Mentre l’Italia senza maggioranza attende la prima mossa di qualcuno e guarda con speranza a quello che deciderà il Capo dello Stato Sergio Mattarella, iniziano le manovre di Lega Nord e Movimento 5 stelle per corteggiare i voti del Partito democratico. La sfida per tutti è quella di avere i numeri in Parlamento per una maggioranza credibile. La condizione imprescindibile per le due parti che hanno raccolto più voti, Carroccio e grillini, al momento sembra essere quella delle dimissioni di Matteo Renzi. Eventualità per nulla scontata nonostante i proclami e le dichiarazioni delle ultime ore. Un passo, o almeno così è stato interpretato da alcuni, è arrivato dal leghista Matteo Salvini: “Il segretario dem?“, ha detto parlando con i giornalisti a Milano. “E’ vittima della sua arroganza e, quindi, peccato perché c’è una tradizione di sinistra che o non vota o in tanti casi guarda alla Lega. Vedremo di raccogliere quella forza, quella passione di ascoltare gli artigiani, gli operai, i precari che qualcun altro ha perso”. La frase ha lasciato perplessi tanti e soprattutto in casa 5 stelle: significa davvero che il Centrodestra cerca voti nel Pd? E’ tutto troppo prematuro per potersi esprimere davvero. Intanto Salvini ci tiene a far sapere che intende essere lui il leader della coalizione e non solo: “Non mi scanso”, ha detto. “Sono contento della compattezza del centrodestra, andremo insieme al Quirinale. Siamo la prima coalizione e siamo la speranza per gli italiani”. E poi ha aggiunto rievocando un “intesa sui programmi” che tanto ricorda i 5 stelle: “Intese sui programmi, non accordi vecchia maniera. I 5 Stelle? Li vedo solo in televisione”.
Berlusconi: “Sono io regista e garante della compattezza centrodestra” – Finalmente interviene anche Silvio Berlusconi che si congratula con Salvini, ma senza dire apertamente che è lui il leader. Un dettaglio che però potrebbe fare la differenza al momento delle trattative. “Sono felice per Matteo Salvini”, ha detto in un videomessaggio, “sono felice per la Lega con cui siamo stati per lunghi anni al governo e con la quale governiamo da tempo e bene regioni importanti. Nel rispetto verso gli alleati e nel rispetto dei patti intercorsi, rimango il leader di Fi, sarò il regista del centrodestra e il garante della compattezza della coalizione”. Ha quindi ringraziato gli elettori Fi: “Abbiamo contribuito in misura determinante alla vittoria del centrodestra. Quanto al risultato di Fi sarebbe stato diverso se non mi avessero impedito di concorrere come candidato a pieno titolo. Tuttavia, la nostra coalizione risulta la prima formazione politica e questo dovrebbe, deve essere determinante per ricevere l’incarico di formare il nuovo governo”.
Nessuno ha i numeri, scontro nel Pd – Tra le poche certezze c’è che i numeri per governare mancano a tutti, al centrodestra come al Movimento 5 stelle. Da una parte ci sono i grillini che hanno il gruppo parlamentare di gran lunga più numeroso alla Camera e al Senato, dall’altra Matteo Salvini, di fatto capo della coalizione che ha il numero di parlamentari più vicino a quota 316 (il numero minimo per avere la maggioranza). Tutti gli schieramenti ad oggi sono lontani, lontanissimi dal numero sufficiente di seggi per far partire un governo. Dopo il riparto del proporzionale, come prevedibile, nessuna forza politica sfiora a Montecitorio quota 316 seggi, quella che garantisce la possibilità di governare in maniera autonoma. Al Movimento Cinque Stelle vanno 133 seggi che si sommano agli 88 uninominali vinti formando una pattuglia di 221 onorevoli, che rappresenteranno il primo gruppo parlamentare. E sulla base di quello, è il ragionamento dei vertici, l’incarico spetta a loro. La prima forza alla Camera sarà quella del centrodestra che – al netto degli eletti in Valle d’Aosta – vale 260 deputati. I numeri per supportare un esecutivo li ha il Partito Democratico. Ma i vertici vanno in direzioni opposte. Chiusura totale del dimissionario Renzi, apertura di Michele Emiliano e Sergio Chiamparino. Il governatore della Puglia ha ripetuto che il Pd ha “il compito storico” di evitare “la saldatura tra M5s e destre”. Pensieri che al momento non trovano sponde ufficiali nei compagni di partito, ma Renzi ha detto chiaramente: “I favorevoli lo dicano pubblicamente in direzione”. Una sfida a chi come Dario Franceschini viene accusato di essere già al lavoro per trovare un accordo e far confluire i 112 deputati dem in una maggioranza con i Cinque Stelle. Al retroscena, bollato come “velenoso depistaggio mediatico”, il ministro della Cultura ha risposto di “non aver mai pensato di fare un governo con le destre o i 5 Stelle”.