I due carabinieri saranno processati per calunnia e diffamazione. Avevanopresentato denuncia nei confronti di sette ufficiali dell'Arma, accusandoli di aver "frapposto continui ostacoli nel corso di indagini mirate alla cattura di super latitanti". Il commento: "Sempre fatto esclusivamente il dovere di carabinieri di uomini"
Rinviati a giudizio per aver denunciato di essere stati ostacolati mentre cercavano di arrestare Bernardo Provenzano e Matteo Messina Denaro. Saranno processati per calunnia e diffamazione i marescialli dei carabinieri Saverio Masi e Salvatore Fiducia. Il processo comincerà il 20 giugno davanti al Tribunale monocratico di Palermo. I due militari avevano
presentato denuncia nei confronti di sette ufficiali dell’Arma: si tratta di Gianmarco Sottili, Francesco Gosciu, Michele Miulli, Fabio Ottaviani, Gianluca Valerio, Antonio Nicoletti e Biagio Bertodi difesi dagli avvocati Claudio Gallina Montana, Ugo Colonna, Basilio Milio ed Enrico Sanseverino.
Li accusavano di aver “frapposto continui ostacoli nel corso di indagini mirate alla cattura di super latitanti” come Provenzano, morto in carcere nel luglio 2016, e Messina Denaro, ancora ricercato. Le denunce di Masi e Fiducia sono confluite nel processo a Mario Mori e Mauro Obinu, accusati della mancata cattura di Provenzano e poi assolti, e in quello sulla Trattattiva tra pezzi dello Stato e Cosa nostra. “Il processo che avrà inizio il 20 giugno mi darà la possibilità di dimostrare la verità, quella da troppi decenni occultata, sebbene non fosse questa la strada che mi sarei aspettato”, commenta Masi, che è difeso dagli avvocati Claudia La Barbera ed Enzo Guarnera.
“A chi attende di veder passare anche il mio cadavere sul fiume- aggiunge il carabiniere – dico di avere fatto sempre, fino in fondo ed esclusivamente il mio dovere di carabiniere e di uomo, a differenza di chi oggi non ricorda o non vuole ricordare. Ho sempre dormito sonni tranquilli e continuerà ad essere cosi poiché sono fermamente convinto che questo processo sarà un’occasione importante per far luce su fatti molto rilevanti e su pagine buie della storia del nostro Paese. Una storia che riguarda tutti noi. Una verità che tutti hanno il diritto di conoscere”.