli interventi stentano a partire. In molti casi, a rimboccarsi le maniche sono i cittadini, stanchi di aspettare. Tra feste di cortile, scuole di lingua, sportelli di ascolto e recupero degli spazi abbandonati, la rivincita delle periferie parte dal basso.

Giambellino e Lorenteggio – Il Laboratorio di quartiere Giambellino-Lorenteggio, sud-ovest Milano, è nato nove anni fa. Oggi conta 150 volontari, che tengono aperta la sede per 32 ore alla settimana. “Il nostro quartiere è stato abbandonato dalle istituzioni per quarant’anni. Le case letteralmente crollavano, molti residenti tuttora non vivono dignitosamente”, racconta Luca Sansone, uno dei volontari del Laboratorio. I problemi principali qui sono la povertà e il racket degli alloggi popolari. Situazioni che aumentano i conflitti sociali e generano discriminazione. “Il Laboratorio è nato proprio per rispondere al bisogno di coesione del Giambellino”, continua Sansone. E così si sono inventati i corsi di italiano per stranieri, la scuola di circo per bambini e ragazzi, il doposcuola, il laboratorio di teatro, il cinema all’aperto. Le attività sono pensate per non escludere nessuno e vengono decise tutti insieme: ogni anno a settembre ci si riunisce in assemblea e si programma il calendario delle iniziative. Sulla cultura – non intesa in senso classico, ma come saper fare – punta anche Dynamoscopio, organizzazione no profit nata anche lei tra i caseggiati popolari del Cerutti Gino cantato da Gaber. I membri sono sei giovani ricercatori, le cui competenze spaziano dall’antropologia all’urbanistica, dall’architettura alle nuove tecnologie. Il progetto di cui vanno più orgogliosi è quello del mercato comunale del Lorenteggio: solo quattro anni fa stava per chiudere i battenti, mentre oggi è un luogo vivo e aperto a tutti. Fondamentale la partecipazione della cittadinanza. “In questa zona non esistono piazze, per cui ci siamo rivolti direttamente agli abitanti per capire quali fossero i loro punti di ritrovo. Così abbiamo deciso di intervenire sul mercato coperto”, spiega Jacopo Lareno di Dynamoscopio. Nell’autunno 2016 la ristrutturazione degli spazi, con il contributo del Municipio, poi l’operazione di rilancio. “Abbiamo lavorato coi commercianti per aiutarli a proporre servizi diversi – continua Lareno – Ora, ad esempio, nel weekend uno degli stand si trasforma in ristorante di quartiere. Con un gruppo di donne straniere, invece, abbiamo avviato un’attività di catering: l’obiettivo è inserirsi nel mercato del cibo”.

San Siro – Ma non sempre si tratta di iniziative nuove. Il Comitato di quartiere San Siro, ad esempio, ha ventotto anni di storia alle spalle. Era il 1990 quando un gruppo di residenti, per la maggior parte in quota rosa, valutò che la situazione di degrado (sociale ed edilizio) della zona, periferia nord-ovest della città, non fosse più tollerabile. Da allora la presidente Lucia Guerri combatte da un lato contro le occupazioni abusive delle case popolari e dall’altro contro la lentezza delle assegnazioni degli alloggi. Qualcosa però, spiega, sta cominciando a cambiare. Anche all’interno del comitato: “Negli ultimi tempi si sono uniti a noi alcuni giovani – racconta Guerri – e con loro sono arrivate idee nuove”. Una di queste è il giornalino del rione, che debutterà il mese prossimo. E sempre a febbraio dovrebbe riaprire il “laboratorio di quartiere”, voluto dal Comune nei primi 2000 ma le cui attività negli ultimi anni si erano interrotte.

Calvairate – Il primato di longevità milanese, però, lo detiene il Comitato Inquilini Molise-Calvairate-Ponti, quasi quarant’anni di storia al servizio dei 3mila alloggi popolari del quartiere all’estremità sud-est della città. Animatrice è la storica attivista Franca Caffa, tuttora impegnata “da mattina a sera” nelle iniziative del comitato. Caffa non nasconde le difficoltà, e sorride se le si parla di “fermento” delle periferie, ma qualcosa si sta muovendo anche qui. Da poco è di nuovo aperto lo sportello che offre assistenza legale gratuita agli abitanti delle case Aler e sono stati riattivati i corsi di lingua e cultura italiana (ma ci sono anche quelli di arabo, autogestiti da madrelingua per non disimpararlo e per tramandarlo ai figli). Altre attività, invece, vanno avanti da un quarto di secolo: è il caso del “Natale Insieme”, il pranzo comunitario del 25 dicembre per anziani e persone sole. “Bisogna costruire unità tra le popolazioni dei quartieri popolari, in modo da elaborare politiche comuni e fare pressione sulle istituzioni – spiega Caffa – è questo il compito che il Comitato si assume da trent’anni, insieme a quello della rappresentanza degli esclusi”.

San Cristoforo – Quello che preme a chi si lavora sulle (e nelle) periferie è ricordarsi che ogni luogo ha la sua storia e le sue caratteristiche specifiche e non va snaturato. E il desiderio di far emergere un’identità territoriale è l’obiettivo di Around Richard, neonata realtà del quartiere San Cristoforo, sul Naviglio Grande. Il nome richiama la Richard Ginori, storica fabbrica di ceramiche che qua sorgeva. Qui lo scenario cambia: non si tratta più di periferie abbandonate e degradate, e a mettersi in rete questa volta sono un gruppo di quaranta imprenditori della zona. Non c’è un tema prevalente: si va dallo sport alla ristorazione, dall’antiquariato alla moda. “Le iniziative e il fermento in zona c’erano già, ma ci mancava un nome, una riconoscibilità”, racconta Giacomo Biraghi, uno dei fondatori dell’associazione. “Il nostro scopo? Creare un calendario di eventi per il quartiere e valorizzarlo senza stravolgerlo o omologarlo ad altre zone”.