I Cinque Stelle raddoppiano i voti rispetto al 2013 e conquistato tutti i seggi dell'uninominale con percentuali quasi sempre superiori al 40: si avvera la profezia di Fitto, uno dei tanti sconfitti in una regione che cancella in una sola notte anche la leadership di Massimo D'Alema. E dentro il Pd scoppia la guerra intestina. La viceministra Bellanova: "Confusione mentale della classe dirigente". Exploit della Lega, che elegge due deputati e un senatore
Aveva ragione Raffaele Fitto nel fuorionda al Teatro di Adriano: “Fanno cappotto”. E il cappotto è arrivato sempre con lo stesso schema, da Foggia a Santa Maria di Leuca. Non un sussulto, non un risultato conteso, non un colpo di coda neanche nei collegi dove Pd e centrodestra avevano calato gli assi. Ventiquattro a zero. Il Movimento Cinque Stelle domina in Puglia conquistando tutti i seggi uninominali con percentuali quasi ovunque superiori al 40 per cento e sfiorando il milione di voti alla Camera. Quasi il doppio rispetto al 2013, quando si era fermato a 563mila. Mentre il centrodestra – che qui ha storicamente avuto un serbatoio importante di voti grazie a cavalli di razza delle preferenze – è stato spazzato via nonostante l’exploit della Lega, travolgendo pure l’ex ministro, profeta del cappotto pentastellato e leader della ‘quarta gamba’: Fitto non tornerà in Parlamento. Non sorridono nel Pd, inchiodato sotto il 15% alla Camera e al Senato facendo persino peggio del dato nazionale. E non bastano i contrasti tra i vertici romani e Michele Emilano su Ilva, Tap, trivelle e Xylella per spiegare il disastro.
Il finale triste e solitario di D’Alema: ultimo a casa sua
Eppure tra i dem iniziano già a serpeggiare i primi malumori con velate accuse ai distinguo tra il governatore e Matteo Renzi e frecciate a Liberi e Uguali, nonostante l’ininfluente 3,5 per cento raccolto dal partito di Massimo D’Alema, sonoramente sconfitto nel suo collegio dove a giugno era stato protagonista di una maxi-scissione che coinvolse cento e più amministratori locali. Il risultato? Leu elegge un solo parlamentare (l’ex presidente di Legambiente, Rossella Muroni) e il seggio di Nardò va a Barbara Lezzi con il 39,87%. La senatrice uscente ha dovuto difendersi solo dal 35 per cento raccolto dal candidato di centrodestra, l’ex sindaco di Otranto Luciano Cariddi. Fuori dalla partita proprio l’ex presidente del Consiglio – ultimo con il 3,5% pur avendo girato il Salento di mercato in mercato e di piazza in piazza – e la vice-ministro uscente Teresa Bellanova (17,35) che tornerà in Parlamento grazie al paracadute in Emilia-Romagna.
Bellanova: “Primi avversari? I compagni di partito”
“Molti di noi in Puglia, parlo anche a titolo personale, hanno avuto di fronte non solo i naturali avversari politici ma anche – a volte soprattutto – esponenti del proprio partito. Il che non solo non ha aiutato per niente il nostro lavoro, danneggiandolo, ma ha disorientato pesantemente il nostro elettorato”, è stato il primo commento della renziana Bellanova. Non abbastanza chiaro? “Il Pd – aggiunge la numero due del ministero dello Sviluppo Economico – non è un partito a scala regionale né si può essere un Pd a Roma e un altro a Santa Maria di Leuca o a Bari e, io per prima, nei panni di un normale cittadino mi sarei chiesta in quale confusione mentale si trovasse una classe dirigente per arrivare a tanto”. Poi la stoccata contro i dem più vicini a Emiliano: “A maggior ragione se quella stessa classe dirigente, a pochi giorni dal voto, invece di sostenere il Pd auspicava che a rappresentare il Salento e la Puglia in Senato fosse il candidato di Leu”, ovvero D’Alema, che della Bellanova pre-renziana era il padrino politico.
“Emiliano-Renzi? Scontri non pagano”
Certo è che il feeling mai sbocciato tra il presidente della Regione e il segretario Matteo Renzi non ha aiutato. Almeno così la pensa il numero uno regionale Marco Lacarra, pure lui sconfitto sonoramente nell’uninominale di Bari pur conseguendo un risultato più alto dei colleghi schierati negli altri collegi: “Io sono dell’avviso che gli scontri non pagano mai in termini di consenso”. Perché, spiega, “si creano le fazioni e le fazioni sono sempre un fatto negativo all’interno di un partito, quindi questo non paga”. Con quelle percentuali, adesso, restano fuori diversi big regionali del partito. Tra gli uscenti al sicuro ci sono solo Francesco Boccia, Dario Stefàno e Michele Bordo. Resta fuori invece Dario Ginefra, uno di quei deputati della corrente Emiliano che da Roma avevano piazzato solo in seconda posizione nei listini proporzionali.
L’en plein del Movimento
Mentre – già solo con gli uninominali – i Cinque Stelle triplicano il numero degli eletti in Puglia rispetto al 2013. Ventiquattro parlamentari (16 deputati e 8 senatori, tra i quali undici donne) con numeri sovrapponibili tra Camera e Senato, dove i pentastellati hanno raccolto rispettivamente il 44,41 e il 44,85 per cento. Più del triplo del Pd (13,7 e 14,22) e oltre il doppio di Forza Italia, inchiodato al 18,78% e 19,47%. Un risultato magro anche per il centrodestra, dove esulta solo la Lega passata dallo 0,1% di cinque anni fa al 6% abbondante in entrambi i rami del Parlamento che permette di rieleggere il senatore Roberto Marti (ex fittiano) e i deputati Anna Maria Tateo e Rossano Sasso, che pochi giorni fa ha ritoccato una foto per cancellare la bandiera “Prima il Nord”. La percentuale raccolta consente al Carroccio di affermarsi come seconda forza della coalizione davanti a Fratelli d’Italia e a Noi con l’Italia che supera di poco il 3 definendo la marginalità politica di Raffaele Fitto, anche nella sua regione. “In Puglia – è stata la brutale sintesi del coordinatore regionale di Forza Italia, Luigi Vitali – sono cambiati gli equilibri e le leadership. Fitto, da sempre considerato il leader, non ha apportato alcun contributo significativo“. Del resto, l’aria che tirava l’aveva annusata proprio l’ex presidente della Regione Puglia nel fuorionda di qualche giorno fa: “I Cinque Stelle rischiano di vincere tutto”.
Volti nuovi e rieletti. E ci sono anche Buccarella e Tasso
Ecco quindi il 50,09% di Francesca Anna Ruggiero nel collegio Bari-Bitonto e il 48,98% del ricandidato Giuseppe D’Ambrosio nella sua Andria. Nulla hanno potuto anche l’ex sottosegretario alla Giustizia Vitali o l’ex vice-presidente regionale e deputato Rocco Palese: il primo si è fermato al 34 ma è paracadutato un po’ ovunque, l’altro non è andato oltre il 35 per cento ma era talmente sicuro di vincere da aver rifiutato la candidatura nel proporzionale. Le percentuali dei pentastellati ‘premiano’ anche espulsi e ‘richiamati’ dal M5s. A Roma tornerà il senatore uscente Maurizio Buccarella, secondo nel listino bloccato a Lecce e coinvolto nel caso rimborsi, e volerà per la prima volta Antonio Tasso, prescritto per aver venduto cd taroccati. Il seggio nell’uninominale se l’è guadagnato anche Emanuele Scagliusi, richiamato pure lui per i versamenti al fondo per il microcredito. Vittoria agevole per Patty L’Abbate nel collegio Brindisi-Monopoli: la neo-senatrice ha racimolato il 43,87%. Una percentuale pari a 115.848 voti. Il suo caso era scoppiato per una vecchia candidatura con una lista collegata a Pli-Grande Sud. Allora, di preferenze, ne raccolse meno di cento.
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