Primo dato di queste elezioni è il trionfo del M5S: primo partito italiano, votato da quasi un elettore su tre. Si è compiuta una rivoluzione copernicana: quella richiesta di novità e cambiamento che dal 2013 è stata irrisa – politicamente e mediaticamente – ha ora conquistato il centro della scena politica. Gli altri pianeti politici, comunque vada, dovranno “trattare” con il Movimento.
Il secondo dato inequivocabile è il crollo di Matteo Renzi e Silvio Berlusconi: il Pd va al minimo storico, ben sotto la soglia del 25% di Pierluigi Bersani nel 2013 e, con un risultato inferiore al 20, dignità vorrebbe che Renzi si dimettesse da segretario (chissà); stesso discorso per la débâcle di Forza Italia, superata dalla Lega di Salvini (altro trionfatore di queste elezioni) e per la fine del leader Berlusconi. Ora si può dire o continuiamo, come in campagna elettorale, a fingere che B. sia un “moderato” Highlander, perfettamente lucido nonostante il film “Paura e delirio” che ci ha offerto in queste settimane da inventore dell’Alta Velocità, risolutore della Guerra Fredda e “in Sicilia lavorano solo 1.800 persone”? Crollo di Renzi e Berlusconi che significa fine del sogno/incubo Nazareno, in vista del quale si è costruita a tavolino questa legge elettorale Obbrobrium, e che gli elettori hanno sonoramente bocciato. Il messaggio che arriva dagli italiani è chiaro: vogliamo cambiare, basta inciuci.
Poi ci sono le controfigure usate da Renzi in campagna elettorale: per le scene d’amore (presunta ripresa) Gentiloni, per le scene d’azione (immigrazione e sicurezza) Minniti. Dopo paginate e paginate vergate con parole come “Gentiloni è tennista temuto per il rovescio smorzato che piazza ogni cinque dritti a fondo campo, una tattica sottile, quasi un programma politico” (Lorenzo Salvia per il Corsera), non hanno fatto la differenza, anzi lo Yul Brynner del Viminale è stato pure sconfitto nell’uninominale. La loro popolarità travolgente e l’appeal presso gli italiani – insieme a quella del ministro “Sto bene su tutto” Carlo Calenda e della Emma Bonino, ferma al 2,5% alla Camera (qualcuno oserà ancora parlare di Quirinale?) – sono state tra le più grandi fake news di queste elezioni.
Infine (anche nei voti) Liberi e Uguali, col leader Grasso sconfitto nella sua Palermo. Hanno probabilmente pagato la fuga tardiva dal giogo renziano – mi sembra di sentire gli elettori: “Eh ora attaccano Renzi, ma gli hanno votato tutto” – e lo scivolone finale sulla disponibilità a un “governo di scopo per cambiare la legge elettorale e poi tornare al voto”. Tornare da Renzi e Berlusconi per cambiare l’Obbrobrium che hanno fatto loro?
Ultimi due elementi importanti: l’astensione non è il primo partito, come avevano ventilato gli uccelli del malaugurio; e non c’è un rischio “Onda Nera”, parimenti ventilato da media e partiti, visto che CasaPound non arriva neanche all’1%. In entrambi i casi credo che il merito debba andare – anche e soprattutto – al M5S, che ha incanalato il malessere in vie democratiche di partecipazione.
Tutto bene, dunque? Niente affatto, ora anzi cominciano i guai, per cercare una maggioranza e un nuovo possibile governo. Ma partire almeno da quello che, molto chiaramente, hanno detto gli italiani sarebbe già un buon inizio.