Matteo Salvini entrerà in Parlamento con i voti dei “terroni”. Per un soffio, il suo seggio non è scattato in Sicilia e ha dovuto ripiegare sulla Calabria dove era capolista e dove i voti garantiti dall’ex governatore Giuseppe Scopelliti hanno consentito alla Lega un risultato storico nel collegio uninominale al Senato di Reggio. In riva allo Stretto il Carroccio ha toccato il 7,26%. Ma i quasi 16mila voti, raccolti tra i reduci dei “boia chi molla” ancora fedelissimi all’ex presidente della Regione, dovevano servire a Tilde Minasi, l’ex assessore componente di quella giunta comunale di Reggio che nel 2012 è stata sciolta per infiltrazioni mafiose. “In attesa dei risultati definitivi, ho l’impressione che stasera Tilde Minasi sarà senatore della Repubblica in rappresentanza della destra reggina”. Dai social network, i “Peppe boys” erano già convinti di aver gabbato Salvini in versione conquistatore del Sud. A festeggiamenti iniziati, però, poco prima di staccare il biglietto per Palazzo Madama, arriva la doccia fredda: il segretario della Lega non rinuncia al seggio calabrese.

Tutti a casa. Tilde Minasi e “la destra reggina” disdicono interviste con testate locali e nazionali e si trincerano nel silenzio. “Dobbiamo attenerci alla legge elettorale che purtroppo non ci favorisce” è il commento della Minasi, sicuramente più formale di quello dei nostalgici destrorsi che l’hanno sostenuta e che, quando capiscono di aver portato acqua al mulino di chi per anni ha disprezzato il Mezzogiorno, dopo aver inciuciato con la Lega si sfogano su Facebook: “La maledizione dei nemici di Reggio continua”. Un calabrese a Roma la Lega lo porta comunque. Si tratta del segretario regionale della Lega Domenico Furgiuele che, alla Camera, ha rastrellato oltre 52mila voti. È un giovane di Lamezia Terme che nel 2007 aveva ricevuto un daspo. Ma i “precedenti da stadio” non sono gli unici problemi del neo deputato capolista in entrambi i listini. Furgiuele, infatti, è il genero dell’imprenditore Salvatore Mazzei, in carcere perché considerato imprenditore vicino alla ‘ndrangheta. Nei giorni scorsi, i carabinieri del Noe hanno bussato alla porta di Furgiele per notificare alla moglie la confisca di due società e un palazzo rientranti nell’impero di 200milioni di euro del padre imprenditore.

Per quanto riguarda i collegi uninominali, il Movimento Cinque Stelle ha quasi fatto cappotto. Solo due sono i collegi alla Camera che non sono andati ai grillini: Vibo Valentia e Gioia Tauro. Con il 35,81% Wanda Ferro di Fratelli d’Italia ha battuto a Vibo l’uscente del M5S Dalila Nesci che riuscirà ad entrare comunque in Parlamento perché candidata nel listino proporzionale. A Gioia Tauro ha stravinto il consigliere regionale di Forza Italia Francesco Cannizzaro con il 42,37%. È lo stesso Cannizzaro finito in due inchieste per mafia. Nei mesi scorsi è stato assolto dall’accusa di voto di scambio nel processo “Ecosistema”. Assieme all’ex senatore Antonio Caridi, invece, il neodeputato compare nelle carte dell’inchiesta “Alchemia”. La Dda li aveva iscritti entrambi nel registro degli indagati ma solo Caridi è finito in carcere e oggi è imputato nel processo “Gotha” dove ci sono anche le intercettazioni tra Cannizzaro e  il boss della Piana di Gioia Tauro Jimmy Giovinazzo.

Sul fronte collegi al Senato, la storia è la stessa: tutti al Movimento 5 Stelle tranne uno, Reggio Calabria dove vince il candidato del centrodestra Marco Siclari che, con il 39%, ha raccolto 9mila voti in più di Bruno Azzerboni, il candidato grillino espulso poco prima delle elezioni perché in passato è stato iscritto alla massoneria. Il fiume a cinque stelle ha invaso il resto della Regione. A Cosenza, infatti, sbanca l’uscente Nicola Morra che tocca quasi il 49% dei voti. Margherita Corrado (sempre M5S) a Crotone supera addirittura il 51%. A Catanzaro, invece, Silvia Vono riesce a conquistare il suo collegio con il 39,18% dei consensi. Altri cinque deputati e tre senatori, il Movimento Cinque Stelle li ottiene con la ripartizione dei seggi dei listini proporzionali che per quanto riguarda invece il centrodestra, a parte Salvini, catapultano a Roma il neosenatore Giuseppe Mangialavori (Forza Italia) e i deputati uscenti Jole Santelli e Roberto Occhiuto. Questi ultimi due, nelle scorse settimane, sono stati al centro di una polemica tutta interna a Forza Italia che li vede responsabili di aver cannibalizzato il partito per garantirsi ancora una volta un posto al sole.

Un po’ quello che ha fatto Nico Stumpo capolista in entrambi i listini di “Liberi e Uguali” alla Camera: con il 3,01% dei voti è riuscito a essere l’unico calabrese eletto nel partito di Piero Grasso. Come nel resto del Paese, se c’è un perdente in Calabria è il Partito democratico che non conquista nemmeno un collegio uninominale. A Reggio il senatore uscente ed ex presidente della Commissione giustizia Nico D’Ascola arriva terzo dietro la deputata del M5S Federica Dieni e dietro l’ex presidente del Consiglio regionale Francesco Talarico di “Noi con l’Italia – Udc”. Eletto 5 anni fa con il Pdl e poi transitato nel Nuovo Centrodestra di Alfano, probabilmente D’Ascola paga i cambi di casacca. In molti, infatti, ricordano come solo pochi anni fa aveva definito “cretini” i contestatori dell’ex governatore della Calabria Giuseppe Scopelliti dopo lo scioglimento del Comune di Reggio. Oggi candidato con il Pd, D’Ascola si è fermato al 18,91% dei consensi nel collegio alla Camera. Il partito di Renzi ha perso su tutta la linea. La truppa di parlamentari si è ridotta a due deputati (Enza Bruno Bossio e Antonio Viscomi) e un senatore: l’ormai ex segretario regionale Ernesto Magorno. Un po’ poco per un Partito democratico che guida sia la Regione che la città metropolitana di Reggio Calabria.

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