Il casting da telenovela della selezione da parte di Luigi Di Maio dei propri ministri (in pectore) ha riservato l’ennesima sorpresa, forse la più clamorosa. “La mutazione genetica” del Movimento 5 stelle – dopo l’istituzione del ministero della Meritocrazia (da non confondersi con il merito) e di quello della Famiglia (cosa non si farebbe per arrivare ad occhieggiare a qualsiasi tipo di immaginario trasversale, compreso quello tradizionalista!) – continua.

La biografia e la vocazione del candidato ministro dell’Istruzione possono infatti essere riassunte nella prima affermazione fatta da Salvatore Giuliano: la “Buona Scuola non va abolita, ma migliorata”. Che fine hanno fatto le dichiarazioni di Di Maio che il 14 gennaio aveva invece affermato: “La riforma Renzi non ha nulla di buono. La smantelleremo partendo proprio da quelle misure che hanno trasformato la scuola in un’azienda: i super-poteri ai presidi, la chiamata diretta dei docenti, il bonus premiale e la card formazione per i docenti che è più una mancetta elettorale”?

Le ipotesi sono due: o il “preside 2.0” – come la retorica lo ha più volte definito a fronte del suo notorio presenzialismo mediale – non aveva letto quanto dichiarato dal suo capo politico; o il capo politico – come molto spesso è già accaduto – ha cambiato idea.

Già, Salvatore Giuliano è un dirigente scolastico; e di una delle più famose scuole del Mezzogiorno, l’Itis Majorana di Brindisi, uno dei primi istituti a sperimentare il percorso a 4 anni della scuola secondaria di secondo grado, con tanto di flipped classroom. Tra le benemerenze considerate per questa designazione, l’impiego totemico e massivo delle tecnologie digitali, che aveva suscitato – certo non per caso – l’entusiasmo del non rimpianto ministro Profumo.

Non basta: Giuliano è stato un esponente di punta dell’Anp (Associazione nazionale Dirigenti scolastici e Alte professionalità), l’organizzazione che più ha contrastato e ostacolato la mobilitazione e la resistenza contro gli arbitrii della legge 107 perché favorevole alla gerarchizzazione delle relazioni professionali, alla totale aziendalizzazione delle istituzioni scolastiche, alla subordinazione dei percorsi formativi alle esigenze del mercato, alla precarizzazione del rapporto di lavoro attraverso la chiamata diretta degli insegnanti da parte dei dirigenti. E quindi si riconosceva totalmente nell’uomo solo al comando previsto dalla “Buona Scuola”.

È vero, proprio in occasione della presentazione da parte di Di Maio, Giuliano ha affermato di essersi dimesso quando “Anp utilizzava il termine ‘docente contrastivo’ con riferimento ai professori contrari alla Buona scuola”. E ha aggiunto: “Non scioperai in occasione dello sciopero del 5 maggio (2015, NdR) contro la 107 poiché coincideva con le prove Invalsi. Insieme a tanti docenti e dirigenti sostenemmo che la 107 andava superata”.

Come si conciliano, però, queste dichiarazioni di oggi con la totale approvazione esternata direttamente a Renzi a Venaria Reale, nel novembre del 2015, quando Salvatore Giuliano arrivò ad affermare: “La scuola è con lei, presidente”?

E ancora: a comprova del proprio elevato indice di gradimento della legge 107, il dirigente scolastico Salvatore Giuliano ha accettato nel 2016 di far parte dello staff del ministro dell’Istruzione – allora Giannini – in qualità di esperto per l’attuazione del Piano Nazionale Scuola Digitale e per la formazione dei dirigenti scolastici

Ho vari amici, con cui ho condiviso momenti molto importanti dell’impegno politico e culturale in difesa della scuola della Costituzione, che militano nel M5S. Lo fanno con convinzione e certo in buona fede. Mi chiedo quale sarà la loro reazione nell’apprendere che l’auspicata ed evocata abrogazione “senza se e senza ma” di quella che chiamavamo “legge inemendabile” (la 107, autoproclamatasi Buona Scuola) non sarà/ebbe un atto di un potenziale governo targato 5 Stelle.

Per la verità, questa possibilità non è mai stata esplicitata nel programma diffuso dal Movimento, se non sommariamente nell’ultima pagina, dopo aver però prospettato una “revisione” di alcune parti del testo della legge. Ma le dichiarazioni del Capo Politico rimangono agli atti. Mi chiedo, allora, quale senso possa avere, per coloro che hanno difeso con noi la scuola pubblica, veder ribaltare il significato di quella nostra comune resistenza; e rovesciare i principi ai quali hanno/abbiamo creduto.

La montagna non ha partorito il topolino. Ma un mostro: avendo sperimentato la “Buona”, non oso pensare cosa possa essere la “Migliore (in salsa Anp o meno) Scuola”.

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