Sono sette gli italiani arrestati in Slovacchia nell’indagine nata dal reportage del giornalista Jan Kuciak, ucciso domenica con la fidanzata. Come riferisce il quotidiano Korzar, l’operazione condotta dall’Agenzia nazionale anticrimine ha portato inizialmente all’arresto dell’imprenditore Antonio Vadalà, del fratello Bruno e del cugino Pietro Catroppa. Successivamente, il capo della polizia Tibor Gaspar ha confermato l’arresto di altre quattro persone identificate come Sebastiano V., Diego R., Antonio R. e Pietro C.
La polizia ha condotto raid in case e aziende legate a Vadalà, di origine calabrese, a Michalovce e Trebisov, nell’est del Paese, tutte “persone nominate a più riprese dalla stampa, tra cui nell’ultimo articolo di Kuciak” ha fatto sapere il capo della polizia slovacca, Tibor Gaspar. La pista principale delle indagini è proprio quella “italiana“, con al centro la ‘ndrangheta: Gaspar ha reso noto che nel corso delle perquisizioni sono state arrestate complessivamente una decina di persone.
Un’ipotesi avvalorata anche dal procuratore di Catanzaro, Nicola Gratteri, che ai microfoni di Radio 1 ha detto: “È ovvio che la ‘ndrangheta è capace di fare queste cose. È radicata, non infiltrata, non solo in tutta Italia ma anche nei paesi europei come Germania, Svizzera ma anche nell’est europeo, oltre che in Slovacchia anche in Bulgaria e in Romania. La ‘ndrangheta si sta estendendo verso l’Est. Va dove c’è da gestire potere e denaro e dove ci sono da gestire opportunità. Le mafie stanno acquistando latifondi per piantare vigneti, per piantare colture, il cui fine è quello di arrivare ai contributi europei“.Alle indagini stanno collaborando Fbi e Scotland Yard come ha riferito il ministro degli Interni di Bratislava, Robert Kalinak, che in un messaggio su Facebook ha scritto che le autorità sono in contatto con “le più importanti agenzie investigative del mondo”, dopo aver chiesto la loro collaborazione nelle indagini.
Della famiglia Vadalà e dei presunti legami con la ‘ndrangheta ha scritto Kuciak nel reportage pubblicato mercoledì dal suo giornale. Nel suo articolo descriveva le attività della criminalità organizzata italiana in Slovacchia. In particolare, aveva raccontato degli affari di quattro famiglie calabresi presenti in Slovacchia soprattutto nei settori dell’agricoltura, del fotovoltaico, del biogas e dell’immobiliare e ritenute nell’orbita ‘ndranghetista: sono i Vadalà, i Cinnante, i Rodà e i Catroppa. Secondo Kuciak, si tratta di gruppi che hanno in Slovacchia decine di società e grazie a frodi varie e manipolazioni sfruttano milioni di euro dai fondi europei. Il cronista ha rivelato anche di contatti di persone dell’entourage del premier Robert Fico con queste figure sospettate di legami con la ‘ndrangheta come denunciato dai suoi colleghi.
“Hanno cominciato a svolgere attività imprenditoriali qui e sfruttare i fondi europei, ma soprattutto a costruire rapporti con importanti persone degli ambienti politici, fino all’ufficio del Governo della Repubblica slovacca”, ha scritto Kuciak. Il giornalista raccontava i legami d’affari di Maria Troskova, l’assistente di Fico, e di Villiam Jasan, ex deputato dello Smer, partito del premier e attuale segretario del Consiglio di sicurezza con un imprenditore italiano di una delle quattro famiglie citate. “Vuol dire che due soggetti dell’entourage della persona arrivata in Slovacchia, denunciato in un caso di mafia in Italia, sono ogni giorno in contatto con il premier: le ha scelte Robert Fico in persona”, ha scritto il giornalista. Ieri Marek Madaric, ministro slovacco della Cultura, ha rassegnato le dimissioni pur non essendo citato nell’articolo. Passo indietro anche per Troskova e Jasan.
“Già da tempo la Procura distrettuale antimafia di Reggio Calabria aveva ufficialmente posto all’attenzione degli organi di polizia internazionale e della polizia nazionale slovacca la necessità di monitorare le attività del gruppo dei calabresi arrestati perché sospettati di essere coinvolti nell’omicidio del giovane giornalista Jan Kuciack e della sua compagna – ha detto all’Ansa il procuratore facente funzioni di Reggio Calabria Gaetano Paci -. Il sospetto era nato focalizzando i movimenti degli arrestati, tutti appartenenti e collegati a famiglie mafiose di Bova Marina e di Africo Nuovo, per l’improvviso esplodere di posizioni di grande valore economico ed imprenditoriale in Slovacchia cui erano divenuti titolari: dalle iniziative sulle energie alternative, alle attività agricole e zootecniche”. “Anche in quel Paese, stando alle prime fasi dell’inchiesta – ha detto ancora il capo della Dda reggina – emerge, preoccupante, l’affermarsi del ‘modello ‘ndranghetà, capace di instaurare relazioni collusive con segmenti dell’establishment politico e amministrativo locale e condizionare a proprio vantaggio in maniera distorsiva e determinante in senso negativo i poteri locali nei territori in cui uomini della ‘ndrangheta si riposizionano. Lo abbiamo già evidenziato con le inchieste eseguite nei Paesi del nord Europa, ne emerge conferma, adesso, dell’espansione della ‘ndrangheta e dei suoi metodi corruttivi nei Paesi dell’est europeo dove, peraltro, non esistono gli stessi strumenti legislativi e le stesse prassi avanzate che abbiamo in Italia per contrastare efficacemente la ‘ndrangheta”.
La presenza di interessi della ‘ndrangheta anche in Slovacchia era segnalata nell’ultima relazione della Direzione investigativa antimafia.
“I nuovi sbocchi commerciali determinatisi a seguito della globalizzazione dei mercati – rilevava il documento – potrebbero attirare verso alcuni Paesi dell’Est europeo, tra cui la Repubblica Slovacca, le mire espansionistiche delle organizzazioni criminali di matrice italiana, sempre alla ricerca di ‘mercati nuovì per poter riciclare proventi illeciti”. In particolare, si sottolinea, lo scambio info-investigativo con gli investigatori slovacchi ha riguardato “società e soggetti collegati ad un’organizzazione legata alla ‘ndrangheta, dedita al riciclaggio attraverso transazioni finanziarie all’estero”.