Il Movimento 5 stelle trionfa al Sud, Matteo Salvini (trascinando il centrodestra) si riprende il Nord. I grillini lo avevano detto: “Guarderemo l’Italia dal basso verso l’alto”. E così, mentre ancora è in corso l’assegnazione definitiva dei seggi, questa è la tendenza più evidente: Luigi Di Maio e i suoi che prendono tutto in Puglia (24 collegi a 0), Campania, Sicilia (28 collegi a 0), Sardegna e Calabria; il centrodestra a trazione Carroccio che addirittura ha la maggioranza in Emilia Romagna e vola in Veneto, Lombardia, Piemonte e Lazio. Il centrosinistra a fronte di una débacle totale, si tiene a fatica Trentino Alto Adige e Toscana. Tra le partite fondamentali c’è la spartizione dei collegi uninominali che saranno divisi tra M5s e centrodestra. Anche qui le sfide dirette raccontano molto: Di Maio che sfonda il 60 per cento contro Sgarbi ad Acerra, il premier Gentiloni che regge e vince (solo) nel suo collegio a Roma, Massimo D’Alema ultimo in Puglia, Pietro Grasso male a Palermo, Pierferdinando Casini che batte l’ex Pd Vasco Errani a Bologna. Poi i ministri Dario Franceschini e Marco Minniti fuori, dentro Graziano Delrio, Beatrice Lorenzin e Maria Elena Boschi.
In Sicilia, i 5 stelle sfiorano il 48 per cento dei voti (oltre 405mila preferenze). Nell’uninominale, se i dati si dovessero confermare, il M5s potrebbe vincere tutti i collegi uninominali, esattamente come accadde nel 2001 al centrodestra che vinse 61 collegi su 61. Oggi i collegi potrebbero tutti andare ai grillini del siciliano Giancarlo Cancelleri, che lo scorso novembre aveva perso le elezioni regionali, fermandosi dietro Nello Musumeci. La coalizione di centrodestra è vicino al 30 per cento dei voti, con Forza Italia tra il 20 e il 21 per cento, seguito dalla Lega al 5 per cento circa. Batosta per il centrosinistra che si attesta sul 14-15 per cento. Il Movimento 5 Stelle è sopra il 40 per cento anche in tutto il Molise.
In Puglia è confermata la sconfitta di Massimo D’Alema nel suo collegio storico salentino di Nardò dove correva per l’uninominale al Senato per Liberi e Uguali. Per lui la percentuale si ferma al 3,9%, poco sopra la media regionale presa dal partito di Grasso, ed è ultimo tra i candidati. Nel collegio vince, come quasi ovunque in Puglia, il candidato del M5s, Barbara Lezzi (39.84%), secondo è il candidato del centrodestra, Luciano Cariddi (35,17%), e terza la candidata del centrosinistra, Teresa Bellanova, viceministro uscente del Pd che ha ottenuto il 17.4%.
La Calabria è divisa a metà: nei collegi di Gioia Tauro, Vibo Valentia e Reggio Calabria è in testa il centrodestra, nelle altre il M5s. Da segnalare la Lega Nord che, qui è passata dalle percentuali di pochissimo superiori allo zero racimolate nelle elezioni politiche del 2013 ad un risultato che si posiziona al momento tra il 5 e il 6% dei voti. Nella regione il Carroccio si pone come il secondo partito della coalizione di centrodestra sebbene ad una netta distanza dietro Forza Italia e prima di Fratelli d’Italia. Nell’arco di pochi anni, la Lega si è radicata stringendo alleanze dal Pollino allo Stretto dove, anche in campagna elettorale, il leader e candidato premier è stato presente spesso presente a differenza di altri big nazionali.
Il Centrodestra, ma soprattutto la Lega Nord, vince tutto in Veneto quando, secondo l’osservatorio del Consiglio Regionale con il 94% delle sezioni che hanno chiuso lo scrutinio, raggiunge il 48%. Tra le figure di spicco ad essere elette all’uninominale c’è Renato Brunetta (collegio di San Donà di Piave, nel Veneziano) ma a segnare un autentico exploit è la Lega che segna il 33% delle preferenze con una crescita esponenziale rispetto all’11 delle precedenti politiche del 2013. Secondo il M5s che registra un 24,5% mentre è crollo per il Pd che mai, con il 16,5, è stato così in basso. Nel 2013 aveva fatto il 23%.
Exploit per M5S e Lega in Liguria dove i risultati elettorali sanciscono in uno dei territori fino a pochi anni fa storicamente rossi del Nord Ovest l’affermazione del centrodestra come prima coalizione con oltre il 37% dei voti e il boom dei Cinque Stelle che stacca gli altri partiti raggiungendo il 30%, sostanzialmente in linea con la media nazionale. La Liguria si sveglia il giorno dopo le elezioni con un altro risultato storico, quello della Lega di Salvini che sfonda il muro del 20% lasciando dietro di sé Forza Italia al 12,8% nella regione guidata dal consigliere politico di Silvio Berlusconi, Giovanni Toti. In tutti i collegi uninominali si registra poi la debacle del Partito democratico, che registra il 19,8% pur a scrutinio ancora in corso una distanza difficile da coprire con i pochi seggi rimasti da verificare. Centrodestra in avanti anche nei collegi per la Camera in tutta la Regione salvo a Genova dove in due collegi uninominali prevalgono i Cinque Stelle. Andamento simile al Senato con il centrodestra che si aggiudica due collegi e il M5s uno. Tra i candidati il ministro uscente Roberta Pinotti che arriva terza nella sua città dietro i candidati di M5S e Forza Italia.
In Emilia Romagna c’è la storica vittoria del Centrodestra con un margine di 3 punti percentuali (33 per cento contro il 30, M5s al 27): è la prima volta dal dopoguerra che la Regione abbandona il centrosinistra. Da segnalare i risultati della Lega Nord a Piacenza e Parma, dove si attesta sulle percentuali che toccò alle Regionali del 2008. I 5 stelle vincono a Reggio Emilia, i dem reggono a Bologna e Imola ma perdono poco distante nella fu rossa San Giovanni in Persiceto. Il Pd, rispetto al 2013, ha perso 11 punti: anche se è riuscito, in alcuni casi sul filo di lana, a conquistare alcuni collegi, il Pd in Emilia-Romagna ha avuto una flessione di circa 11 punti percentuali rispetto alle politiche del 2013, attestandosi attorno al 26%. Un risultato pesante se si considera che, a livello nazionale, la flessione è stata di circa la metà.
Per la prima volta da quando esiste, il Pd non è il primo partito in Emilia Romagna visto che, quando mancano ancora alcuni seggi da scrutinare, si profila un sorpasso, sia pure per pochi voti, da parte del Movimento 5 Stelle. Il confronto è ancora più impietoso se si prendono altre tornate elettorali dove il Pd aveva raggiunto risultati migliori, come le regionali del 2014 (-18%) o le Europee del 2014 (-26%, esattamente la metà). Anche la Toscana è meno rossa, con il Pd che pur riuscendo a imporsi con il 30% alla Camera e al Senato è avanti di poche lunghezze rispetto a un exploit del centrodestra grazie soprattutto alla Lega Nord che raggiunge il 17 per cento (contro lo 0,77 del 2013) in entrambe le camere, mentre M5s si conferma il secondo partito a quota 24%. Non sfonda nemmeno Liberi e Uguali che non va oltre il 4,31 alla Camera.