"Di Maio ha dimostrato un’intelligenza politica notevole, perché di fatto il Movimento è diventato un partito. Lui addirittura ha steso la lista dei ministri e l’ha voluta portare al Quirinale" dice l'ex direttore di Repubblica in una intervista a DiMartedì
Quattro mesi fa disse che tra Silvio Berlusconi e Luigi Di Maio avrebbe scelto il primo. Scatenando le ire di Carlo De Benedetti, suo ex editore. Oggi Eugenio Scalfari, fondatore ed ex direttore de La Repubblica, ricascando di nuovo nel gioco della toore, sceglierebbe il leader del M5s. “Chi sceglierei fra Di Maio e Salvini? Un tempo li consideravo uguali. Nel senso che non si votano. Perché erano al centro uno della chiusura e l’altro del populismo, il movimento grillino. Oggi tra Salvini, che è quello di prima, e Di Maio che sembra radicalmente cambiato, sceglierei Di Maio” dice Scalfari in un’intervista che andrà in onda nella puntata di questa sera di “DiMartedì” su La7.
Una dichiarazione che arriva nel giorno in cui i cosiddetti poteri forti – Confindustria e l’ad di Fca Sergio Marchionne per esempio – si sono riposizionati e sono partite le grandi manovre dei due partiti vincitori delle elezioni per conquistare il sostegno dei democratici.
“Di Maio ha dimostrato un’intelligenza politica notevole, perché di fatto il Movimento è diventato un partito. Lui addirittura ha steso la lista dei ministri e l’ha voluta portare al Quirinale”, dice ancora il giornalista riferendosi alla presentazione del governo pentastellato. “Facendo un’alleanza con il Pd non è che ci sono due partiti, diventa un unico partito, Di Maio è il grande partito della sinistra moderna. Allora la faccenda cambia, se lui diventa la sinistra italiana voterò per questo partito. Se questo partito (quello che nascerebbe dall’alleanza Pd-M5S, ndr) diventa un partito di maggioranza assoluta, Mattarella ha un governo che ha la maggioranza assoluta. Renzi ha detto no, ma Di Maio non parla di alleanza con Renzi ma di alleanza con il Partito Democratico”. Ma al momento, conclude, “il Pd è in uno stato di abbattimento, l’abbattimento porta alla confusione. Il Pd è un partito confuso”.
Dopo le dimissioni – per ora solo annunciate – di Matteo Renzi la cronaca politica di oggi ha registrato una serie di passi indietro tra i segretari regionali: dalla Campania al Friuli. Del resto nello stesso Pd c’è chi guarda al M5s con occhi diversi rispetto a qualche tempo fa.