“Questo processo non è fondato su alcuna prova”. Sono parole nette quelle scelte dall’avvocato Basilio Milio per cominciare la sua arringa difensiva davanti alla corte d’assise di Palermo che sta celebrando il processo sulla Trattativa tra pezzi delle Istituzioni e Cosa nostra. “Questo processo non mira ad accertare reati, perché i carabinieri non hanno commesso alcun reato. Questo processo ha il solo scopo di mascariare Mario Mori, Antonio Subranni e Giuseppe De Donno“, è la linea del legale dei tre ex ufficiali del Ros imputati insieme a boss come Leoluca Bagarella, pentiti come Giovanni Brusca, politici come Marcello Dell’Utri e Nicola Mancino.
“Che sia solo un tentativo di infangare i carabinieri – ha aggiunto l’avvocato Milio – lo dimostra la richiesta di pena fatta dai pm, alludo ai 15 anni chiesti per Mori, solo di un anno inferiore a quella proposta per il boss Leoluca Bagarella. E più alta anche di quella richiesta per Calogero Mannino, ritenuto secondo la tesi accusatoria, il motore della trattativa”. Mannino, giudicato separatamente è stato assolto in primo grado con il rito abbreviato.
“Vi dimostrerò che si tratta di una vera persecuzione, un tentativo di ricostruire non la verità ma la storia secondo una versione politico-ideologica. Sentendo le richieste di pena sollecitate per i miei assistiti mi sono un pò vergognato di essere italiano”, ha aggiunto. Nel suo intervento l’avvocato ha letto numerosi stralci della sentenza, divenuta ormai definitiva, che ha assolto Mori dall’accusa di favoreggiamento a Cosa nostra per il mancato arresto del boss Bernardo Provenzano.
“Il papello è un documento falso, un documento anonimo partorito dalla fantasia di Massimo Ciancimino”, ha poi aggiunto Milio, riferendosi al documento documento scritto a mano contenente, secondo l’accusa, le richieste avanzate da Cosa nostra allo Stato per avviare la trattativa tra pezzi delle istituzioni e la mafia. L’appunto, secondo il racconto di Massimo Ciancimino, sarebbe stato scritto da suo padre, l’ex sindaco mafioso Vito Ciancimino, e consegnato a Mori e a Donno. Per Ciancimino junior, imputato nello stesso processo per concorso esterno a Cosa nostra, gli ufficiali dell’Arma avrebbero avviato con suo padre una vera e propria trattativa, dopo Capaci e prima della strage di via D’Amelio in cui morì Paolo Borsellino, il 19 luglio del 1992.