Benvenuti a Ten Talking Fava, l’unica rubrica che esce solo il 5 marzo 2018. Vincitori indiscussi: M5S e Lega. Sconfitto indiscusso: Matteo Renzi. Non c’è alcuna maggioranza, quindi o si torna al voto entro un anno con una nuova legge elettorale oppure l’unica strada è chiedere a Dario Nardella di essere il nuovo Chuck Norris.
Altre considerazioni.
1. Renzi è sempre stata la più grande sbornia politica inspiegabile nella storia dell’Italia repubblicana. Un uomo politicamente senza pregi, privo di qualsivoglia qualità, goffo e caricaturale, arrogante e vendicativo, tronfio e circondato da una classe dirigente terrificante al cui confronto la Carfagna è Nilde Iotti. Eppure, se lo criticavi nel 2014, ti lapidavano. Da allora, com’era naturale che fosse, le ha perse tutte. Ma proprio tutte. Se avesse smesso dopo il 4 dicembre 2016, come del resto aveva promesso (come Boschi, Carbone, Fedeli e altri intellettuali), avrebbe fatto bene anzitutto a se stesso. Ma non ha smesso. E la slavina si è fatta gogna, e poi martirio, e poi strazio, e poi Armageddon. Una cosa meravigliosa. Rinfrancante. Persino esaltante, nella sua comicità. Ora però basta. Scendere sotto il 20 – anzi il 19 alla Camera – è una roba da annali dell’insipienza. Torna a Rignano e non farti vedere mai più, Matteo: c’è un limite anche all’andrearomano, cioè al ridicolo.
1 bis. Registratevi ogni discorso degli ultrà renziani di queste ore. E poi riguardateli nei momenti in cui la vita ci presenterà il conto. Vi farà bene. Ci farà bene.
1 ter. Nella “carriera politica” di Francesca Barra c’è tutta l’essenza del renzismo.
2. M5S. E’ il grande vincitore indiscusso. Il 32% o giù di lì è una cifra monstre, ancor più considerando che il 25% de 2013 pareva irripetibile e che l’anno dopo alle Europee sembravano già morti. E’ una vittoria che deriva dalla pochezza altrui, dalla stampa che continua quasi sempre a trattarli come ebeti fascisti (accrescendone il bacino d’utenza) e dal sentimento di “ci son rimasti solo loro da provare”. Dipende però anche da qualche loro merito innegabile: aver fatto davvero opposizione (come quasi mai ha fatto il centrosinistra), qualche bel profilo uscito in questi anni e l’idea radicata in molti che i 5 Stelle siano bislacchi e masochisti, sì, ma rappresentino comunque l’unica novità autentica del panorama politico.
2 bis. Il M5S ha vinto, ma non ha i numeri in Parlamento. Secondo le stime, dovrebbe avere 230-240 seggi alla Camera e 110-120 seggi al Senato. Tantissimi, ma del tutto insufficienti. Se anche ricevesse l’incarico, con quali numeri potrebbe governare? LeU è impalpabile, mentre abbracciare la Lega significherebbe perdere in un giorno metà dei consensi. Di Maio può provare col governo di scopo, per poi – dopo il no di quasi tutti – sperare in una nuova legge elettorale. E quindi governare sul serio tra sei mesi o un anno. Ovviamente gli altri faranno di tutto per contrastarli, e la cosa per i 5 Stelle potrebbe anche essere positiva: più gli impediscono di governare, più loro crescono. Anche se Renzi, Berlusconi e i giornaloni non riescono a capirlo mica.
2 ter. Di Maio e 5 Stelle devono essere furbi a non cadere nella più ovvia delle imboscate. Dargli il mandato, illuderli di avere i numeri e poi essere disarcionati dopo pochi mesi tipo il Berlusconi I o i due Prodi, che comunque avevano molti più parlamentari. Se i 5 Stelle mantengono la verginità politica su scala nazionale, al prossimo giro sbancano. Se invece si fanno fregare e “inciuciare”, al prossimo giro stravince la Lega.
3. Salvini. E’ l’altro grande vincitore delle elezioni. La Lega ha giusto un punto in meno del Pd alla Camera, sfiora il 18% e guarda dall’alto Berlusconi. Capolavoro politico. Salvini è il nuovo leader del centrodestra. Auguri.
4. Berlusconi. Più bollito del carrello di Carrù, è stato spedito in tivù dagli “amici” sperando che sapesse far tornare il Sole nel centrodestra. Stanco e ormai incapace persino di citare le cifre giuste che gli scrivevano sui foglietti, ha straparlato di “117 milioni di migranti arrivati nel 2017 in Italia” (neanche nella Bibbia), redditi di dignità di 12-13mila euro al mese (l’avrei votato subito) e “curve di Laser” (con Gundam alla Difesa, Mazinza Z agli Esteri e Jeeg Robot al Dicastero dei Rapporti col Parlamento). Crepuscolo.
4 bis. A uno così, 14 elettori su 100 credono ancora dopo 24 anni. Vamos.
5. Meloni. Quando le dicevo in tivù che aveva le stesse chance di arrivare prima nel centrodestra che ne ho io di sostituire “Bonzo” Bonham nei Led Zeppelin, si inalberava. Me ne dolgo, ma non ero io ad aver torto. Ha preso poco più del 4%, neanche un quarto di quel che ha avuto Salvini e neanche un terzo di quel che ha arraffato Berlusconi. La Meloni, nel centrodestra, ha il peso che ha Musacchio nel Milan di Gattuso. E’ triste, ma lo accetti. E già che c’è si liberi di quelle carampane politiche chiamate La Russa e Santanché.
6. Grasso. Un altro grande sconfitto. Supera a fatica la soglia del 3 e in Parlamento sarà pressoché irrilevante. LeU paga la sensazione data di non essere né carne né pesce: più vecchia che nuova, è parsa quel che probabilmente è, ovvero un gruppo di transfughi che – lecitamente – aspettavano lo schianto del fantozziano Renzi per poi rientrare nel Pd. Non hanno poi aiutato certe facce, su tutte la Boldrini, sfolla-consensi come neanche Renzi.
6 bis. No, come Renzi no.
7. Bonino. E qui mi viene da ridere, e pure parecchio, perché sono settimane che sento dire negli ambienti chic questa litania: “I radicali faranno il botto”. Come no. Accadde anche nel 2006: tutti a dire che la Rosa nel Pugno avrebbe fatto sfracelli, e poi raccolse la miseria del 2.5%. Più o meno come la Bonino. La sopravvalutazione è dipesa dall’autoreferenzialità di molti giornalisti, che poiché supporter dei radicali (e amici di elettori radicali) credevano che tutta Italia fosse come loro.
Sfortunatamente per il poro Mario Calabresi, l’Italia non coincide con gli attici di Largo Fochetti. La Bonino è stata votata (spesso, non sempre) da renziani che cominciavano a vergognarsi di essere renziani. Era una stampellina irrilevante della Sciagura di Rignano. Per il 98% degli italiani era una compagine pleonastica. Del resto la Bonino si era unita a Tabacci (ahahahahhahah) perché neanche ce l’aveva fatta a trovare le firme. Si rassegni: ha molte doti, ma non ha (da decenni) elettori. Può vivere anche senza poltrone. Lei come noi.
8. Potere al Popolo. Idea nobile, e persone qua e là meravigliose (su tutte Lidia Menapace), ma non aveva chance alcuna di superare il 3 (1.05%). Ognuno vota come vuole, e ci mancherebbe, ma il rischio di disperdere il voto era appena (ma giusto appena) altino.
9. Noi con l’Italia. Ma l’Italia non con loro. I vari Fitto, Cesa, Lupi e Mastella hanno raccattato un vaffanculo (1.19%) che ne bastava anche solo la metà. Levatevi dalle palle. Agili.
9 bis. Raffaele Fitto è l’unico “politico” ad avere indovinato, in tutta la sua carriera, la miseria di un fuorionda. Son soddisfazioni.
9 ter. Nel Dizionario dei Sinonimi e Contrari hanno appena aggiunto un sinonimo alla parola “inutile”: “Italia Europa Insieme”. La gloriosa compagine atta a imbarcare quel che resta dei verdi, dei Mascia e del Popolo Viola ha conquistato un leggendario 0,53%. Così imparano a fingersi rivoluzionari a 20 anni per poi reinventarsi (?) brutte copie dei Gozi & Picerno. Sia loro lieve l’inutilità.
9 quater. Tra le poche cose di cui son certo c’è il mio essere fieramente antifascista, ma questa recente sopravvalutazione del “ritorno del fascismo” è parsa un mezzuccio per indurre gli indecisi a votare Renzi per arginare il pericolo dei nuovi Farinacci. Ebbene: non ha funzionato. E faccio umilmente notare che Casa Pound ha preso lo 0.84%, non il 48.
10. Ve lo ricordate Angelino Alfano agli Interni e agli Esteri? Neanche si è candidato. Ve la ricordate Beatrice Lorenzin, ministra della Salute e rutilante pasionaria di Family day e altri demoni? Ha preso lo 0.50% (daje). Se questa elezione ha un pregio, ha senz’altro quello di aver ricordato ai “Si credono stocazzo” che non contano nulla. Non sono nulla. E devono smettere di rovinarci la vita. Vale per la petalosa Lorenzin, vale per i quartagambisti del centrodestra. E vale per tanti altri rottamati. Stavolta sul serio, stavolta (si spera) per sempre.
(10 bis. Insisto: l’ipotesi migliore, con questi numeri qua, è fare una legge elettorale seria alla svelta e tornare al voto entro un anno. Il rischio inciucio c’è ancora, eccome, con tutti o quasi al potere pur di non mandarci i 5 Stelle)